Le penetrazioni partigiane sul territorio S. Michele del Quarto

(Parte Quinta)

Sul finire del 1944 il movimento di liberazione altinate, privo del capo Dino Piaser rifugiato in Lombardia, s’incontrò nuovamente con forze partigiane esterne. Le posizioni allora furono diverse dalle riunioni avute nei mesi di novembre – dicembre 1943, quando entrambi i capi del costituito btg. Sile, ritenevano più saggio agire in casa propria protetti da persone fidate.  Diversamente in quell’assemblea, si posero le basi per un comando veloce pronto a qualsiasi situazione e che in caso di necessità, malgrado qualche riluttanza, avrebbero agito anche da soli, altri invece, tendevano ad evitare lutti alle popolazioni indifese.
Gli incontri si svolsero in una casa colonica di Bonisiolo, in cui fu realizzato l’ordigno per distruggere la scuola di S. Michele del Quarto. Così gli accordi, approssimativi e mal diretti inizialmente, cambiarono quando avvertirono il rapido arretramento tedesco e i collegamenti furono improntati a livello militare, moltiplicando gli sforzi anche a S. Michele del Quarto, dove operavano circa duecento militi delle Brigate Nere.
Dicembre 1955, dalla chiesa verso
il cimitero lungo via Marconi
Alla fine del ‘44 si concentrò sul territorio altinate una fitta schiera di combattenti decisi a fiaccare la capacità militare della XVII Brigata Nera “Bartolomeo Asara” situata nella locale scuola Tra questi Gobbo Angelo (detto Franco), Longato Adorno (Lino), Ortolan Adolfo(Dolfino), Pomiato Luciano (Boccoli), Abate Tommaso (Ivan), Manzuogli Elio (Bill),Ferretto Martino (Volpe), Munaretto Diomiro (Danton), Augusto Pettenò (Grassi),Ferretto Erminio (Venezian), il partigiano “Lupo” di S. Michele Vecchio e Piaser Italo Emilio (Millio).
Dino Piaser, temendo ritorsioni, non partecipò all’azione, ma aderì alla proposta garibaldina di privare delle armi la Milizia ferroviaria di S. Michele del Quarto e Gaggio. In una fase successiva Dino e il fratello Emilio, sabotarono la linea telefonica Roma Berlino nella zona di S. Michele.
L’armamento precario e insufficiente non consentì di accettare altre richieste di adesione al gruppo, ma permise a molte persone di appoggiare i combattenti con sicuri nascondigli. Ma elementi negativi, tra cui la logistica e l’organizzazione, riscontrati nella btg. “Sile”, erano dovuti alla bassa scolarità, di qui l’inesperienza dei partigiani di fronte alla competenza dei gruppi in cui operavano ufficiali reduci dell’esercito, o elementi pervenuti dalla guerra di Spagna.
Il paese divenne un importante punto strategico, per cui forze partigiane provenienti da diverse parti effettuavano irruzioni saltando spesso l’unione con la bgt. “Sile”, divenuta poi “Tom”, ma sempre nell’orbita della Brigata Ferretto.
Numerosi i caduti tra cui: Mazzon Luigi (22) di Roncade, brg. W. Paoli, div. Sabatucci di Treviso, caduto il 30/12/1944. Grigoletto Giuseppe (32) di Bonisiolo, brg. Negrin, div.Sabatucci di Treviso, fucilato il 13/4/1945. Pasqualato Sabino (19) di Bonisiolo, brg. Negrin, div. Sabatucci di Treviso, fucilato il 13/4/1945Zannettin Angelo (18) di Casale sul Silebrg. W. Paoli, div. Sabatucci di Treviso, fucilato il 13/4/1945Gobbo Luigi, (25), brg. Mazzini, div. Nannetti di Treviso, fucilato il 13/4/1945. Volpato Guido (20) di Arcade, bgr. Ferretto fucilato il 14/2/1945.  Luciano e Cesare Pomiato (25 e 21) di Dese, fucilati il 13/4/1945. Ortolan Adolfo (15), medaglia d’argento forse della brg. Negrin, div. Sabatucci, morì combattendo il 25/4/1945. Ferretto Erminio (30) garibaldino di Spagna, btg. Felisati, caduto il 6 febbraio 1945Drigo Tansillo (20), brg. Ferretto, fucilato il 23/9/1944. Serra Filippo (26) brg. Ferretto, caduto in combattimento. Benvenuti Gino(23) brg. Ferretto, fucilato il 18/3/1945. Buranello Giacomo di Meolo, (23), studente medaglia d’oro al valor militare, fucilato il3/3/1944. Lo Monaco Paolo siciliano (30), sbandato dall’esercito fucilato il 18/4/1945Abate Tommaso, di Roma, giustiziato alle “Crete” il 30/11/44, della btg “Sile. Manzuoli Elio della btg.“Sile”, morto per le ferite riportate. 


