Pazientare nella lettura è la virtù necessaria che permette di capire la storia qualora si è seriamente intenzionati introdursi nella quotidianità dei popoli e negli ideali del loro tempo. (A.B)
Per facilitare la lettura si consiglia seguire per ordine di successione i capoversi colorati in bleu. In caso contrario s'incontrerebbero malintesi.
Per facilitare la lettura si consiglia seguire per ordine di successione i capoversi colorati in bleu. In caso contrario s'incontrerebbero malintesi.
Precisazioni
Vedi frontespizio pagina interna relativo al volumetto festa S. Michele del 31 gennaio 2002, nel quale appare la storia narrata in breve sulla Cappella Longobarda stanziata nel vecchio S. Michele del Quarto.
Il sopraindicato opuscolo pubblicato dalla parrocchia di Quarto d'Altino in data 31/01/2002 venne realizzato dal sottoscritto tra il 2000 e il 2001.
Già in quel periodo avevo iniziato la stesura sull'opera storica dedicata ad entrambe le chiese e campanile di Quarto, (visite pastorali comprese e tutto il resto) precedendo di fatto quella del settembre 2018 ad opera del Sartor cui mi riserbo momentaneamente elencare le sgradite condotte nei miei confronti.
Sulle ragioni morali: breve premessa
Ebbene codesta e ultima mia pubblicazione trovò richiesta dal citato Sartor il quale desiderava ricevere pareri e informazioni sul mio testo scritto su internet. Avuto poi bisogno del sito di entrata sul mio blog e quindi sollecitato la mia collaborazione di fronte al parroco, testimoni compresi, visionato quindi l'opera storica dove ha potuto acquisire temi, riferimenti, indizi, eventi, dati storici, anche non conosciuti e comunque unici.
Ottenuto quindi dal parroco l'accessibilità ai documenti dall'archivio parrocchiale, sui cui si attribuì anche il merito di averli trovati da sé, in realtà, li trovò sulla base delle mie trattazioni copiando i miei argomenti su internet, dopodiché, nonostante la mia continuata presenza in canonica, si dileguò nell'ombra. Praticamente scomparve, o meglio, non si fece più trovare, tranne quel giorno in chiesa. Un incontro improvviso che peraltro evitò nella parrocchiale di Quarto d'Altino.
L'unico e casuale incontro
Avere poi evitato l'unico incontro col sottoscritto mentre fotografava alcuni dettagli in chiesa, segnalati peraltro nel mio blog, dei quali solamente la mia persona ne era al corrente, da provocare in me il crollo del pur giudizio positivo che avevo sul cosiddetto autore chiamato "dottore". Che dire?
Non trovai al momento spiegazioni adatte ad un comportamento davvero improprio, né termini a renderlo giustificabile. Turbato e triste, pensavo all'errore in cui ero caduto permettendo all'incursore di appropriarsi di ciò che avevo raccolto in anni di ricerca. Si trattò veramente di un degno esempio da imitare sul piano culturale, adatto ad un autore moderno, peraltro dottore. Un dotto e sapiente laureato dotato peraltro di una forza d'animo davvero commovente, che mirando furbescamente ad accaparrarsi le ricerche altrui, finì per screditarsi anche fotograficamente di fronte all'unico artefice. Ecco dunque come funziona uno dei tanti sistemi che tendono a realizzare l'attività di un coronato d'alloro.
La negata collaborazione
E poi, la facilità con cui ha potuto realizzare una storia servendosi di notizie e particolari altrui, circoscritti fin che si vuole ma significativi, non ha precedenti nella storia narrata da chi propone collaborazione e poi si nasconde. Mi sarei aspettato inoltre, un ringraziamento a titolo personale e non delle note a margine buttate giù piuttosto a casaccio, peraltro incomplete e attribuite a se stesso.
Una delle quali per esempio è completamente errata, di cui ne daremo notizia al più presto. PS.
PS. Si veda a proposito al capitolo n°12, su paragrafo: "L'incomprensibile negazione del dott. Ivano Sartor".
Debbo riconoscere che certi "dottori" di nome ma non di fatto, interessati soltanto al vantaggio economico, trasmettono l'impressione di non possedere ciò che in altri termini viene chiamata buona educazione.
Debbo riconoscere che certi "dottori" di nome ma non di fatto, interessati soltanto al vantaggio economico, trasmettono l'impressione di non possedere ciò che in altri termini viene chiamata buona educazione.
E' una formazione di vita per lo più assente tra gli storici di valore, dove pare mancare del tutto, a chi non lo è. Da questa nuova esperienza sono ovviamente rimasto disgustato e, non tanto per il mancato senso civico che ovunque impera, quanto piuttosto per la biasimevole onestà rilevata nel cosiddetto "dottore".
La proposta al parroco.
E pensare che a proporre il suo nome per la realizzazione del citato libro su "Storia della chiesa di S. Michele in Quarto d'Altino" (settembre 2018) è pervenuta proprio dal sottoscritto. Alla proposta seguì l'adesione del parroco che di quel tizio chiamato dottore conosceva ben poco eppure, rimase favorevolmente colpito e anche inspiegabilmente silente di fronte alle scopiazzature tolte dal mio blog. (Come dire: "Costui è un dottore! Mi fido di lui, qualunque cosa scriva)
Il controllo delle datazioni.
Venne così sfatata anche quella teoria filosofica per la quale la primalità dell'opera mia personale, (del 31 gennaio 2002) si sarebbe rifatta a quelle venute dopo, cioè a quelle del dottore. Fatto impossibile direi qualora si controllino le date stampate sui testi degli opuscoli (Vedi il frontespizio sopra - prima pagina) e pubblicati dallo scrivente. Caso mai ci si dovrebbe rivolgere alle pubblicazioni successive... quelle pervenute dopo le mie. Quelle del dottore.
Le fosche luci della ribalta
Le date stampate nero su bianco sui testi non mentono mai, sono infatti evidenti come le stelle luminose in cielo. Non sono manomesse né si possono alterate e in altro modo non temono confronti. Neanche di fronte a chi opera e vive formalmente tra gli echi sapienti della cultura, con i quali il nostro "dottore", si sovrappone e aleggia sovrano illuminato meno di quanto si crede, dalle fosche luci della ribalta.
Vediamo frattanto alcune ricerche emerse dalla terra, individuate e studiate attraverso minuziose analisi, dalle quali in seguito prese avvio, la narrazione sulla nascita dell'Oratorio Longobardo eretto nel Vecchio S. Michele del Quarto.
E' preceduta da un'approfondita premessa che a nostro avviso, fornisce chiarimenti sulla base di eventi non del tutto trasparenti per quanto siano documentati. In parte però non lo sono affatto, seppure sono evidenti le tracce abbandonate da secoli, quanto sulla storia antica narrata. Gli episodi e le circostanze descritte, sono pertanto da considerarsi affidabili e rintracciabili a chiunque. I dati e i profili pubblicati pur inconsueti all'occhio dello storico autentico, sono tuttavia verosimilmente degni di fede, dovrebbero perciò, sottrare dubbi o incertezze al lettore e a chiunque si relazioni al periodo storico narrato. E che ovviamente, interagisca mediante il proprio buon senso.
Attivandosi quindi sugli eventi realmente accaduti, quanto sulle tracce lasciate e i segni ancora manifesti, taciuti talvolta o ignorati dalla storia locale, e tuttavia, sono rimasti ancora là, nel luogo in cui ebbero i natali e partendo dai quali, si riuscirà scoprire e capire ciò che avvenne dopo.
Del resto ogni premessa diffusa su qualunque contenuto storico è arricchita da norme, direttive, principi, motivi, casi possibili ed eventualità, anche meno importanti del contenuto attuale. Quindi il nostro, che non è meno argomentato, equilibrato peraltro e anche avveduto, alla fine verrà evidenziato ciò che lentamente venne a crearsi al "Quartum", e che in seguito si realizzò.
Buona lettura.
***
Capitolo ottavo - 2001 **
Premessa al testo circa l'Oratorio
eretto nel Vecchio S. Michele del Quarto
La conoscenza storica del nostro paese dovrebbe anzitutto associare la cittadinanza di Quarto d'Altino allo studio del proprio territorio, esplorando in vari modi le strade soppresse, carreggiate e varchi ritenuti inutili o pressoché invisibili.
Qualche elemento di passaggio obbligato vi si trova sempre, anche non completamente perduto grazie alla tutela dell'uomo, (inconsapevole talvolta) o dalla stessa natura che permette il recupero di elementi di origine antica.
Le strade infatti sono la componente più visibile del transito di un popolo qualora si riesca individuarvi qualcosa di sospetto, per esempio la ristrettezza non più attuabile al giorno d'oggi, come il portamento a rettifilo quando all'epoca non esistevano condizioni obbligate. Non sono poi da escludere i rilievi topografici pervenuti dall'antichità, quelli che segnalano strutture legate alle attività produttive, di beni e servizi dove le strade avevano come riferimento primario il transito umano. Se poi al dubbio vi si aggiunge la ricerca e lo studio, vi potrebbero emergere indizi o tracce anche recuperabili. Ed è ciò che abbiamo fatto.
Ai lati dell'intensa rete stradale di Quarto d'Altino (l'ex romana) vi si possono inoltre scovare residui antichi di ogni tipo, anfore per esempio, anticaglie, pietruzze, armi da taglio e altro, anche fondamenta su cui stavano eretti alloggi ora crollati o comunque abbattuti.
Giacciono sepolti ma non completamente distrutti e appunto perché sono soltanto dormienti, potrebbero non essere del tutto scomparsi in quanto non consunti dal tempo. Potrebbe pure accadere quando durante piccoli scavi nell'orto di casa, di trovarsi di fronte a reperti di chissà quale origine. Il cittadino o l'appassionato per la storia locale, dovrebbe a questo punto consegnare l'emerso alla Soprintendenza per i Beni Archeologici, segnalando il luogo in cui apparve. Se poi l'organismo preposto non dimostra l'interesse e il sostegno necessario, ci si deve arrangiare e fare tutto da sé.
Condizioni che, mi hanno personalmente portato ad esaminare ciò che al "Quartum" emerse dalla terra senza alcun supporto qualificato, né spalleggiato da intenditori anche quotati. E' stata poi mia premura, attenzione e interesse studiarne le origini, forme e caratteristiche e collegarle alle fonti letterali. E se ve ne sono, si riesce quasi sempre cogliere il periodo, riferimenti e servitù.
Le strade infatti sono la componente più visibile del transito di un popolo qualora si riesca individuarvi qualcosa di sospetto, per esempio la ristrettezza non più attuabile al giorno d'oggi, come il portamento a rettifilo quando all'epoca non esistevano condizioni obbligate. Non sono poi da escludere i rilievi topografici pervenuti dall'antichità, quelli che segnalano strutture legate alle attività produttive, di beni e servizi dove le strade avevano come riferimento primario il transito umano. Se poi al dubbio vi si aggiunge la ricerca e lo studio, vi potrebbero emergere indizi o tracce anche recuperabili. Ed è ciò che abbiamo fatto.
Ai lati dell'intensa rete stradale di Quarto d'Altino (l'ex romana) vi si possono inoltre scovare residui antichi di ogni tipo, anfore per esempio, anticaglie, pietruzze, armi da taglio e altro, anche fondamenta su cui stavano eretti alloggi ora crollati o comunque abbattuti.
Giacciono sepolti ma non completamente distrutti e appunto perché sono soltanto dormienti, potrebbero non essere del tutto scomparsi in quanto non consunti dal tempo. Potrebbe pure accadere quando durante piccoli scavi nell'orto di casa, di trovarsi di fronte a reperti di chissà quale origine. Il cittadino o l'appassionato per la storia locale, dovrebbe a questo punto consegnare l'emerso alla Soprintendenza per i Beni Archeologici, segnalando il luogo in cui apparve. Se poi l'organismo preposto non dimostra l'interesse e il sostegno necessario, ci si deve arrangiare e fare tutto da sé.
Condizioni che, mi hanno personalmente portato ad esaminare ciò che al "Quartum" emerse dalla terra senza alcun supporto qualificato, né spalleggiato da intenditori anche quotati. E' stata poi mia premura, attenzione e interesse studiarne le origini, forme e caratteristiche e collegarle alle fonti letterali. E se ve ne sono, si riesce quasi sempre cogliere il periodo, riferimenti e servitù.
E' pur vero d'altra parte, che chi esprime passione per l'archeologia e per la ricerca, localizza con un po' di fortuna, conoscendo ovviamente il proprio territorio, qualche elemento importante e talvolta di notevole interesse e pregio.