Le controversie interne legate al Btg. “Sile”

Non sempre le direttive del Comandante Piaser incontravano il favore nell’intera compagine altinate, chi lo favoriva e chi proponeva azione di grosso rilievo. Nelle azioni non era neppure possibile distinguere l’attività politica da quella militare, di qui le diverse intenzioni di chi voleva lottare per la “Libertà” e chi per una formazione partitica, con le conseguenti incomprensioni. La divisione si notò nell’episodio dell’esplosivo, posto sotto la scuola, la cui mancata esplosione servì a nascondere i diversi atteggiamenti dei contendenti. Ordigno peraltro preparato dall’esperto “Ugo”, di cui non si ricordano fallimenti del genere.
I motivi sono da ricercarsi nella volontà di non provocare decine di morti tra i giovani di Salò, forzatamente reclutati: Piaser rinunciò alla posa dell’ordigno, la temuta rappresaglia, le perdite umane, la divisione politica e il ripristino della sede scolastica fecero il resto, anche se nell’immaginario collettivo rimase una bomba inesplosa.
Aprile 1950, Armando D'Abaco sostituì dal 1947 al 1951
il sindaco dimissionario Piaser. Segue il conte Lucheschi.

La posizione strategica di S. Michele del QuartoSan Michele del Quarto, con la sua posizione di confine sul fiume Sile con i due ponti assunse un importante ruolo strategico, come rivelato dalla fitta schiera di messaggi radio trasmessi dagli alleati. Per i tedeschi situati alle Trepalade e Portegrandi, rappresentava invece, il luogo da cui partire per un eventuale ripiegamento verso il nord. Sono note, infatti, le cariche esplosive poste sotto il ponte stradale di S. Michele da usare in caso di ritirata. Disponevano anche del ponte di Portegrandi, località in cui si svolsero accesi combattimenti con squadre armate popolari. S. Michele del Quarto rappresentava un baluardo di difesa dei porti situati lungo il Sile, il più importante Casier, in cui i tedeschi usufruivano di motobarche per vigilare il traffico fluviale sino al mare.
Alle Tre Palade nella casa colonica Florindo Bonesso furono eretti terrapieni di difesa per ral-lentare l’avanzata degli alleati. Le Brigate Nere di S. Michele, con i Repubblichini “Moschettieri di Mussolini” erano collegate con la Brigata Nera padovana insediata a Roncade e quella di Casale sul Sile. Contro questo intervenne la brigata mobile “W. Paoli.


Il comando logistico ottenuto dalla W. Paoli e le operazioni garibaldine divise in gruppiLa brg. “W. Paoli” operò autonomamente a S. Michele del Quarto nella primavera del ‘44 poiché i patrioti locali erano pochi e male armati. Alle incursioni locali prese parte anche il btg. mestrino “Felisati”, che nel novembre “44 compì numerose azioni contro caserme di Brigate Nere, localizzate a Roncade, S. Michele e Mogliano. Nello stesso periodo partecipò anche la brg. “Ferretto”.
In provincia di Venezia inoltre, si muoveva un gruppo militare comandato da Attilio Rizzo.
L’attività insurrezionale vide in difficoltà il btg. garibaldino “Sile” che, privo del Piaser (esule a Milano dal 2/12/1944) interruppe l’attività cospirativa. La conseguenza fu il mancato prele-vamento delle armi paracadute dagli alleati ed interrate dagli Azionisti presso la casa del loro comandante.