Ma vi sono anche reperti, come per esempio i viali, piste, sentieri e altro per i quali alla vista giornaliera dell'uomo non esprimono la loro età. Stanno lì, sono fermi, immobili, silenziosi in attesa che qualcuno se ne occupi e se ne prenda cura. Uno dei quali per esempio mi è apparso alcuni anni fa, quando passeggiando su di una via ritenuta di recente apertura, aveva all'opposto contribuito nel X sec. (900) al vissuto del Vecchio S. Michele del Quarto. Peccato che la strada sia stata abbandonata dalla memoria e dall'utilizzo per la quale venne aperta. (1)
Eretta inizialmente da Roma, (così pare secondo le indagini) in seguito venne utilizzata dalle popolazioni del circondario dirette al mercato in S. Michele del Quarto. (S. Michele Vecchio)
Ma vi sono anche reperti, come per esempio i viali, piste, sentieri e altro per i quali alla vista giornaliera dell'uomo non esprimono la loro età. Stanno lì, sono fermi, immobili, silenziosi in attesa che qualcuno se ne occupi e se ne prenda cura. Uno dei quali per esempio mi è apparso alcuni anni fa, quando passeggiando su di una via ritenuta di recente apertura, aveva all'opposto contribuito nel X sec. (900) al vissuto del Vecchio S. Michele del Quarto. Peccato che la strada sia stata abbandonata dalla memoria e dall'utilizzo per la quale venne aperta. (1)
Eretta inizialmente da Roma, (così pare secondo le indagini) in seguito venne utilizzata dalle popolazioni del circondario dirette al mercato in S. Michele del Quarto. (S. Michele Vecchio)
Dalla Venezia nascente frattanto, partivano tramite navigazione sul Sile i commercianti di Torcello, Burano, Ammiana e così via e, approdando al porto di Quarto, (L'odierno porto di Quarto d'Altino) trattavano affari col trevigiano e il bellunese. Diversamente i popoli del nord, scendevano a valle mezzo la via Claudia Augusta.
(1) - Un tipico esempio d'individuazione si è dimostrato dopo un attento esame il porto e mercato in S. Michele del Quarto, ritenuti sino a ieri secondo storici ispirati a difesa del proprio territorio, collocati vedi caso, a Musestre. Durante lo studio è stata individuata anche la fornace ubicata nella frazione delle Crete, compresa l'antica strada diretta per Povegliano Altinate abbandonata altrimenti dalla memoria. Anche il palazzo dei nobili Zorzi aveva una seconda attività fondata dal proprio toponimo. (Si veda a proposito lo studio non integrale su internet capitolo ottavo, realizzato da Bonesso Alfio)
Le Altinelle e la fondamenta ipotizzata antica
E a proposito di basamenti antichi o quasi, venni invitato molti anni fa da un amico domiciliato a S. Michele Vecchio, il quale operando nell'orto di casa, rilevò sepolta dalla terra una fondamenta di probabile uso abitativo. Alla vista constatai che i mattoni posti come base in luogo dell'odierno calcestruzzo, erano di dimensioni minori di quelli attuali.
Ricordavano, infatti, quelli usati dai romani emersi tra le isole della laguna ai quali gli archeologi per distinguerli dagli odierni, chiamano "Altinelle". Sicuramente i mattoni apparsi non erano della tipologia moderna (S'intende del XX sec.) e comunque non fui in grado stabilirne classe e origini. Non potei neanche verificare se i mattoni formanti la stessa fondamenta, fossero stati prelevati da qualche altro caseggiato antico (2) o da un'eventuale Oratorio cui si basa peraltro il nostro racconto e, adoperati in seguito per altri usi. E non potendo nel divieto prelevarne alcuno, consigliai un sopralluogo archeologico.
(1) - Un tipico esempio d'individuazione si è dimostrato dopo un attento esame il porto e mercato in S. Michele del Quarto, ritenuti sino a ieri secondo storici ispirati a difesa del proprio territorio, collocati vedi caso, a Musestre. Durante lo studio è stata individuata anche la fornace ubicata nella frazione delle Crete, compresa l'antica strada diretta per Povegliano Altinate abbandonata altrimenti dalla memoria. Anche il palazzo dei nobili Zorzi aveva una seconda attività fondata dal proprio toponimo. (Si veda a proposito lo studio non integrale su internet capitolo ottavo, realizzato da Bonesso Alfio)
E a proposito di basamenti antichi o quasi, venni invitato molti anni fa da un amico domiciliato a S. Michele Vecchio, il quale operando nell'orto di casa, rilevò sepolta dalla terra una fondamenta di probabile uso abitativo. Alla vista constatai che i mattoni posti come base in luogo dell'odierno calcestruzzo, erano di dimensioni minori di quelli attuali.
Ricordavano, infatti, quelli usati dai romani emersi tra le isole della laguna ai quali gli archeologi per distinguerli dagli odierni, chiamano "Altinelle". Sicuramente i mattoni apparsi non erano della tipologia moderna (S'intende del XX sec.) e comunque non fui in grado stabilirne classe e origini. Non potei neanche verificare se i mattoni formanti la stessa fondamenta, fossero stati prelevati da qualche altro caseggiato antico (2) o da un'eventuale Oratorio cui si basa peraltro il nostro racconto e, adoperati in seguito per altri usi. E non potendo nel divieto prelevarne alcuno, consigliai un sopralluogo archeologico.
(2) Probabilmente i mattoni sono stati prelevati dal sito stesso (S Michele vecchio) e non avendo avuto possibilità di toglierne almeno uno, forse ci avrebbero mostrato le tracce della calce di origine, oppure moderna.
Scavare quindi, analizzando il fondo del proprio territorio non è un operazione inutile, anche senza distinguere ciò che il terreno restituisce, quando pure è in completa ignoranza di quanto emerge. E' necessario pertanto analizzare l'oggetto, fissare sulla carta sito e luogo nel quale comparve e quindi iniziare le indagini. Eventuali tracce si possono ricavare anche dalle memorie dei nostri avi, dalle quali potrebbero sorgere interessanti episodi del loro tempo, o caso mai realtà effettive mai state evidenziate da alcuno quanto dalla storia locale. Il tentativo dovrebbe ovviamente coinvolgere tutti gli altinati, anche di recente domicilio.
Mi è sembrato allora, un giusto desiderio individuare mezzo ricerche storiche le radici della nostra storia, non esclusa la cultura e le occupazioni identitarie, mai completamente e attivamente approfondite. D'altra parte, non sarebbe stato possibile spiegare e capire l'antico e attuale borgo di S. Michele Vecchio, se non vi avessimo incluso nel testo cui ora andiamo a narrare, l'occupazione di Roma. Ci saremmo così privati quella vasta e diffusa opera che aveva realizzato nel nostro territorio e che oggi gli archeologi indicano in termini di Centuriazione. (3)
(3) - Divisione del terreno nella Roma antica, assegnata durante la fondazione di una o più colonie dette anche Vicus o Vico. Una delle quali sorse a S. Michele Vecchio.
La Cappella dedicata all'Arcangelo e
il titolo del nostro paese
Per capirne di più, ci siamo rivolti ai narratori antichi, per mezzo dei quali si è potuto cogliere alcuni aspetti dell'epoca, tra cui, l'individuazione (a grandi linee) dell'attività agricola dei veneti primi. Per seconda quella tipica romana vissuta accanto ai barbari cristianizzati sino ai greci di Bisanzio. Partiremo come del resto siamo già partiti nel volumetto del settembre 2001, ampliando per l'occasione, lo studio sull'ipotizzata Cappella dalla quale nacque la chiesa e il titolo del nostro paese, entrambi dedicati all'Arcangelo Michele.
Non è stato semplice né facile svolgere indagini sulla frazione del Vecchio S. Michele del Quarto dove sinora, non sono emersi indizi, tracce o altro delle fondamenta dove giaceva l'antico Oratorio del quale in passato se n'era pure parlato. E infatti se ne parlò tanto e anche insistentemente, sin da quando almeno, emersero con grande sorpresa, armi da taglio attribuite alle milizie occupanti dell'epoca. Di quali armi si trattasse e a chi appartenessero, non siamo in grado di affermarlo. Secondo le battaglie svolte nel circondario detto "Quartum", potrebbero appartenere ai tre distinti eserciti occupanti: il romano, longobardo e bizantino. Quali delle tre? (Vedi conclusione al termine del testo)
S. Michele Vecchio, mai stato oggetto di studio per la storia locale.
Nello stesso tempo mi chiedevo la ragione per la quale, comparve nello stesso periodo, il culto micaelico praticato a S. Michele del Quarto, mai stato oggetto di studio peraltro, sia dalla nostra comunità, che dall'attività storica di origine religiosa.
Capire l'antico borgo del vecchio S. Michele del Quarto, partendo dall'occupazione di Roma.
Mi è sembrato allora, un giusto desiderio individuare mezzo ricerche storiche le radici della nostra storia, non esclusa la cultura e le occupazioni identitarie, mai completamente e attivamente approfondite. D'altra parte, non sarebbe stato possibile spiegare e capire l'antico e attuale borgo di S. Michele Vecchio, se non vi avessimo incluso nel testo cui ora andiamo a narrare, l'occupazione di Roma. Ci saremmo così privati quella vasta e diffusa opera che aveva realizzato nel nostro territorio e che oggi gli archeologi indicano in termini di Centuriazione. (3)
(3) - Divisione del terreno nella Roma antica, assegnata durante la fondazione di una o più colonie dette anche Vicus o Vico. Una delle quali sorse a S. Michele Vecchio.
La Cappella dedicata all'Arcangelo e
il titolo del nostro paese
Per capirne di più, ci siamo rivolti ai narratori antichi, per mezzo dei quali si è potuto cogliere alcuni aspetti dell'epoca, tra cui, l'individuazione (a grandi linee) dell'attività agricola dei veneti primi. Per seconda quella tipica romana vissuta accanto ai barbari cristianizzati sino ai greci di Bisanzio. Partiremo come del resto siamo già partiti nel volumetto del settembre 2001, ampliando per l'occasione, lo studio sull'ipotizzata Cappella dalla quale nacque la chiesa e il titolo del nostro paese, entrambi dedicati all'Arcangelo Michele.
La scoperta delle armi.
S. Michele Vecchio, mai stato oggetto di studio per la storia locale.
Nello stesso tempo mi chiedevo la ragione per la quale, comparve nello stesso periodo, il culto micaelico praticato a S. Michele del Quarto, mai stato oggetto di studio peraltro, sia dalla nostra comunità, che dall'attività storica di origine religiosa.
Fatto che, mi consentì durante un percorso di studio non breve e non privo di ostacoli, scoprire molti elementi dell'epoca anche probanti. Tra cui citiamo nuovamente, le armi emerse nel vecchio borgo, derivanti probabilmente dagli scontri armati tra i citati eserciti dalle diverse religioni praticate. Questo e altro che diremo, mi hanno portato a concludere che il culto per l'Arcangelo Michele nacque da una Cappella eretta sul distrutto vico romano chiamato "Ad Quartum".... l'odierno S. Michele Vecchio.
Sulla ricerca vi è ovviamente l'impronta dello storico Longobardo Paolo Diacono, lo svolgimento è dunque attinente al suo popolo e in parte narrato secondo le sue memorie. Alcuni dati storici provengono quindi, dall'opera dello stesso Diacono Paolo. Vi sono poi inclusi gli schemi narrativi del Vecchio testamento e dei Vangeli, più alcune riflessioni ad opera dello scrivente. E' profetica poi la frase dell'illustre storico Giacomo Filiasi, quando durante alcuni scavi praticati a S. Michele del Quarto, (Nel Vecchio borgo) alla vista di sarcofaghi con resti umani dei quali ovviamente documentò, riportò anche la didascalia impressa sulla tavola marmorea cui racchiudeva i corpi. (Vedi ultimo capitolo) Ebbene, secondo il noto storico, le sepolture emerse riguarderebbero "al tempo io credo, quando Altino non era ancora caduto in potere dei Longobardi". (Cit. testuale del Filiasi)
Questo e altro verrà narrato progressivamente.
Narreremo infine le vicende della settecentesca chiesa abbattuta sino a quella recente. Faremo quindi un viaggio veloce nel tempo, registrando lo stretto necessario sui veneti colonizzati da Roma.
Sarebbe stato un gravissimo errore qualora non avessimo narrato le prime fasi del loro dominio, privi del quale, non si sarebbe compreso, perché mai a S. Michele del Quarto sorse nella zona aperta da Roma, (Nel Vecchio borgo) la colonia agricola detta "Ad Quartum", eretta appunto al Quarto Miglio Romano da Altino. Dal medesimo sito agricolo emersero com'è stato brevemente accennato, numerosi reperti qualificanti.
Il contributo degli schemi narrativi dei Vangeli
e del Testamento antico.
Sulla ricerca vi è ovviamente l'impronta dello storico Longobardo Paolo Diacono, lo svolgimento è dunque attinente al suo popolo e in parte narrato secondo le sue memorie. Alcuni dati storici provengono quindi, dall'opera dello stesso Diacono Paolo. Vi sono poi inclusi gli schemi narrativi del Vecchio testamento e dei Vangeli, più alcune riflessioni ad opera dello scrivente. E' profetica poi la frase dell'illustre storico Giacomo Filiasi, quando durante alcuni scavi praticati a S. Michele del Quarto, (Nel Vecchio borgo) alla vista di sarcofaghi con resti umani dei quali ovviamente documentò, riportò anche la didascalia impressa sulla tavola marmorea cui racchiudeva i corpi. (Vedi ultimo capitolo) Ebbene, secondo il noto storico, le sepolture emerse riguarderebbero "al tempo io credo, quando Altino non era ancora caduto in potere dei Longobardi". (Cit. testuale del Filiasi)
Questo e altro verrà narrato progressivamente.
Narreremo infine le vicende della settecentesca chiesa abbattuta sino a quella recente. Faremo quindi un viaggio veloce nel tempo, registrando lo stretto necessario sui veneti colonizzati da Roma.
Sarebbe stato un gravissimo errore qualora non avessimo narrato le prime fasi del loro dominio, privi del quale, non si sarebbe compreso, perché mai a S. Michele del Quarto sorse nella zona aperta da Roma, (Nel Vecchio borgo) la colonia agricola detta "Ad Quartum", eretta appunto al Quarto Miglio Romano da Altino. Dal medesimo sito agricolo emersero com'è stato brevemente accennato, numerosi reperti qualificanti.
Zona dunque vincolante, sia per la strada congiunta e diretta non solo a Treviso, quanto per gli allevamenti e l'agricoltura da cui spuntavano rigogliose le messi irrorate dalle acque del Sile. Ancora oggi si notano provenienti dal fiume le tracce dell'antica irrigazione. Area dunque importante considerata anche remunerativa ai fini alimentari dove i romani prima della venuta Longobarda, fondarono un agro coltivato ricco di nutrimenti.
Cercheremo infine di capire se la citata Cappella venne eretta su suggerimento della regina Longobarda Teodolinda per quanto il dubbio odierno prevalga e rimane. Si potrebbe tuttavia considerare che tale realizzazione, sia stata effettuata dagli stessi Longobardi cristianizzati residenti in loco. E certo sarà una bella sorpresa quando la popolazione di Quarto d'Altino scoprirà, che l'ammontare dei tanti elementi probanti, non sono mai stati registrati sui testi della storia locale. Né in qualunque altro studio per la storia archeologica del vecchio S. Michele del Quarto.
Ogni qual tanto ho dovuto inserire alcune riflessioni personali, senza alterare le vicende narrate dal Diacono Paolo dove peraltro è possibile ottenere i relativi accertamenti storici. Ho cercato infine di rendere il testo scorrevole e leggibile eliminando nel contempo, tanti ed inutili passaggi creduti romanzati. Ho potuto così, cogliere l'antico culto dedicato all'Arcangelo e orgogliosamente sfiorato con mano, le origini del Vecchio S. Michele del Quarto.
Un dato curioso risalente al 1629, indicherebbe l'anno in cui il vecchio borgo divenne parrocchia. Si tratta di una relazione abbastanza confusa dove la data reale rimane tuttora interpretabile. Si potrebbe comunque risalire ad un dato attendibile quando nel 1521: "la Villa di S. Michele del Quarto" (dichiarata tale) veniva inspiegabilmente omesso il titolo di parrocchia. (Villa corrisponde a villaggio o borgo munito di chiesa e competenze) Da notare come circa un secolo dopo, il titolo del 1521 (Villa) veniva nel 1621 mutato in parrocchia.
Dalla confusione dell'epoca si potrebbe trarre comunque un dato più che attendibile dal quale si rileva che la chiesetta delle Trepalade divenuta nel 1500 Cappella, era già dipendente dalla chiesa in S. Michele del Quarto. In seguito, sulla base degli elementi citati, la chiesa di Quarto ottenne la nomina di autonoma parrocchia, quindi, divenuta in stato di piena autonomia, già dal 1500.
Fine premessa
000
Testo
La vita dei veneti prima di Roma
La regina Teodolinda e le origini della chiesa in S. Michele del Quarto.
maggio 2001**La vita dei veneti prima di Roma
sino ai longobardi cristianizzati
Nelle terre Venete come in quelle dei Galli, impiegavano già d'allora un modello primitivo di agricoltura limitata alle granaglie, prodotti orticoli e altro. A questa principale attività si dedicavano anche all'allevamento di animali, della pesca, pastorizia e caccia su di un territorio dagli ampi spazi, dai quali ricavavano i loro nutrimenti.
Ma l'arrivo dei romani indusse i veneti ad un radicale salto di qualità, sia nelle attività giornaliere che nel vivere quotidiano, grazie agli aiuti militari che i veneti stessi avevano offerto a Roma costringendo i francesi (Galli) comandati da Brenno a ripiegare verso nord. I romani in seguito avviarono relazioni diplomatiche coi veneti inducendoli pacificamente ad una graduale occupazione.
Dopo la costruzione e apertura dell'Annia, strada consolare romana che lambiva la città di Altino, iniziò a svilupparsi anche il porto fluviale alla foce del Sile. (Silone in laguna) La via Claudia Augusta collegata alla via Altinum-Tarvisium ne aumentò l'importanza e con essa si potenziò anche il Quarto miglio romano da Altino, conosciuto oggi, col titolo di S. Michele Vecchio.
Ci si riferisce ovviamente all'odierna e antica frazione del recente Quarto d'Altino, dove i romani dopo averla scelta come zona agricola, l'investirono del titolo "Vicus ad Quartum ab urbe Lapidem". Una colonia dunque, composta da lavoranti addetti alle attività più umili, di servi, schiavi e liberti ma anche di uomini liberi reclutati nel Veneto. Il terreno diviso in cardini e decumani formanti quadrilateri uguali venivano assegnati anche a coloni esperti, se accompagnati dalla propria famiglia e servi. Il Columella nel suo "De re rustica" li descrive dei veri e propri strumenti di lavoro. Il Marziale li raffigura nell'adempimento delle proprie mansioni in ambito urbano
Causa approfondimenti relativi alla Via Claudia Augusta, la narrazione in corso viene temporaneamente sospesa. Verrà ripresa poco più avanti sul paragrafo: "Continuazione al testo precedente".
Foto tagliata ai bordi. Archivio storico Alfio Giovanni Bonesso. Copyright dell'autore. Veduta aerea circa la Via Claudia Augusta. L'immagine pubblicata a scopo topografico, mostra in alto sul fondo della foto il rettifilo e lo scalo portuale dove terminava la Via Imperiale. Dopo un breve tratto di strada deviava verso nord oltre il fiume Sile e riprendeva il suo corso sino in Germania.
In alto si nota in tono bianco posto tra le verdi campagne altinati, il rettifilo della Via Claudia Augusta diretta al porto in S. Michele del Quarto ubicato presso il fiume Sile.
Dalla suddetta via si staccava presso l'odierno centro abitato di Quarto d'Altino, una seconda via detta "Altinum-Tarvisium". (Altino per Treviso) Sulla stessa traiettoria venne fondato al Quarto miglio Romano da Altino (Ad Quartum) il primo nucleo di lavoranti, schiavi e liberti dediti all'agricoltura. In seguito la località assunse in epoca Longobarda il titolo, S. Michele detto il Quarto.
L'emersione dei blocchi di marmo
Durante scavi recenti a scopo insediativo (anni 60 del novecento) vennero eretti sulla linea dell'antica direttrice presso il porto sul Sile, alcuni edifici visibili nella foto. Vedi esempio casa D'este tinta giallo a tre piani, dalla quale emersero numerosi blocchi di marmo utilizzati in seguito come fondamenta.
Il secondo edificio di proprietà Balbi (sec XVIII - 1700) del quale si nota solamente il tetto, venne utilizzato in seguito dalla famiglia Lucheschi. (Villa Lucheschi 1800 circa)
Sulla residenza dei Balbi non sono mai emerse notizie documentate, né accenni su probabili rinvenimenti archeologici. E' noto d'altra parte che la Via Claudia all'epoca essendo eretta a metri tre circa per sette, non sarebbe stato possibile erigere la villa, senza abbattere la Via romana. Ne consegue quindi, che durante la realizzazione dello stabile non vi siano stati contatti né legami con la soprintendenza archeologica regionale. Per cui non è possibile conoscere rinvenimenti o simili, in particolare di pezzi importanti relativi all'abbattimento della Via consolare.
In un recente addestramento sul Sile, effettuato dai Sub di Mestre presso la Torre di Musestre (estate 2016) scorsero tra la fanghiglia del fondo limaccioso, alcuni resti marmorei dedotti dal ponte crollato e la probabile fondamenta. La via consolare dunque, correva tra la Torre e il fiumiciattolo chiamato Musestre.
La cartina disegnata a mano qui pubblicata dal sottoscritto, indica la reale direzione della Claudia Augusta proiettata come si nota nella foto in alto, al porto S. Michele del Quarto. Il quale porto, o scalo merci se vogliamo, doveva assicurare rifornimenti agricoli per Altino, le isole della laguna quanto per Treviso.
La via dunque terminava presso lo scalo portuale dell'odierno Quarto d'Altino, poi riprendeva il suo corso dove dopo alcune centinaia di metri , deviava a nord presso il fiume detto Musestre. Secondo alcuni studi effettuati dal Berlese, la quota del piano stradale rilevata presso il ponte crollato, non superava in altezza metri 2,64 circa. Più o meno come l'odierno argine del Sile, tanto quanto misurava il punto in cui venne eretta villa Balbi.
La via dunque terminava presso lo scalo portuale dell'odierno Quarto d'Altino, poi riprendeva il suo corso dove dopo alcune centinaia di metri , deviava a nord presso il fiume detto Musestre. Secondo alcuni studi effettuati dal Berlese, la quota del piano stradale rilevata presso il ponte crollato, non superava in altezza metri 2,64 circa. Più o meno come l'odierno argine del Sile, tanto quanto misurava il punto in cui venne eretta villa Balbi.
Una carreggiata quindi molto sviluppata in altezza qualora si consideri le odierne arginature del Sile che all'epoca non esistevano. Cosicché l'acqua dilagante proveniente dalle fiumane del Sile, si versavano sulle campagne circostanti diminuendo in tal modo la portata alluvionale. La via dunque rimaneva preservata dagli straripamenti del fiume e quindi transitabile.
La piantina disegnata a mano
La cartina ricostruisce secondo quanto la foto aerea ha evidenziato nel precedente fotogramma, il transito della Via Claudia Augusta detta in altri termini "Lagozzo". Nel 1964 emersero i primi segni certi della traiettoria romana grazie ai blocchi di marmo emersi dagli scavi per le fondamenta di casa D'Este. Il problema che sino a ieri costituiva una vera e propria questione irrisolta in quanto non non si conosceva il punto esatto dello sbocco o termine della via consolare. Oggi invece, grazie ai blocchi di marmo emersi e, dopo un attenta indagine sulla foto indicata sopra, è finalmente risolta.
Si veda tramite l'abbozzo pubblicato, la mezzadria tinta rosso relativa alla famiglia D'este di proprietà conte Gyulai. Venne eretta sopra l'argine del Sile in comune di Quarto d'Altino e nel 1912 dopo l'erezione del ponte pedonale (In ferro) si rese necessario aprire l'attuale strada in direzione di Musestre superando il ponte sul Sile. Cosicché la mezzadria del Gyulai che allora occupava parte dell'argine destro venne abbattuta. Alcuni mattoni della suddetta abitazione recavano la data 1864.
Secondo appropriate indagini, la casa colonica del Gyulai, venne eretta nella stessa posizione in cui oggi versa più o meno la torre di Musestre, vale a dire, pressoché sopra l'argine. Reso libero il terrapieno dalla mezzadria del Gyulai dove appunto abitava la famiglia D'este, (eretta nel 1864 secondo i mattoni) venne aperta l'odierna via per Musestre che gravandosi di una repentina pendenza vero l'alto, raggiungeva l'imbocco del nuovo ponte. Prima della demolizione della citata casa D'este, l'argine del Sile si mostrava alla stessa altezza dell'odierno privo della pendenza attuale.
Si veda tramite l'abbozzo pubblicato, la mezzadria tinta rosso relativa alla famiglia D'este di proprietà conte Gyulai. Venne eretta sopra l'argine del Sile in comune di Quarto d'Altino e nel 1912 dopo l'erezione del ponte pedonale (In ferro) si rese necessario aprire l'attuale strada in direzione di Musestre superando il ponte sul Sile. Cosicché la mezzadria del Gyulai che allora occupava parte dell'argine destro venne abbattuta. Alcuni mattoni della suddetta abitazione recavano la data 1864.
Secondo appropriate indagini, la casa colonica del Gyulai, venne eretta nella stessa posizione in cui oggi versa più o meno la torre di Musestre, vale a dire, pressoché sopra l'argine. Reso libero il terrapieno dalla mezzadria del Gyulai dove appunto abitava la famiglia D'este, (eretta nel 1864 secondo i mattoni) venne aperta l'odierna via per Musestre che gravandosi di una repentina pendenza vero l'alto, raggiungeva l'imbocco del nuovo ponte. Prima della demolizione della citata casa D'este, l'argine del Sile si mostrava alla stessa altezza dell'odierno privo della pendenza attuale.
Il transito e il termine della Claudia
in comune S. Michele del Quarto.
La recente abitazione di proprietà della famiglia D'este eretta nel 1964, (Vedi alloggio tinto giallo) venne così a trovarsi sulla stessa traiettoria dove transitava la Via Claudia Augusta. Scavando il terreno per le fondamenta, emerse tra i tanti marmi minori, un blocco dalle dimensioni notevoli. Ritenuto inamovibile, venne lasciato come rinforzo sul costruendo domicilio. Il considerevole ammasso marmoreo e altri pezzi meno importanti per volume, sono la conferma a nostro avviso, del transito della Via Claudia Augusta in comunicazione col porto S. Michele del Quarto, utilizzato verosimilmente dai romani e in seguito dalla nascente repubblica di Venezia.
Il porto utilizzato da Roma
L'abbozzo mostrato in visione ai lettori, mi è stato ovviamente riferito dalla famiglia D'este e, per quanto sia disegnato piuttosto infelicemente, è comunque comprensibile a chiunque. Vedremo se sarà possibile in un prossimo futuro, proiettarne uno di migliore.
La foto del porto è stato ripreso e mostrato anche al capitolo nove (9) dove per altri motivi conferma la presenza del millenario porto utilizzato dai romani. E' collocato nell'odierno Quarto d'Altino in provincia di Venezia.
La concessione del 996.