L’esplosivo allestito nella casa colonica di Bonisiolo
L’esplosivo, allestito dall’esperto (Ugo), fu confezionato nella casa colonica Chinellato detto Vanin, ritrovo per decine di partigiani, compresi i patrioti scampati alla fucilazione del 30/11/1944, e non ultimi anche il Comandante Ferretto e alcuni compagni del gruppo “Felisati”. Sottoposti a tortura alcuni partigiani indicarono nella casa del Chinellato il nascondiglio del  btg. Mestrino. Nella stalla, nascosto trovò la morte nella notte del 6 febbraio 1945, il comandante Erminio Ferretto. Dopo la rotta italiana vi transitavano sempre più spesso sbandati militari e civili; l’edificio si prestava anche da base operativa, formava militanti, sosteneva la Resistenza, forniva materiale bellico e cibo, fino al febbraio del ‘45.
Sergio Chinellato, figlio di Mario e di Zaffalon Elena, arrestato dai fascisti, non parlò neppure sotto tortura, consentendo agli sbandati, ai fiancheggiatori, di mettersi in salvo.
Quanto alla fucilazione dei cinque patrioti delle Crete, i quattro scampati alla morte furono portati, con la carrozza requisita dal comandate “Franco” dal dott. Prosdocimo, che sconsigliò il ricovero in ospedale per evitare ispezioni dei fascisti che avevano bloccato tutte le strade della zona. Pomiato Luciano fu curato dal dott. Bruni a Casale. Manzuoli Elio, ospitato a Mogliano morì per le ferite riportate. Diversamente si profilò la medicazione per Adorno Longato, trasportato a piedi in una marcia massacrante all’ospedale di Belluno.


La memoria abbandonata
Nelle vicinanze della casa colonica si macellava il bestiame sottratto ai fascisti nelle azioni svolte alla stazione ferroviaria di S. Michele del Quarto, che veniva consegnato alle famiglie più disagiate, tra cui anche sfollati di Mestre e Treviso. Gli animali, regolarmente pagati, provenivano dalle stalle del Conte D. Lucheschi, del Giulay, da coloni privati del Pojan e d’intorni e venivano spediti sul fronte orientale nutrendo l’esercito italiano.
Dopo la disfatta, l’Italia fascista si scoprì carente di grano e bestiame. Allarmato il Podestà, consultò D. Lucheschi proponendogli di concorrere con un apporto generoso di cibo, ma il nobile si giustificò con la necessità di usare gli animali solo per l’agricoltura.
A questo si aggiunsero i bombardamenti sulle città di Mestre, Treviso e dintorni fino al 13 marzo: la marea di sfollati trovò ospitalità in paese, nei fienili, nei sottotetti, lungo i fossati e nella sala d’attesa della ferrovia. A questi si aggiunsero i fuggiaschi giunti da Monfalcone e Gorizia. Il Podestà Caberlotto requisì magazzini, baracche, ripostigli e anche sottoscala; le aule scolastiche della maestra Zolli furono sgombrate, come pure il vecchio patronato.
I cittadini maledivano il fascismo: c’era la fame, il razionamento dilagava e la borsa nera imperava. Di fonte alla mancanza di cibo e di medicine, il conte D. Lucheschi fornì il cibo e il gesto fu considerato dono della Provvidenza, anche se sembra che la concessione di bestiame, latte e animali da cortile, sia stata sollecitata dai garibaldini locali per sottrarlo a minacce di morte. Acconsentì anche, vista l’imminente caduta del regime, a modificare il contratto di mezzadria assegnando ai contadini 2/3 del raccolto.
Con la Repubblica si ristabilì il patto colonico e i contadini, sempre poveri, emigrarono nelle fabbriche d’Europa e delle americhe. La verità? Occorreva a quel tempo chiederlo al Lucheschi.


Le prime rapine causate dalla fame
Nell’inverno 1944/45 non si trovavano né legna da ardere né cibo, e così spuntavano ladri, scippatori, briganti, malviventi, che indisturbati rapinavano gli sfollati. La situazione a S. Michele del Quarto precipitò in un profondo disordine, in cui numerosi sbandati, travestiti da partigiani, rapinavano e aggredivano. Ne sa qualcosa il fruttivendolo “Armando” che al ritorno dal mercato ortofrutticolo di Treviso,veniva derubato da armati privi dei buoni di requisizione firmati dal Battaglione cui dicevano di appartenere.
Si aggiunga che chi aveva subito dei torti si sentivano legittimato nel nome della Resistenza farsi giustizia da sé. E poi rapine a mano armata con tutti i rischi dell’imprevisto.
Queste situazioni misero in difficoltà i veri Partigiani, che furono sottoposti, a Liberazione compiuta, a pressioni e ricatti da parte dei loro calunniatori. Così nella memoria collettiva S. Michele del Quarto diede un’immagine tutta negativa della Resistenza.