A seguito della concessione autorizzata nel 996 dall'imperatore Ottone III, il porto sul Sile successe alla nascente Repubblica di Venezia, e tale rimase sino alla caduta. Dalla quale capitolazione Venezia non ebbe più a riprendersi allo stato di allora, vennero quindi a smarrirsi le memorie e probabilmente anche le documentazioni sul porto. (Se esistevano)
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Continuazione al testo precedente.
Eravamo dunque rimasti sul Vico o Vicus d'istituzione romana situato in S. Michele del Quarto.
La traduzione in lingua italiana del citato "Vicus ad Quartum...", corrisponde a "Centro abitato al quarto miliare" aperto sulla strada municipale "Altinum -Tarvisum" diretta a Porta Altinia di Treviso (3). Oggi quella strada in comune di Casale sul Sile è stata intitolata "Via Vecchia Trevigiana" quasi a simboleggiare l'antico percorso.
(3) Il titolo assegnato alla porta trevigiana trova origine dalla strada Municipale di Altino diretta a Treviso. Il percorso che non è più l'attuale (s'intende per circa metà) giungeva sino alle mura della città, dove appunto, venne aperta Porta Altinia.
Il termine "Vicus" significa dunque "Abitazione della popolazione rurale". Ci troviamo dunque di fronte ad un centro agricolo d'istituzione romana posto a S. Michele Vecchio e precisamente al Quarto miglio romano da Altino: nome desunto dal "Centro abitato al Quarto miliare".
A tal fine, venne centuriata parte della campagna del Municipio di Altino per lo sfruttamento agricolo iniziato nel I° sec. d.C. dove in prossimità della colonia, nacquero anche i primi villaggi chiamati "Vici".
Dopo la caduta di Roma (476) il "Vicus ad Quartum", lo troviamo durante l'epoca Longobarda, mutato in Sanctus Michael qui dicitur Quartus (Tradotto, S. Michele detto il Quarto)
Il centro agricolo comprendeva di leggi e propri decreti locali amministrati da un capo villaggio detto "Procurator", il quale agiva in qualità di "Vicarius" per il padrone della colonia. Esperto nei lavori agricoli, dirigeva squadre alle sue dipendenze creando nei diversi settori manodopera specializzata e prodotti di qualità.
Ed ecco dunque sorgere e imporsi i lavoranti specializzati ognuno nel proprio settore quali erano gli "aratores", "vindemiatores", "vinitores" ecc. La produzione casearia veniva affidata agli "asinarii", "pastores" e "piscatores" affiancati dai "veterinarii" ecc. La tessitura e tintura della lana, e della confezione del vestiario e coperte, veniva affidata alle donne. In definitiva i romani, promossero all'interno della colonia "Ad Quartum", un vero e proprio universo di specializzazioni sul modello delle loro città.
Le attività romane devastate dall'occupazione Longobarda
A distruggere temporaneamente le attività situate al centro abitato al quarto miliare, calarono in seguito i barbari. E qui, una breve riflessione sulla pratica cultuale dei Longobardi va fatta.
Va realizzata in questa prima fase della loro storia, riflettendo attentamente sugli schemi narrativi della Bibbia, dei Vangeli e sull'Arcangelo Michele. Un Santo cristiano che i Longobardi avevano scelto e collegato per le loro finalità belliche e d'armi.
Per quanto poi non si ritenessero per nulla cristiani bensì ariani, scelsero comunque un santo cristiano eletto a loro difesa. Contenuti questi, che affronteremo più avanti.
La tela raffigura una delle tante immagini nell'universo iconografico dedicato all'Arcangelo Michele. Appare sospeso tra le nuvole impugnando con la mano destra la spada. Dalle ali aperte tinte bianco candido, regge con la sinistra uno scudo sferico al centro del quale appare una croce tinta rosso vermiglio. Veste una tunica gialla tenuta da un drappo azzurro svolazzante. Il demone ribelle si ritrae e sconfitto fugge.
Gli schemi narrativi della Bibbia e dei Vangeli
dei quali i Longobardi ne fecero ampio usoNel vecchio testamento l'Arcangelo Michele viene descritto come il "condottiero delle milizie celesti". Il profeta Daniele lo investe del titolo: "il primo dei Principi e custode del popolo d'Israele". Nell'episodio biblico dell'assedio di Gerico lo troviamo armato di spada davanti a Giosuè sotto il titolo di: "Principe dell'esercito del Signore". Nel libro dell'Apocalisse lo vediamo alla guida degli angeli impegnati nella battaglia contro il demonio.
Nel vangelo di Giovanni descrive l'Arcangelo Michele taumaturgo che guarisce gli infermi per mezzo dell'acqua. Nei manoscritti di Qumram, (Scoperti nel 1947 databili tra il 150 a C. e il 70 d.C) compare Michele nelle vesti di capo dell'esercito Celeste che insieme agli angeli fedeli, dirige la battaglia contro il male e porta al definitivo trionfo dei giusti sui peccatori.
Nel testamento di Abramo appare un Angelo che regge la bilancia con la quale pesa le opere buone da quelle cattive. A pesare le anime direttamente da Dio viene incaricato più tardi S. Michele Arcangelo che separa le anime giuste dalle peccatrici. Su di un piatto pone infatti lo spirito dell'uomo, nell'altro se stesso come peso morale. Ma ciò che interessa alla nostra ricerca non è tanto l'immagine del giudizio divino che pure va considerato, bensì la prova convincente per la quale venne eretta la Cappella Longobarda al "Quartum".
Tutto questo e altro che diremo più avanti, permette valutare con ampi margini d'attendibilità, che l'Arcangelo Michele venne scelto dai Longobardi in qualità di protettore degli eserciti e condottiero delle milizie. (Come appunto afferma il vecchio testamento) A questo va aggiunto anche il timore della pesatura dell'anima dopo la morte, fattore che affronteremo nel corso della narrazione. La componente religiosa pone dunque in risalto quanto i Longobardi si sentissero protetti dall'Arcangelo cristiano, mascherato bellicosamente dalla religione ariana. Di conseguenza tutto fa pensare ad un culto di stirpe guerriera che vedeva Michele il protettore del loro popolo, quado invece all'opposto il "Principe dell'esercito del Signore" non aveva niente a spartire con lo spirito nazionalista dei teutonici.
Nella raffigurazione Michele veste una corazza azzurra e un manto rosso trapunto di stelle. A lato, come vuole la tradizione regge con la mano destra una croce astile appuntita, con la quale trafigge Lucifero. Con la sinistra regge uno scudo sferico chiodato al centro. Un fascio luminoso dall'alto squarcia le nubi ponendo in risalto la figura dell'Arcangelo. La mano alzata del demone pare chiedere pietà.
L'invasione e la conquista Longobarda.
Nel 568, Alboino re dei Longobardi unito alle tribù dei Gepidi, Slavi, Svevi e Sassoni, scende in Italia e senza incontrare resistenza, occupa Cividale e altre città del nord. (4) Successivamente si sparsero su tutta la penisola saccheggiando e demolendo con ferocia ogni segno visibile dell'arte e della civiltà latina. Molte opere di pregio vennero infatti perdute, basti pensare ai dipinti su tavola, tipica dell'arte religiosa bizantina e quella orientale Copta. Un vero e proprio massacro dell'arte antica.
(4) L'area lagunare rimase momentaneamente esclusa. S'intende Altino e le sue pertinenze sino al vico agricolo posto al Quartum.
Vestiti di pelli di pecora dilagarono ovunque flagellando senza pietà intere popolazioni. Di fede ariana e avversi al cristianesimo, ebbero tuttavia una stima profonda per l'Arcangelo considerato difensore delle loro battaglie e conquiste. Ma la vocazione per il Santo non impedì loro di uccidere i sacerdoti, di spogliare le chiese cristiane, radere al suolo interi villaggi sterminando intere popolazioni, anche della povera gente. E come tali s'identificarono alla stregua di un popolo barbaro consacrato alla guerra e all'idolatria. Valleio Petarcolo vissuto nel primo secolo e avendone avuto sentore, li definiva:".. gens germana ferocitate ferocior". (Gente più feroce della ferocia germanica)
Eretici sanguinari e senza Dio, praticavano usi tribali con riti misti a stregonerie e le loro leggi favorivano il diritto alla vendetta, spesso risolta con l'uccisione dell'amico avversario. In questo tragico intreccio di sangue e conquiste vennero a loro volta conquistati dalle immagini di origine Bizantino Copta. Una tra le tante, vedeva l'eroico Arcangelo fornito di bilancia per la pesatura delle anime. In altri dipinti Michele si mostrava impavido e vittorioso sul drago. Un Santo guerriero dunque avverso senza dubbio alle crudeltà dei barbari, ma che per influsso alle loro tradizioni e la temerarietà mostrata dall'Arcangelo trionfante sul demone, lo elessero a culto quale condottiero di prestigio e di fede.... e anche di questo parleremo più avanti
Rotari re al Quarto Miliare e l'origine Longobarda
del vecchio S. Michele del Quarto.
Tra il 635 e il 639, Rotari re, seguace dell'eresia di Ario, violenta la città di Altino difesa dall'esercito di Bisanzio ma non la distrugge e, dopo la conquista irruppe nella fascia interna attestandosi al Quarto Miliare (Nel Vicus d'istituzione romana) (5) zona in cui resisteva parte dell'esercito bizantino. I greci infatti avevano fondato un loro distretto al confine tra l'odierno S. Michele Vecchio (Ora in provincia di Venezia) e il trevigiano. (6) Un distretto dunque, provvisto di un presidio militare o di avamposto, che avesse consentito la difesa sui Longobardi stanziati a Treviso e, da un probabile attacco qualora fosse sorto da Altino. L'eventualità si fece improvvisamente certezza, un 'iniziativa dalla quale i Longobardi in un assalto dilagante sbaragliarono le difese bizantine. Costretti i vinti alla servitù dei nuovi conquistatori che avevano trasformato la pianura ubertosa in un campo di battaglia, ricominciarono a produrre cibo traendolo dalla propria terra invasa e in pessime condizioni.
Luogo nel quale gli occupanti, grazie agli alimenti e ai derivati dalle terre agricole riportate ad un livello economico fiorente, vi si stanziarono definitivamente divenendo di loro proprietà.
(5) L'odierno S. Michele Vecchio.
(6) Il confine legato al luogo della battaglia è tuttora segnato da un canale detto Fossa dell'Argine. Venne fatto scavare nella prima metà del 700 dal re longobardo Liutprando (Cristianizzato) e dal doge Anafesto per segnare il limite dei propri territori. Lo scavo effettuato nel sec. VIII aveva così diviso in due parti le future provincie di Venezia e Treviso.
Foto archivio storico Bonesso Alfio. Copyright dell'autore.
Vedi S. Michele Vecchio al Quarto miglio romano da Altino in provincia di Venezia.
A lato della strada emerge il corso del Sile fiume di risorgiva. Le acque erano meta di pellegrinaggi per la purificazione di uomini e animali.
Il viale eretto ad argine, impediva durante l'epoca romana allagamenti sui caseggiati e sulle risorse produttive.
Sul finire del 1700 emerse al "Quartum" una lapide con sarcofagi e scheletri dentro, dai quali a prima vista, s'ipotizzava fossero conseguenti alla battaglia. In realtà non si conosce se i resti umani dipendessero dallo scontro armato, né a chi appartenessero le armi emerse nel 1935 circa dai fondi agricoli. Sarebbe comunque fondata la ragione per la quale il combattimento avvenne tra l'odierno confine del veneziano col trevigiano, dal quale com'è noto trionfarono i Longobardi. In quella zona infatti vi furono duri scontri dove i bizantini e i militi del dissolto impero romano, vennero definitivamente sconfitti. Vinta l'ultima battaglia, Rotari re, si riunisce mezzo la via Altinum Tarvisium alla città di Treviso, in mano Longobarda già dalla primavera del 569.
S. Michele Vecchio si ribella agli storici pigri e silenti situati al confine del trevigiano.
S. Michele Vecchio si ribella agli storici pigri e silenti situati al confine del trevigiano.
Per completare la conquista e mancando appunto Oderzo, Altino e il Quartum che caddero in rapida successione, va aggiunto che nessuno tra i tanti illustri storici di origine veneta, si è mai scomodato ricostruire gli eventi che portarono alla distruzione della colonia agricola in S. Michele Vecchio. Fortunatamente i Longobardi, a riprova della loro presenza e dello scontro armato, eressero sul luogo della battaglia una Cappella di ringraziamento dedicata all'Arcangelo Michele. D'altra parte l'Arcangelo preveggente e anticipatore dei tempi, sembrerebbe fosse insorto a danno degli storici pigri e silenti, indicando definitivamente il proprio insediamento al Vicus occupato. Uno stanziamento al quale avrebbe offerto al paese che stava per nascere il proprio nome e la stessa Cappella divenuta più tardi chiesa..
Ovviamente è un fattore deducibile ma che certo ha del verosimile su di un santo cui i Longobardi ritenevano il protettore delle loro battaglie e conquiste, perciò, negarne la suddetta Cappella, sarebbe stata una grave dimenticanza.
Il giovane Michele raffigurato coi capelli biondi, colpisce con l'asta appuntita il vinto Lucifero che avvolto nelle tenebre sprofonda negli inferi. Di grandissimo effetto è lo sfondo luminoso sulle bianche ali. La figura è abbellita dal manto rosa e dalla corazza azzurra. Un drappo rosso svolazzante lo avvolge sfiorando gli arti inferiori.
Non è pertanto esclusa l'ipotesi che vuole confermata la battaglia sul luogo in cui i Longobardi dopo la vittoria vi sostarono a lungo, sia per controllare la zona conquistata quanto per sorvegliare la via diretta per Tarvisium. Stanziati quindi al "Quartum", vi avrebbero eretto secondo i propri ideali di fede, un santuario di preghiera. Una riconoscenza maturata da tempo e che già d'allora erompeva nei loro istinti quando storditi dalla bellezza dei dipinti nei templi cristiani, osservavano increduli l'indomito Arcangelo sconfiggere il demone.
Nel territorio garganico per esempio, la venerazione per Michele iniziò nel 400 (III sec.) e da qui, il culto si diffuse nel resto della penisola, sia nelle zone dipendenti da Bisanzio che nei territori Longobardi.
Le aree cimiteriali.
La devozione per l'Arcangelo imponeva loro collocare nel mezzo dei cimiteri Cappelle-Oratori per i propri defunti. Questa abitudine potrebbe giustificare la presenza della Cappella eretta come luogo di preghiera sul vico conquistato, tale abitudine peraltro è testificata in tutta la penisola italiana. La presenza, infatti, di una cappella o chiesa su di un area cimiteriale, prefigurava Michele come pesatore delle anime traslocate in paradiso. E' un mistero d'altra parte, come i Longobardi avessero potuto ritenersi dei soggetti irreprensibili da ambire il paradiso, dopo che avevano sterminato intere popolazioni. Va tuttavia considerato, che nel momento in cui aderirono progressivamente al cristianesimo, mutarono anche le loro abitudini. Venne così a diffondersi l'uso del seppellimento all'interno o in prossimità delle chiese spesso fondate come Cappelle. E questo non è certo un riferimento irrilevante se si considera che anche al "Quartum", patria dei Longobardi, avessero eretto un Oratorio e cimitero per i loro defunti.
Il cimitero non stabilisce la presenza delle Cappelle in tutto il territorio nazionale, bensì indica la presenza dell'Arcangelo sulle aree cimiteriali esistenti, oppure laddove vennero in seguito erette. Sta di fatto che ovunque fosse presente Michele, anche su modestissime epigrafi fissate lungo le necropoli, ne chiedevano protezione mitizzandone le gesta.
Il cimitero non stabilisce la presenza delle Cappelle in tutto il territorio nazionale, bensì indica la presenza dell'Arcangelo sulle aree cimiteriali esistenti, oppure laddove vennero in seguito erette. Sta di fatto che ovunque fosse presente Michele, anche su modestissime epigrafi fissate lungo le necropoli, ne chiedevano protezione mitizzandone le gesta.
E da qui, tenendo presente che l'istituzione di una Cappella aveva un significato profondo, l'impresa per erigerla fu a nostro avviso molto sentita quanto breve.
L'atteggiamento trionfante di Michele sul demone, idealizzava come già rilevato innanzi, lo spirito guerriero dei Longobardi ufficialmente però di fede ariana. (7) Un credo non estraneo all'Arcangelo che diversamente venne incaricato da Dio nella diffusione della cristianità. L'arianesimo sostenuto dal prete Ario, che nel frattempo aveva rinunciato parte della sua natura ribelle ceduta poi alla fede cristiana, fa ovviamente supporre come la pratica dei seppellimenti nelle aree cimiteriali cristiane, venisse in seguito imitata anche dai Longobardi.
Tutto sommato, fu un'innamoramento senza precedenti concretizzatosi com'era peraltro prevedibile, nel cristianesimo. A irrobustire la fede cristiana, provvide in seguito una donna di qualità superiore, ritenuta al massimo grado di bontà, di perfezione e la più amata e ammirata di tutte qual era la regina Teodolinda reggente del popolo Longobardo.
(7)- Ario, sec. IV. (300 d.C.) Prete alessandrino che negava la divinità di Cristo e la sua identità col Padre. Dalle sue predicazioni nacque l'arianesimo. La diffusione di questa nuova fede giunse dapprima nei paesi del nord in particolare dalla Germania. In seguito tra gli stessi Longobardi ad opera di missionari ariani e che lo stesso Alboino ne fu conquistato.
L'atteggiamento trionfante di Michele sul demone, idealizzava come già rilevato innanzi, lo spirito guerriero dei Longobardi ufficialmente però di fede ariana. (7) Un credo non estraneo all'Arcangelo che diversamente venne incaricato da Dio nella diffusione della cristianità. L'arianesimo sostenuto dal prete Ario, che nel frattempo aveva rinunciato parte della sua natura ribelle ceduta poi alla fede cristiana, fa ovviamente supporre come la pratica dei seppellimenti nelle aree cimiteriali cristiane, venisse in seguito imitata anche dai Longobardi.
Tutto sommato, fu un'innamoramento senza precedenti concretizzatosi com'era peraltro prevedibile, nel cristianesimo. A irrobustire la fede cristiana, provvide in seguito una donna di qualità superiore, ritenuta al massimo grado di bontà, di perfezione e la più amata e ammirata di tutte qual era la regina Teodolinda reggente del popolo Longobardo.
(7)- Ario, sec. IV. (300 d.C.) Prete alessandrino che negava la divinità di Cristo e la sua identità col Padre. Dalle sue predicazioni nacque l'arianesimo. La diffusione di questa nuova fede giunse dapprima nei paesi del nord in particolare dalla Germania. In seguito tra gli stessi Longobardi ad opera di missionari ariani e che lo stesso Alboino ne fu conquistato.
Nell'iconografia orientale (Copta) l'Arcangelo porta la spada sguainata e la bilancia per la pesatura delle anime. E' temuta dai Longobardi più delle stesse battaglie spesso tradotte in morte. Due recenti raffigurazioni pongono Michele mentre calpesta il demone vinto e avvolto dalle fiamme.
Non si conosce se l'oratorio eretto nel Vicus devastato fosse sorto nella circostanza della battaglia. Ciò che si sa per certo, pur non essendo documentato l'evento, appare oggi più che mai attendibile se non veritiero. Lo proverebbe anzitutto l'impossibilità dei primi barbari illetterati, non in grado di compiere qualunque testimonianza scritta. E' noto d'altra parte come l'elemento longobardo rappresentasse durante la conquista italiana un popolo di analfabeti.
Si comprende allora quanto l'analfabetismo longobardo avesse pesato sui dominatori causando a se stessi un'impreparazione storico documentale, non consentita dai documentaristi romani.
Fra le tante glorie vissute in battaglia, mancava appunto quella della cultura, basti pensare come le loro conoscenze venivano affidate, solamente alla tradizione orale. Non va dimenticato che lo stesso Re longobardo Liutprando, pur uomo di grande sapienza, non sapeva leggere né scrivere. (8)
(8) Liutprando regnò dal 712 al 744. Cioè, 176 anni dopo la discesa dei primi Longobardi avvenuta nel 568. Nonostante il trascorso di quasi due secoli, Liutprando Re non aveva ancora ricevuto l'insegnamento scolastico. "Litterarum quidem ignarus" (illetterato) scriveva su di lui Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum. Divenuto Paolo cristiano fu l'ultimo della dinastia che amava ancora dichiararsi Longobardo. Né mai pronunciò il fatidico termine "sono nato in Italia e sono italiano", tanto meno lo lasciò scritto. Vide comunque lo sfacelo del suo popolo ad opera di Carlo Magno.
E se Rotari re, non documentò l'evento come del resto non fece, accadde anche ai regnati venuti prima e a seguito dello stesso Rotari, i quali non ebbero mai a cimentarsi nella scrittura se non affidandosi alle loro tradizioni o ai manoscritti compilati dai romani. E' pertanto possibile che i Longobardi avessero ritenuto sconfitti i bizantini già dalla battaglia di Altino collocato a soli quattro chilometri dal "Quartum". Una battaglia unica e conclusiva dove non mancò la solenne gratitudine all'Arcangelo senza mai documentare l'evento. Episodi simili si verificarono in tutto il territorio nazionale quando ottenuti i successi in larga parte d'Italia, elevarono centinaia di Oratori all'Arcangelo Michele. Nacquero allora le chiese, santuari, edifici sacri, Basiliche, Duomi ecc. visitabili oggi in ogni regione italiana.
L'evidente posizione militare al quarto miglio
rappresentava l'incarnazione stessa del popolo Longobardo.
La ragione militare dei Longobardi emerge anzitutto dalla posizione in cui si trova tuttora il piccolo centro di S. Michele Vecchio, giustificabile sia geograficamente che strategicamente da ragioni militari, come del resto sono tutti i villaggi esistenti lungo i tracciati delle antiche viabilità.
E' percorso da una strada ritenuta antichissima attraverso cui, durante l'epoca romana si presentava probabilmente eretta ad argine. Un terrapieno dunque posto a difesa dalle acque del fiume Sile, dove i Longobardi non conoscendo la navigazione, preferivano recarsi a Treviso galoppando in sella ai loro cavalli. (Mezzo l'Altinum-Tarvisium)
La presenza al Quartum non era pertanto casuale, bensì conseguenza di un processo permanente volto alla sicurezza dell'unica via diretta per Treviso. E nondimeno per le risorse alimentari e per l'agricoltura il cui fiume Sile ne irrigava i prodotti. Ed ecco anche il motivo per cui sorse in quel periodo una cappella consacrata a Michele come simbolo delle divinità guerriere e del comando ottenuto. Si stabiliva così in un rapporto di uguaglianza coi vinti, l'incarnazione stessa del popolo Longobardo e in forma più dettagliata, anche le ragioni dello stanziamento al "Quartum".
L'insediamento delle tre convivenze al "Quartum" (Longobarda, Veneta e Greco-bizantina) è anche convalidata dai termini medioevali come "Casale" (Abitazione rurale) "Corte" (Organizzazione dell'età feudale, vedi anche la Corte di Quarto) "Vico e Villa" (Borgo-Villaggio) "Cesa" (fa cogliere il sorgere di una chiesa) (Il termine longobardo "Melm" tradotto significa fango o fanghiglia, da cui sorse "Melma" l'odierna cittadina chiamata oggi Silea in provincia di Treviso. ecc.)
L'Arcangelo è raffigurato cinto al capo dalla corona del Principe degli angeli. Appare vestito da soldato romano, corazza, spada e tunica rossa mentre schiaccia il demone sotto il piede. Col pastorale spinge il demone tinto di nero nel tormento degli inferi.
Sono termini come si nota, connessi all'uso del terreno agricolo, dal quale si coglie anche la profonda devozione della rinata popolazione capeggiata in questa fase storica, dai Longobardi.
E questi, rivelandosi conservatori gelosi dei propri diritti e privilegi, vi eressero sul territorio conquistato, un luogo di preghiera cui rivolgersi a Michele anche nelle difficoltà giornaliere.
L'antichità assegnata a S. Michele del Quarto, risale al 15 a.C.
Si deve tener conto peraltro come i nuovi padroni fossero interessati al titolo assegnato alla colonia d'istituzione romana, divenuta in seguito la battaglia di loro proprietà. E seguendo un certo ordinamento che doveva in qualche misura tenere conto del titolo originato da Roma e dalla stessa Cappella dedicata a Michele, veniva così a crearsi sotto questo punto di vista, un nuovo titolo alla località originariamente chiamata "Ad Quartum, mutato in seguito "Sanctus Michael qui diciturs Quartus". (S. Michele detto il Quarto) (9) Il termine Quarto venne dunque mantenuto come non mutò il titolo assegnato alla Cappella.
Un appellativo questo, che unito a Michele e al nuovo abitato, durarono affiancati l'uno all'altro sino al 1905. Anno fatale nel quale il forzato espatrio cui l'Arcangelo Michele venne sottoposto, gravò sul titolo della vecchia chiesa privandola dell'antica intestazione che aveva di fatto originato ed eretto la stessa località.
Quella nuova istituita nel recente centro cittadino, (anno 1905) assunse per l'evidente dislocazione, l'antica titolazione dedicata al Santo Michele. Al recente paese che stava dunque per nascere, rimase il solo termine "Quarto" originato da Roma e S. Michele attribuito dai Longobardi. Il risultato quindi: S. Michele del Quarto - oggi mutato in Quarto d'Altino. Il termine Quarto come si nota, non venne mai messo in discussione.
(9) S. Michele detto il Quarto appare documentato come località nel X. sec. anno 996. Precedentemente veniva indicata solo la chiesa priva del titolo della località pur vivendo stabilmente una comunità di fedeli. Si propende quindi per un luogo molto antico, tanto quanto almeno come la venuta dei Longobardi. Se poi dovessimo accennare al periodo romano e relativa centuriazione documentata dal "Vicus ad Quartum", il paese sarebbe antico tanto quanto la via Claudia Augusta aperta da Druso nel 15 a.C. Secolo in cui nacque la colonia romana e che in seguito diverrà, S. Michele del Quarto. (Quello vecchio s'intende)
Da notare come il termine "Quarto" sia stato conservato nella circostanza tipicamente locale, come del resto è stato mantenuto il titolo della Cappella divenuta in seguito chiesa.
Si tratterebbe quindi di una evidente volontà conservativa dettata dai Longobardi italianizzati. Ciò detto, è da rammentare ancora, quanto importante sia stata la venerazione dei Longobardi per S. Michele e che in base ai loro trionfi ottenuti nei combattimenti, realizzarono l'Oratorio. Ci si convince del tutto se si considera che il loro vissuto iniziato sin dai primi tempi della loro storia in Italia, avvenne sotto la protezione di Michele, la cui presenza era destinata a durare nel tempo. Finché l'esaurirsi dei temuti barbari germanici e la dissipazione della lingua teutonica, finì per eclissarsi del tutto a favore dell'italianità. E questo ci sembra un fatto ineludibile di altissimo rilievo.