 
Lo studio documentario su alcuni episodi altinati

La vera narrazione della Resistenza ancora non è scritta, salvo cadere nell’accusa gratuita verso i partigiani che lottarono solo per la libertà. Anche certa divulgazione non ha contribuito a determinare la verità. La documentazione raccolta, qualora giudicata corretta, potrebbe diminuire o addirittura annullare alcune negligenze attribuite ai partigiani del btg. “Sile”.
I documenti in appendice sono stati annotati all’indomani della caduta fascista dal comandante “Franco”: recano, infatti, la data 16 agosto 1945. In un solo caso sono stati ripresi nel novembre 1979, trattasi però di un episodio che non ha nessuna valenza sul piano strategico, bensì su eventi stoici ed etici, vissuti dal btg. “Sile”.


L’importanza delle date sfuggite all’esame degli storici 
Nei documenti datati 16 agosto ‘45 compaiono tutte le azioni svolte dal btg.“Sile”. La registrazione compiuta da “Franco” riporta un quadro riassuntivo nel quale i partigiani altinati operarono dal 3 ottobre 1944 sino alla Liberazione.
L’intento mio personale è mettere in luce i tre episodi più dibattuti tra gli altinati: un’operazione necessaria per dipanare l’annoso equivoco in cui si attribuiva comando e responsabilità al btg. “Sile”.
Del primo episodio, l’omicidio Battanoli, abbiamo già parlato. Il secondo, del 10/11/1979, descrive la cattura di “Lino” e del comandante “Franco” che riferisce. “Il pomeriggio del 29 novembre 1944, ore 4 fui catturato assieme al compagno “Lino”. Ci scortarono sino alla casa del Fascio, (Ex trattoria Perazza) dove ci attendevano oltre duecento di loro. Qualcuno ci aveva tradito ed indicato il luogo dove “Lino” ed io dovevamo transitare per collegare altre formazioni. L’interrogatorio fu presieduto dal Federale di Venezia. Verso le ore 17 vidi di sfuggita il compagno “Tarzan”, “Lino” e Piaser (Dino) Seppi poi che Piaser riuscì a fuggire e che “Tarzan” fu condotto a Cà Giustiniani di Venezia, sede della Brigata Fascista e ivi rimase facendo servizio sino alla Liberazione. Fatti uscire “Lino” e “Tarzan” mi fecero sedere. Poi toccò a “Lino”, gli fecero le stesse domande, medesime risposte. Seguì l’interrogatorio a “Tarzan” che non riuscimmo più ad avvicinare. Alle ore 18 un nuovo interrogatorio, mi si disse che un compagno aveva cantato. Risposi di non sapere cosa essi sapevano, ma se già sapevano tutto, era inutile m’interrogassero ancora. Se canti sei salvo, altrimenti ti ammazziamo come un cane. Compresi a quel punto di essere incolpato dell’uccisione dei quattro fascisti di Cà Tron”.
Uniche inesattezze di “Franco” sono l’esclusione agli interrogatori, svolti dal Federale, del prigioniero Scala Bruno che non cita. La seconda rivela una data imprecisa, non è possibile che “Franco” abbia visto Piaser consegnatosi ai fascisti la mattina del 1° dicembre 1944, quando lo stesso “Franco” la notte tra il 30 novembre e il 1° dicembre, cioè circa sette ore prima, fu posto davanti il plotone d’esecuzione. Poco dopo “Lino” e “Franco” furono condotti alla casa colonica “Frasson”(di Bonisiolo) svelata dal delatore, e là arrestarono IvanToni e Bill.  “Franco” cercò di capire chi lo avesse tradito, ma non vi riuscì.


Terzo episodio: la memoria della storia per far luce sul presente
Nella liberazione delle province di Venezia e Treviso, un noto giornalista trevigiano accusa le bande partigiane di Casale, Lughignano, Roncade, Casier e S. Michele del Quarto dell’uccisione di undici brigatisti catturati nell’osteria Gambirasi di Casale e fucilati sulla riva del Sile.
L’osteria, unita al cinematografo, era nel quartiere detto“Camovita”, confine in cui dominava la brg. partigiana “W. Paoli”. A circa 50 metri c’era la Casa del Fascio (Ex villa Càgliari-Bembo)  sotto il Comando della 50^ Legione Milizia Volontaria per la sicurezza Nazionale. La Milizia non fu mai avvertita, né si accorse della cattura degli undici volontari di Salò: la complicità popolare si era fatta imponente e non badava neppure alla diffida del comandante della Brigata Nera di S. Michele del Quarto Gino Covre.In piena libertà agivano i partigiani della “Paoli”, che aveva il suo centro direttivo tra Roncade, Casale e Mogliano, (Casa Frasson e Chinellato detto Vanin entrambe di Bonisiolo).

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