L'esistenza della cappella è anche confermata dalla presenza di sorgenti d'acqua dove l'Arcangelo si caratterizza quale risanatore e purificatore delle anime. E' noto come gli edifici di culto eretti presso tali sorgenti, erano meta di pellegrinaggi attraverso cui purificare uomini e animali. Questo accadeva in tutto il territorio nazionale, dove ovviamente si venerava Michele accanto all'acqua di sorgente. Non a caso il corso del Sile fiume di risorgiva chiamato anche Piave (Stesso di risorgiva) scorrendo a pochi metri dalla Cappella rappresentava per i Longobardi il punto nevralgico risanatore. (10)
(10) Ci si riferisce ovviamente alla vecchia chiesa abbattuta eretta pressoché sulla sponda del Sile, dove si suppone vi fosse precedentemente fondata la Cappella. Le fondamenta della chiesa abbattuta sono infatti visibili pressoché nel punto in cui oggi s'ipotizza avesse avuto luogo anche l'Oratorio, ma che avrebbe potuto stanziarsi ovunque.
Il corso del Sile fiume di risorgiva, sorgente purificatrice delle anime e delle infermità.
(10) Ci si riferisce ovviamente alla vecchia chiesa abbattuta eretta pressoché sulla sponda del Sile, dove si suppone vi fosse precedentemente fondata la Cappella. Le fondamenta della chiesa abbattuta sono infatti visibili pressoché nel punto in cui oggi s'ipotizza avesse avuto luogo anche l'Oratorio, ma che avrebbe potuto stanziarsi ovunque.
Sin dai primi secoli del cristianesimo, Michele veniva tra l'altro considerato specie presso i Bizantini, come medico celeste nelle infermità e, l'acqua rappresentava la guarigione degli uomini. In oriente è patrono delle acque fluviali e curative, medico guerriero a difesa del popolo cristiano e psicopompo. (Epiteto di divinità nell'antica Grecia) Secondo la tradizione Michele aveva tra i tanti compiti anche quello della pesatura delle anime. Nelle icone cristiano copte viene infatti raffigurato con la bilancia in mano con la quale misura il merito delle anime come la dannazione.
Le tombe e i resti umani emersi al "Quartum".
D'altra parte la Cappella non sarebbe mai sorta col titolo dedicato all'Arcangelo se i Longobardi non avessero vinto la battaglia contro i Bizantini e, nessun altro si sarebbe scomodato nel realizzarla prima del conflitto. Né all'epoca sussistevano a nostro avviso ragionevoli condizioni volte a fondare un paese da dedicare all'Arcangelo Michele. A provare la tesi ci viene in aiuto l'emersione di resti umani sepolti al Quarto Miglio. Vennero alla luce tombe con scheletri dentro e una tavola di marmo su cui emergevano alcuni epitaffi su cui veniva qualificata la stirpe romana degli scheletri giacenti quanto bizantina. E questa, ci sembra la prova più autentica della battaglia e della successiva realizzazione dell'oratorio.
Dietro le mura, sotto i pavimenti, dentro le soffitte
del vecchio S. Michele del Quarto è rimasto
ancora qualcosa della nostra storia.
Si veda per esempio, le pietre tombali, sarcofagi, cremazioni e laterizi spuntati incredibilmente dal sottosuolo.
Ma prima d'inoltrarci nelle relative traduzioni, apprendiamo dalla viva verbalizzazione del protagonista Filiasi, ciò che vide durante gli scavi e che in seguito ripotò nel proprio testo in questi termini: "Dopo un miglio circa trovasi un villaggio chiamato S. Michele del Quarto il quale esisteva pure nei tempi dei Romani, perché posto alla quarta miliaria venendo da Altino e perciò si chiamava Ad Quartum. Questo luogo era abitato anche nel 996, quando l'Imperatore Ottone III e il Doge Pietro Orseolo vi stabilirono un mercato tra Veneziani (11) e i sudditi del Regno Italico. Vi si scopersero delle urne cinerarie ed altre anticaglie e tra queste le due lapidi seguenti". (Vedi sopra)
"Vi trovarono anche dei sarcofagi laterizzi (12) con scheletri dentro ed una larga tavola marmorea con greca iscrizione dal tempo io credo quando Altino rifatto dopo il 452 e che Attila rovinò, non era ancora caduto in potere dei Longobardi".
I dipinti colgono in questa rappresentazione l'Arcangelo Michele mentre combatte il drago. Con tale variante indicano la tradizione cattolica dopo il sec. 1000. In questo periodo infatti, le immagini dell'Arcangelo si fanno sempre più frequenti nei mutamenti cui sopra.
Quella tipica della confessione ariana è invece rappresentato armato della sola spada che sconfigge il demone.
Teodolinda regina longobarda e l'erezione
dell'oratorio.
Nonostante le guerre del 591 fossero davvero deprimenti, spiccava più significatamene l'opera di conversione avviata dalla Regina Teodolinda sostenuta da Papa Gregorio I Magno.
Morto Autari coniuge della Regina si maritò in seconde nozze con Agilulfo che viene incoronato re.
Il compito di Teodolinda non era certo quello del governo, bensì garantire la pace e dare impulso all'opera di evangelizzazione di tante popolazioni barbare fuse ma diverse nel credo. Diede luogo così ad una concezione di vita religiosa identica a tutti: la cristiano romana. Verrà completata nel 653 da Papa Martino I.
Di conseguenza, la Cappella eretta al Quartum divenuta in seguito chiesa, suggerisce che non nacque solo per merito dei Longobardi, ma anche in conformità alla vocazione cristiana della regina. E infatti nel momento in cui Teodolinda si mobilitò per la conversione del suo popolo, ci autorizza affermare con larghi spazi di affidabilità, che in seguito la Cappella al "Quartum" divenne praticamente chiesa sino a formare una vera e propria comunità di credenti.
Di conseguenza, la Cappella eretta al Quartum divenuta in seguito chiesa, suggerisce che non nacque solo per merito dei Longobardi, ma anche in conformità alla vocazione cristiana della regina. E infatti nel momento in cui Teodolinda si mobilitò per la conversione del suo popolo, ci autorizza affermare con larghi spazi di affidabilità, che in seguito la Cappella al "Quartum" divenne praticamente chiesa sino a formare una vera e propria comunità di credenti.
Non vi sono ovviamente elementi certi volti a giustificare l'evento, ma se consideriamo le situazioni, circostanze ed episodi, la presenza e il vissuto dei Longobardi al "Quartum" e di quanto sinora è stato illustrato, ci consente affermare la presenza di molti elementi fondanti. E questo ci permette di cogliere la formazione di un nuovo stato sociale accanto alla chiesa dove vivevano in comunità. A questo va aggiunto l'effetto della romanizzazione in Italia, mezzo col quale i Longobardi divennero in seguito cristiani. Un fenomeno questo che illustreremo più avanti.
Contemporaneamente alla conversione suggerita e poi pretesa dalla Regina, non escluso l'effetto del contatto con le masse italo romane, i Longobardi abbandonarono progressivamente il primitivo linguaggio teutonico, utilizzando il latino parlato dai Vescovi e dal popolo di stirpe italiana.
Ma il fenomeno della romanizzazione si evidenziava in particolare, tra i livelli più alti della società Longobarda e in seguito dai gruppi familiari, parentele e così via. La lingua latino romana infatti, oltre ad imprimere un segno di distinzione, rappresentava una vera e propria ambizione, un vivo desiderio di eguagliare negli atteggiamenti nobili ed elevati, il rango del clero. Cosicché le masse longobarde che un tempo venivano indicate come barbare, accettarono in tutta la penisola italiana la prestigiosa lingua latina incluso la religione cristiana. Merito dunque di Teodolinda. Oggi la Regina Longobarda è venerata Beata, ma la chiesa cristiana sinora non ne ha mai confermato il culto. Regnò l'Italia per 27 anni, dal 598 al 616. E' sepolta in un sarcofago all'interno del Duomo di Monza.
Vedi la regina Teodolinda circondata dalla corte durante una festa. Con l'appoggio di Papa Gregorio si adoperò per la conversione al cattolicesimo dei Longobardi ariani ottenendo notevoli successi. Dopo la morte del coniuge Autari che rimase ariano, sposò Agilulfo duca di Torino e lo convertì alla religione cattolica.
Secondo la tradizione, la regina Teodolinda aveva promesso d'innalzare un tempio a S. Giovanni Battista in attesa di un ispirazione divina. E mentre cavalcava su di una piana ricca di Olmi si fermò a riposare lungo le rive del fiume Lambro. In sogno vide una bianca colomba (Lo Spirito Santo) la quale soffermatasi accanto le disse "Modo" (qui) e lei prontamente rispose "Etiam" (si) e la basilica nacque nel punto in cui la colomba aveva indicato. Dai termini pronunciati dalla colomba "Modo" e dalla Regina "Etiam", sorse Madoetia: l'attuale Monza.
Sull'altare della Cappella a lei dedicata, è conservata la notissima corona del ferro, meglio conosciuta come corona ferrea. Ricca di gemme e oro, vuole la tradizione essere ricavata da un chiodo della croce di Cristo con cui venivano incoronati i re d'Italia.
Nell'odierno Quarto d'Altino e precisamente all'interno della chiesa parrocchiale, non è mai apparsa né si è mai richiamata per condizione e forma, agli eventi che diedero inizio alla prima Cappella stanziata al "Quartum". Tace addirittura da 15 secoli e più, durante i quali ahimè, la cittadinanza non ha mai conosciuto ne ricevuto cenni di storia sul vissuto della regina Teodolinda. Nessun cenno per esempio quando convertì al cristianesimo la cittadinanza di Monza, per quanto dopo la sua morte le dedicarono per ringraziarla, una cappella compresa di altare e sepolcro. Per chi vuole visitare la tomba, si rechi in quella Basilica che lei stessa fece erigere per il popolo divenuto cristiano.
Teodolinda Venerata Beata ma privata del culto.
Ma il fenomeno della romanizzazione si evidenziava in particolare, tra i livelli più alti della società Longobarda e in seguito dai gruppi familiari, parentele e così via. La lingua latino romana infatti, oltre ad imprimere un segno di distinzione, rappresentava una vera e propria ambizione, un vivo desiderio di eguagliare negli atteggiamenti nobili ed elevati, il rango del clero. Cosicché le masse longobarde che un tempo venivano indicate come barbare, accettarono in tutta la penisola italiana la prestigiosa lingua latina incluso la religione cristiana. Merito dunque di Teodolinda. Oggi la Regina Longobarda è venerata Beata, ma la chiesa cristiana sinora non ne ha mai confermato il culto. Regnò l'Italia per 27 anni, dal 598 al 616. E' sepolta in un sarcofago all'interno del Duomo di Monza.
Il sogno della regina.
Sull'altare della Cappella a lei dedicata, è conservata la notissima corona del ferro, meglio conosciuta come corona ferrea. Ricca di gemme e oro, vuole la tradizione essere ricavata da un chiodo della croce di Cristo con cui venivano incoronati i re d'Italia.
Teodolinda appare dipinta tra le dame di corte. E' definita da Papa Gregorio Magno: "proba, benigna e zelante, sollecita a ristabilire la pace, governa col cuore della pietà, retta nella fede, portatrice della civiltà Cristiana". La conversione dei Longobardi continuò con forte opposizione di alcuni duchi di fede ariana i quali iniziando ad esserle ostile, attesero che il figlio Adolardo salisse al trono per poi spodestarlo.
Teodolinda: regina sconosciuta al Quarto Miglio
come lo è nel recente Quarto d'Altino.
Il significato di tanto silenzio, per il quale la nostra parrocchia si è fatta cogliere sprovvista da tanti elementi importanti, emerge il vissuto della Regina su cui a nostro avviso, dipenderebbe dalla scarsità comunicativa e di studio dei relativi parroci. Si considera tuttavia la definizione di Papa Gregorio che aveva assegnato a Teodolinda il titolo di "portatrice della civiltà cristiana", per cui s'ipotizza sia stata proprio Lei, devota peraltro a Michele (Come tutti i Longobardi) l'artefice principale della commutazione del titolo "Ad Quartum" in "S. Michele detto il Quarto" (a cappella eretta ovviamente)
E infatti Teodolinda devota a Michele, pare avesse consentito l'uso del nome in tutto il territorio nazionale, e laddove venivano erette cappelle al Santo, vi nacquero intorno anche le prime chiese, paesi e città.
Per quanto poi Teodolinda sia stata Venerata Beata, non vi sussistono nella recente chiesa in Quarto d'Altino memorie, immagini o altro. Tanto meno su quella abbattuta nel vecchio S. Michele del Quarto dove non è mai apparsa immagine sotto l'aspetto religioso, né quello regale.
Le sembianze, si possono comunque recuperare sui dipinti prodotti nella Cappella di Monza. D'altra parte e vorrei ricordare ancora una volta che, si deve anche a Teodolinda se nel nostro territorio apparve la fede cristiana, pur tra i tanti evangelizzatori giunti dopo le esortazioni della Regina.
S. Michele sconfigge il drago. Anche questa immagine riflette la cristianità dopo il secolo 1000. In questa composizione si nota Michele brandire la spada con la mano destra. Con la sinistra regge uno scudo bianco crociato a forma rettangolare. Veste la caratteristica uniforme medioevale in luogo della romana.
La presenza Longobarda nel veneziano
e nel resto d'Italia.
Come prova dello stanziamento Longobardo nel Veneto emergono 15 persone individuate col cognome "Longobardi". A Venezia città ve ne sono 6 di numero. Nel resto d'Italia la diffusione si allarga sino a 1812.
Nella sola Lombardia se ne contano 102. Ciò non significa che le persone in possesso di tale nome, siano discendenti degli antichi Longobardi. Bensì potrebbe indicare una residenza avuta in luogo stante, e trasmessa in seguito durante il regno longobardico. Il cognome segna comunque un'esperienza vissuta durante l'epoca Longobarda.
L'unica famiglia nel Veneto riconosciuta di discendenza Longobarda, sono i Conti di Collalto. Scesero in Italia qualche secolo prima dell'anno mille, forse col re Alboino. Residenti a Susegana (tv) acquisirono il nuovo cognome dall'omonima località in cui tuttora risiedono, cioè Collalto. (Dal castello di Collalto).
Nella sola Lombardia se ne contano 102. Ciò non significa che le persone in possesso di tale nome, siano discendenti degli antichi Longobardi. Bensì potrebbe indicare una residenza avuta in luogo stante, e trasmessa in seguito durante il regno longobardico. Il cognome segna comunque un'esperienza vissuta durante l'epoca Longobarda.
L'unica famiglia nel Veneto riconosciuta di discendenza Longobarda, sono i Conti di Collalto. Scesero in Italia qualche secolo prima dell'anno mille, forse col re Alboino. Residenti a Susegana (tv) acquisirono il nuovo cognome dall'omonima località in cui tuttora risiedono, cioè Collalto. (Dal castello di Collalto).
Dietro le mura, sotto i pavimenti, dentro le soffitte
del vecchio S. Michele del Quarto è rimasto
ancora qualcosa della nostra storia.
Si veda per esempio, le pietre tombali, sarcofagi, cremazioni e laterizi spuntati incredibilmente dal sottosuolo.
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Le sepolture emerse presso l'odierno S. Michele Vecchio.
Le sepolture emerse presso l'odierno S. Michele Vecchio.
A conferma di quanto è stato inizialmente anticipato, il noto ricercatore e storico Jacopo Filiasi, (citato sopra) scoperse durante alcuni scavi nella zona in cui avvennero i combattimenti tra le opposte forze occupanti, diverse urne cinerarie, anticaglie e due lapidi con le seguenti iscrizioni. (Vedi sotto) Le registrazioni riportate dallo stesso Filiasi sono state riprodotte dal testo dell'eminente storico che a sua volta tolse sul finire del 1700 dalla pietra tombale emersa a S. Michele Vecchio. La prima a sinistra in latino, la seconda in greco antico, a destra.
Ma prima d'inoltrarci nelle relative traduzioni, apprendiamo dalla viva verbalizzazione del protagonista Filiasi, ciò che vide durante gli scavi e che in seguito ripotò nel proprio testo in questi termini: "Dopo un miglio circa trovasi un villaggio chiamato S. Michele del Quarto il quale esisteva pure nei tempi dei Romani, perché posto alla quarta miliaria venendo da Altino e perciò si chiamava Ad Quartum. Questo luogo era abitato anche nel 996, quando l'Imperatore Ottone III e il Doge Pietro Orseolo vi stabilirono un mercato tra Veneziani (11) e i sudditi del Regno Italico. Vi si scopersero delle urne cinerarie ed altre anticaglie e tra queste le due lapidi seguenti". (Vedi sopra)
"Vi trovarono anche dei sarcofagi laterizzi (12) con scheletri dentro ed una larga tavola marmorea con greca iscrizione dal tempo io credo quando Altino rifatto dopo il 452 e che Attila rovinò, non era ancora caduto in potere dei Longobardi".
(La certezza sull'occupazione dapprima di Attila e in seguito Longobarda e relativa battaglia al "Quartum, secondo lo storico Filiasi è del tutto veritiera, né pare aver dubbi, sulla nazionalità dei resti umani emersi)
Vi sono dunque tutte le condizioni necessarie secondo le quali il Filiasi ritiene che il "villaggio chiamato S. Michele del Quarto" venne occupato dai Longobardi dopo la venuta di Attila, come del resto è stato per Altino e Oderzo. (13) A parte le datazioni più o meno significative, si ritiene più importante cogliere i termini del Filiasi nei quali egli dichiara che Altino e di riflesso anche il Quartum, "non era ancora caduto in mano dei Longobardi". Ciò significa che caddero successivamente.
Tutt'altro significato esprime invece l'epigrafe in lingua Greca cui il Filiasi vorrebbe tradurre nel suo vero significato e pur nel dubbio trascrive in questi termini: "sembra dire che qualche opera di riguardo colà facesse un Greco di distinzione che forse in Altino comandava per la Corte di Bisanzio". (14) Il termine "comandava" legato ai resti dell'ignoto militare greco il cui nome e grado si potrebbe ricavare dall'epitaffio, fa ovviamente ipotizzare ad un presidio militare istituito al "Quartum", dove appunto avvennero gli scontri.
Vi sono dunque tutte le condizioni necessarie secondo le quali il Filiasi ritiene che il "villaggio chiamato S. Michele del Quarto" venne occupato dai Longobardi dopo la venuta di Attila, come del resto è stato per Altino e Oderzo. (13) A parte le datazioni più o meno significative, si ritiene più importante cogliere i termini del Filiasi nei quali egli dichiara che Altino e di riflesso anche il Quartum, "non era ancora caduto in mano dei Longobardi". Ciò significa che caddero successivamente.
Tutt'altro significato esprime invece l'epigrafe in lingua Greca cui il Filiasi vorrebbe tradurre nel suo vero significato e pur nel dubbio trascrive in questi termini: "sembra dire che qualche opera di riguardo colà facesse un Greco di distinzione che forse in Altino comandava per la Corte di Bisanzio". (14) Il termine "comandava" legato ai resti dell'ignoto militare greco il cui nome e grado si potrebbe ricavare dall'epitaffio, fa ovviamente ipotizzare ad un presidio militare istituito al "Quartum", dove appunto avvennero gli scontri.
(11) - Il commento del Filiasi riconferma quanto aveva già citato sul mercato istituito dai veneziani a S. Michele del Quarto. Si veda a proposito le sue conclusioni sui volumi relativi ai "Veneti Primi e Secondi" dove in entrambi i testi, egli sostiene la medesima tesi. Probabilmente il Filiasi sostando a lungo al Quartum, accertò come in seguito si rese conto anche il Pavanello, dell'attività commerciale di Venezia sino alla caduta del 1779. Motivo per cui poco dopo, il mercato venne riattivato da mercanti della zona.
(12) I Laterizi emersi tra le sepolture segnalate dal Filiasi sono senza dubbio di fattura romana, all'epoca infatti non esistevano atri mattoni se non quelli fabbricati nelle loro fornaci. (Vedi esempio la fornace delle Crete) Se poi si considera che quei laterizi emersero proprio nel Vico fondato da Roma, si potrebbero collegare alle Altinelle ritrovate sotto forma di fondamenta, nell'orto di S Michele Vecchio. (Vedi premessa al testo)
E' noto d'altra parte come i mattoni recuperati venissero conservati come oro colato dai proprietari dei fondi, e probabilmente riusati in altre attività. Non andavano certo al macero come si usa attualmente
(13) E' dunque evidente che Altino cadde contemporaneamente nella stessa battaglia sostenuta al Quartum. (S. Michele Vecchio) Per cui il Filiasi stabilisce l'insediamento Longobardo al Quartum a partire esattamente dall'epoca dello scontro.
Era dunque destino che i primi barbari dovessero stabilirsi laddove esistevano larghi spazi per l'agricoltura, per l'acqua del fiume Sile e per l'utilizzo di una strada diretta a Treviso: l'Altinum-Tarvisium. I Longobardi ripetiamo, non avevano nessuna dimestichezza con l'arte della navigazione, mezzo col quale il fiume Sile gli avrebbero portati a Treviso. Prediligevano come pare ovvio, le strade aperte da Roma e, l'Altinum-Tarvisium era una delle rare se non l'unica nella zona, diretta alla città.
(14) - Per distinzione s'intende classificazione. Una personalità dunque dai connotati maschili e che secondo il Filiasi corrispondono ad un milite Greco.
Le urne cinerarie.
(14) - Per distinzione s'intende classificazione. Una personalità dunque dai connotati maschili e che secondo il Filiasi corrispondono ad un milite Greco.
Le urne cinerarie.
In realtà, non si conosce se la traduzione del Filiasi corrisponda nei termini di quanto esprimono gli stessi epitaffi. Quello in greco antico e che lo stesso Filiasi definisce "sembra dire", (indicativo dunque) potrebbe altrimenti riferirsi a sepolture avute luogo dopo e non prima della battaglia. E questo potrebbe valere anche per le urne cinerarie in laterizio (All'epoca si usava in terracotta) dove si chiudevano i resti delle cremazioni su cui il Filiasi non cita il numero né i nominativi.
Se poi non riporta neanche la datazione, potrebbe significare la parziale o completa assenza. Né, sono indicati segni, tracce o altro caratterizzati da fatti o situazioni avvenuti prima o dopo lo scontro armato. Dalla circostanza confusa, pare quasi che le inumazioni siano state composte frettolosamente o quanto meno predisposte al compimento, dove più tardi venne collocata la tavola in marmo completata dalle epigrafi. La realizzazione di un'unica tavola marmoreo su tre inumazioni, fa peraltro supporre ad un rapporto di parentela avuto da viventi. Come del resto sono le urne cinerarie collocate accanto e che il Filiasi riporta ma non enumera. Nulla toglie in ogni caso l'attendibilità della battaglia dimostrata in seguito dai ritrovamenti funerei del Filiasi e dalle armi emerse presso l'odierna villa Pasini di S. Michele Vecchio. (Vedi cit. sul paragrafo sopra: "La scoperta delle armi")
Le armi emerse al "Quartum" presso l'antica residenza dei vescovi e dei prelati al seguito.
Qualcosa è comunque rimasto. Tra cui, le armi da taglio emerse dalle arature effettuate nella zona del vecchio S. Michele del Quarto, un ricordo che sopravvive ancora tra la famiglia colona Piovesan. Il casato infatti, conservò per lunghi anni alcuni cimeli arrugginiti appesi tra le pareti della propria stalla. Vennero attribuiti al fatto d'armi accaduto e consumato al Quarto Miglio, dopo che ovviamente la famiglia conobbe lo storico rinvenimento del Filiasi. (16)
Se poi non riporta neanche la datazione, potrebbe significare la parziale o completa assenza. Né, sono indicati segni, tracce o altro caratterizzati da fatti o situazioni avvenuti prima o dopo lo scontro armato. Dalla circostanza confusa, pare quasi che le inumazioni siano state composte frettolosamente o quanto meno predisposte al compimento, dove più tardi venne collocata la tavola in marmo completata dalle epigrafi. La realizzazione di un'unica tavola marmoreo su tre inumazioni, fa peraltro supporre ad un rapporto di parentela avuto da viventi. Come del resto sono le urne cinerarie collocate accanto e che il Filiasi riporta ma non enumera. Nulla toglie in ogni caso l'attendibilità della battaglia dimostrata in seguito dai ritrovamenti funerei del Filiasi e dalle armi emerse presso l'odierna villa Pasini di S. Michele Vecchio. (Vedi cit. sul paragrafo sopra: "La scoperta delle armi")
Le armi emerse al "Quartum" presso l'antica residenza dei vescovi e dei prelati al seguito.
Qualcosa è comunque rimasto. Tra cui, le armi da taglio emerse dalle arature effettuate nella zona del vecchio S. Michele del Quarto, un ricordo che sopravvive ancora tra la famiglia colona Piovesan. Il casato infatti, conservò per lunghi anni alcuni cimeli arrugginiti appesi tra le pareti della propria stalla. Vennero attribuiti al fatto d'armi accaduto e consumato al Quarto Miglio, dopo che ovviamente la famiglia conobbe lo storico rinvenimento del Filiasi. (16)
D'altra parte, se le armi emerse fossero state esaminate dagli esperti come del resto si sarebbe dovuto fare, avrebbero verosimilmente corrisposto alla battaglia svelando l'occupazione Bizantina e quella Longobarda. Stessa probabilità si sarebbe potuto ottenere durante gli scavi per l'erezione delle scuole elementari. (17) Ma queste purtroppo, se si considera la distanza e il luogo in cui emersero, fanno pensare ad un evento diverso benché legato all'epoca medesima.
(16) La famiglia colona Piovesan abitava nell'odierna Villa Pasini di S. Michele Vecchio. Una foto del 1938 la ritrae davanti alla stessa abitazione colonica risalente però al 1563. In passato veniva utilizzata come residenza dei parroci e dei Vescovi di Torcello. S'ipotizza quindi che le armi siano emerse tra i fondi di S. Michele Vecchio, in prossimità del Sile dove tuttora sussiste l'antica residenza dei parroci, oggi restaurata e mutata in Villa.
(17) Tra il 1932/33 durante scavi per l'erezione delle scuole elementari, emersero armi da taglio e anfore. Il vasellame in terracotta andò purtroppo distrutto accidentalmente dai colpi inferti dai picconi. La vicinanza dei resti archeologici emersi presso la via Claudia Augusta fecero supporre alquante ipotesi. La notizia è stata pubblicata sull'opuscolo patronale relativo alla 18^ festa S. Michele 2004. D'altra parte, la persona autorevole che vide le armi ne pretese la consegna. Dal recupero archeologico si sarebbe potuto risalire all'epoca dei cimeli in ferro.
Durante la recente demolizione delle citate scuole elementari, raccolsi alcuni mattoni sul frontespizio dei quali stava impresso in un'unica lettera alfabetica, il titolo della fornace fabbricante.
Qualche anno dopo, durante l'abbattimento di un vecchio stabile lungo la via Claudia Augusta emersero mattoni dagli stessi caratteri grafici. Custoditi entrambi dallo scrivente sarebbe interessante ricavare dalle stampigliature, il nome del proprietario della fornace. E' in atto comunque uno studio, al termine del quale verrà pubblicata la stampigliatura, il titolare della fornace e chi si appropriò dei reperti.
La conversione Longobarda.
Concludendo il leggendario vissuto dei Longobardi al "Vicus ad Quartum" e di quel poco di quanto è stato reso noto della nascita del borgo successivo, emerge tuttavia la necessità di aggiungervi alcune circostanze dovute alla conversione cristiana. Un mutamento di fede noto da secoli ma che giunse in una breve temporalità durata appena circa 50 anni. (15)
Se al mutamento piuttosto generalizzato vi dovessimo aggiungere anche quel coacervo di tribù nomadi sempre sul sentiero di guerra come i Gepidi, gli Svevi, Sassoni e Slavi, popoli implacabili, duri, sanguinari e senza pietà non meno degli stessi Longobardi, viene allora da chiedersi, come mai abbiano potuto piegarsi e gettarsi tra le braccia del cristianesimo in così breve tempo.
Non fu nemmeno risolutiva a nostro avviso, la richiesta della regina Teodolinda che com'è noto, non lanciò un ordine categorico bensì espresse il solo desiderio della conversione, come del resto fece Papa Gregorio. Quali allora le cause? Se ve ne sono e pare proprio ve ne siano, si dovrebbero attribuire anzitutto alla bilancia dipinta sulle icone Copte, quelle in cui l'Arcangelo Michele protende ad ogni peccatore il timore della pesatura delle anime.
Se al mutamento piuttosto generalizzato vi dovessimo aggiungere anche quel coacervo di tribù nomadi sempre sul sentiero di guerra come i Gepidi, gli Svevi, Sassoni e Slavi, popoli implacabili, duri, sanguinari e senza pietà non meno degli stessi Longobardi, viene allora da chiedersi, come mai abbiano potuto piegarsi e gettarsi tra le braccia del cristianesimo in così breve tempo.
Non fu nemmeno risolutiva a nostro avviso, la richiesta della regina Teodolinda che com'è noto, non lanciò un ordine categorico bensì espresse il solo desiderio della conversione, come del resto fece Papa Gregorio. Quali allora le cause? Se ve ne sono e pare proprio ve ne siano, si dovrebbero attribuire anzitutto alla bilancia dipinta sulle icone Copte, quelle in cui l'Arcangelo Michele protende ad ogni peccatore il timore della pesatura delle anime.
(15) - Dal 598 epoca di Teodolinda, completata nel 653 da Papa Martino.
La pesatura delle anime e
il timore dei Longobardi.
Tutte le descrizioni antiche cui Michele appare in veste di combattente e procuratore della giustizia, fanno comprendere quanto l'Arcangelo fosse considerato dai barbari il protettore degli eserciti. Una protezione invocata dagli eretici e superbi Longobardi, quanto dagli stessi cristiano-ortodossi di Bisanzio. Entrambi a contatto con la morte durante le battaglie, con le quali avevano stabilito mezzo l'Arcangelo un rapporto con l'aldilà, temevano più la bilancia brandita da Michele che le guerre affrontate senza timore.
Al probabile trapasso causato durante i combattimenti, seguiva la pesatura dell'anima, il giudizio di Dio e quindi il timore della dannazione eterna. Questa la causa prima della rapida conversione Longobarda. (Non tutti comunque si convertirono) Lo stesso turbamento veniva avvertito anche tra i bizantini, ma questi rientrando nella sfera del cristianesimo, mezzo col quale combattevano l'arianesimo, prevedevano o forse s'illudevano il merito di un possibile perdono. Perdono al quale i Longobardi non credendo nella Divinità del Cristo Risorto, si rivolgevano più fiduciosi al mediatore dell'Onnipotente: l'Arcangelo Michele.
A questo punto il dio della guerra venne definitivamente sconfitto. Ucciso non dagli oppressi cristiani bensì dalla sperimentata pratica degli errori fatali dei barbari. Ed anche per mezzo della forza interiore di chi ha saputo pazientare e redimere chi non apparteneva alla loro civiltà: il cristianesimo.
A questo punto il dio della guerra venne definitivamente sconfitto. Ucciso non dagli oppressi cristiani bensì dalla sperimentata pratica degli errori fatali dei barbari. Ed anche per mezzo della forza interiore di chi ha saputo pazientare e redimere chi non apparteneva alla loro civiltà: il cristianesimo.
L'auspicata emersione.
I moderni cingolati
E tra le cose nascoste non rapinate e ben conservate potrebbero chissà scaturire le fondamenta o i resti sepolti di quella che fu la Cappella eretta dai Longobardi. Non conosciamo se durante le recenti trasformazioni del territorio, (al Quarto Miglio) sia potuto emergere qualcosa di interessante. Ma supponendo veritiero il fatto non segnalato dall'uomo, peraltro al corrente del lunghissimo responso archeologico, obbligava proprietari e lavoranti durante l'erezione del proprio alloggio, a distruggere coi cingolati ciò che restava della millenaria civiltà emersa ai loro occhi. Va precisato che nel nostro territorio, episodi simili si sono già verificati.
Una cappella moderna da erigere
Una cappella moderna da erigere
simile a quella Longobarda.
Sarebbe dunque auspicabile erigere non altro per ricordo, una modestissima cappellina sul terreno del vecchio S. Michele del Quarto, simile nella struttura a quella Longobarda. L'affinità tra il recente e l'antico, orienterebbe i residenti a rendere giustizia alla memoria, tramandando ai posteri il culto per l'Arcangelo iniziato da quel miscuglio di popolazioni eretiche venute dal nord.
Sarebbe dunque auspicabile erigere non altro per ricordo, una modestissima cappellina sul terreno del vecchio S. Michele del Quarto, simile nella struttura a quella Longobarda. L'affinità tra il recente e l'antico, orienterebbe i residenti a rendere giustizia alla memoria, tramandando ai posteri il culto per l'Arcangelo iniziato da quel miscuglio di popolazioni eretiche venute dal nord.
A partire da questa esigenza che si spera possa realizzarsi, l'Arcangelo Michele ritornerà finalmente a rivestire quel ruolo che aveva abbandonato nel 1905... non per sua volontà. (18)
Sullo spazio che aveva occupato per secoli, ora non esiste più nulla, (se si esclude il titolo rimasto) di ciò che aveva causato tanto dolore all'inerme popolazione. L'originaria dimora di Michele però è sempre là, è spiritualmente stanziata presso lo stesso Vico cui ieri, gli inflessibili teutonici posero la prima pietra.
Auspicando quindi un possibile ritorno nel luogo in cui Michele si stanziò durante la battaglia, perpetuerebbe in tal modo il culto iniziato mille anni fa dai barbari, eternando così la memoria popolare a quelle a venire.
(18) Il 1905 corrisponde all'anno dell'inaugurazione della recente chiesa di Quarto d'Altino, causa che, il titolo dell'Arcangelo venne trasportato nel nuovo centro cittadino. La transizione rese orfano il titolo della chiesa demolita ma quello del vecchio borgo rimase. Si ricorda inoltre che la prima chiesa eretta dai Longobardi e quella settecentesca ora abbattuta, ospitò i barbari cristianizzati per 10 secoli e 271 anni. Un periodo dunque non facilmente dimenticabile.
Il giorno della memoria.
Fermo restando l'esito favorevole, laddove la partecipazione dei parroci di Quarto d'Altino non dovrebbe mancare col proprio Vescovo nel giorno in cui verrà benedetto il nuovo l'Oratorio, accanto al quale verranno rievocati alcuni episodi dell'epoca Longobarda ricavati dalle memorie del Diacono Paolo.
E in una rapida successione di eventi, verranno narrati gli scontri, i conflitti, i duelli e gli armistizi continuamente traditi dai barbari. Verrà così sconfitto il vento della dimenticanza dove tra una memoria e l'altra, emergeranno le ingiustizie praticate dai barbari e i tormenti subiti dal popolo. Nel contempo affioreranno anche le rivalse e le successioni dinastiche, gli imperi che hanno mandato in rovina e di un popolo liberato che ha dovuto camminare sui solchi obbligati della storia.
E i solchi come si sa, sono spaccature profonde, sono strade obbligate dalle quali non è possibile separarsi. E appunto perché non si possono evitare, hanno trascinato viaggiando a ritroso anche quel personaggio considerato meno di niente, ma che chinato sui libri ha offerto alla popolazione di Quarto d'Altino, qualcosa di utilità generale fiducioso di fare cosa gradita. E in questo lungo viaggiare concluso ben oltre le soglie del VII secolo, non negativo bensì ricco di sorprese ed esperienze, hanno consentito all'autore del testo, di stringersi attorno alla magica e sconosciuta regina Teodolinda, Venerata Beata ma privata del culto.
Fine ottavo capitolo
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Iconografia micaelica conosciuta
nelle seguenti varianti.
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Iconografia micaelica conosciuta
nelle seguenti varianti.
(1)... impugna con la mano destra una spada, con la sinistra regge
una sfera (il globo terrestre) sormontato da una croce.
una sfera (il globo terrestre) sormontato da una croce.
(2)... con la mano destra tiene il pastorale, con la sinistra
il globo sormontato da una croce e da una lunga fune.
il globo sormontato da una croce e da una lunga fune.
(3)... con la destra regge il pastorale come fosse una lancia
con la quale trafigge il drago.
La sinistra tiene una sfera (la terra) sormontata da croce.
con la quale trafigge il drago.
La sinistra tiene una sfera (la terra) sormontata da croce.
(4)... la mano destra regge il pastorale e la sinistra
una sfera sormontata da croce.
una sfera sormontata da croce.
(5)... la destra tiene la bilancia e la sinistra
il rotolo della legge.
il rotolo della legge.
(6)... la destra brandisce la spada e con
i piedi schiaccia il demone.
i piedi schiaccia il demone.
(7)... la destra impugna una lancia che trafigge il drago,
la sinistra la Bibbia.
la sinistra la Bibbia.
(8)... la destra impugna una lancia con la quale
trafigge il drago sotto piedi.
La sinistra regge la bilancia.
trafigge il drago sotto piedi.
La sinistra regge la bilancia.
(9)... la destra brandisce la spada e la sinistra una lunga catena.
Il drago è schiacciato sotto i piedi.
Il drago è schiacciato sotto i piedi.
(10). la destra regge sguainata la spada e la sinistra
una bilancia per la pesatura delle anime.
(Immagine tipica paleocristiana)
(11). la mano destra impugna la spada, la sinistra regge una catena,
il demone appare sotto i piedi.
(12). In versione con la bilancia nell'originale del Santuario
Michaelion a Bisanzio (Istanbul) portava il Globo Crucigero
in luogo della bilancia.
una bilancia per la pesatura delle anime.
(Immagine tipica paleocristiana)
(11). la mano destra impugna la spada, la sinistra regge una catena,
il demone appare sotto i piedi.
(12). In versione con la bilancia nell'originale del Santuario
Michaelion a Bisanzio (Istanbul) portava il Globo Crucigero
in luogo della bilancia.
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Per saperne di più
Michele viene comunemente rappresentato come un essere alato forte e maestoso, in armatura con la spada o la lancia, spesso nell'atto di trafiggere il demonio. L'iconografia bizantina predilige invece l'immagine dell'Arcangelo in abiti da dignitario di Corte. Oltre ad essere il comandante dell'esercito celeste, Michele è anche il giudice delle anime dopo la morte che pesa con una bilancia: attributo tipico legato all'idea di giustizia e di giudizio equilibrato.
Michele rappresenta anche chi è disposto a difendere la propria fede contro ogni tentazione e il suo nome viene spesso utilizzato nelle pratiche esorcistiche. Di origine orientale il culto dell'Arcangelo, appartiene a moltissime tradizioni, compresa quella islamica, (1) che lo definisce "Angelo della sostanza".
L'imperatore Costantino, a partire dal 313 d.C, gli tributò una particolare devozione fino a dedicargli il Michaelion, un imponente santuario fatto costruire a Costantinopoli. Alla fine del V sec. (400) il culto si diffuse in tutta Europa e in seguito all'apparizione di Michele sul monte Gargano in Puglia, coinvolse particolarmente il popolo guerriero dei Longobardi.
L'Arcangelo viene ancora oggi invocato per ottenere la buona morte, ed è considerato il protettore dei poliziotti, dei fabbricanti di bilance e degli schermitori. La sua festa si celebra il 29 settembre, ma anche l'8 maggio, ricorrenza della prima apparizione di Michele sul Gargano.
(1) - Va ricordato per ragioni esclusivamente storiche, che la tradizione islamica in Palestina, nacque ben otto secoli dopo la crocefissione di Gesù di Nazareth. Per cui Michele era già abbondantemente conosciuto molto prima di tale avvento, quando appunto il cristianesimo era oramai diffuso in tutta Europa, in particolare sui lembi dell'Africa settentrionale.
A presto.
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