Capitolo 14° - 2005 - Celebrazioni per 100° anniversario della chiesa di Quarto d'Altino



Pazientare nella lettura è la virtù necessaria che permette di capire la storia qualora si è seriamente intenzionati introdursi nella quotidianità dei popoli e negli ideali del loro tempo. (AB) 


Per facilitare la lettura si consiglia di seguire per ordine di successione i capoversi colorati in blue. In caso contrario s'incontrerebbero malintesi.



     Capitolo quattordicesimo - 2005 ** 
integrato nel 2019   
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Celebrazioni per il 100° anniversario per la chiesa di Quarto d'Altino e...
il segno propizio giunto dall'Oratorio
"alla Casona"


                                              Breve premessa 

Il testo parrocchiale del 2005 per il 100° anniversario della chiesa di Quarto d'Altino, stato escluso sinora dal mio blog, viene ora riproposto mediante notizie aggiuntive, accorgimenti, curiosità, eventi ed altro.  Ma non è questa la sola ragione che mi spinge a rendere noto agli amici e simpatizzanti, quanto di più interessante apprenderanno nel contenuto che segue. 

La dedica

Mi riferisco ad alcuni episodi sconosciuti alla cittadinanza, al lettore e anche a chi mi segue casualmente su Internet, se si esclude l'emerito parroco Fassina don Gianni che in quella mattinata del 3 aprile 2005 si rese testimone della dedicazione riservata al sottoscritto, compilata di pugno dal Patriarca mons. Angelo Scola in mia presenza. 
Un riconoscimento e un ricordo dal quale sarà ben difficile separarsi, ricevuto peraltro con affettuosa riconoscenza su di un evento unico narrato in occasione del 100 ° anniversario della nostra chiesa.  Durante la breve dedica appuntata su di una pagina dello stesso opuscolo, rivolsi simultaneamente lo sguardo al parroco che in quel momento d'intervallo, roteava le pupille dalla contentezza esprimendo in tal modo l'approvazione del  Patriarca. 
E io stesso in uno stato di grazia, sottolineavo a mons. Scola quel ciclo di seminari compiuto presso l'archivio Patriarcale per lo studio di storia locale programmato e autorizzato da don Gianni.
  
Dal mio punto di vista fu ovviamente un episodio significativo, apprezzabile spero, anche per chi lo apprende solamente dopo 15 anni dall'evento. Cosicché, m'imposi, dato l'attuale circostanza, d'integrare il vecchio fascicolo narrando alcuni episodi nei quali durante l'anniversario non si è potuto prevederne lo svolgimento. Meno ancora in quelle stringatissime pagine di storia consentite dal parroco don Gianni Fassina, legato purtroppo allo spazio e ai costi del volumetto.   

Concluso il centenario, continuai a descrivere gli accadimenti della parrocchiasino a quando l'avvicendamento dei rispettivi sacerdoti mutò il ventennale e prolifico disegno storico del Fassina. E mutando il modello, vennero anche sostituite o annullate molte altre prospettive legate agli eventi locali, tra cui per esempio, alcuni contenuti storici già realizzati o in via di realizzazione. E con loro, vennero bloccati anche i miei ricordi stesi nero su bianco, vissuti nel precedente ventennio.   

Ebbene, durante il secondo periodo amministrato dal nuovo direttivo, percepii nei miei confronti un certo ingiustificato distacco, valutato a tutta prima da un diffuso scetticismo, il quale mi autorizzò poco dopo, di accedere su internet e dedicarmi su di un blog personale scrivendo quanto non avevo potuto rendere pubblico dopo l'avvicendamento.   

Una sfiducia direi, non facilmente rilevabile qualora il lettore non riesca  capire per mio unico difetto, le circostanze occasionali dai dati prettamente storici, che verranno non a caso illustrati nel proseguo della narrazione. Cosicché ponendo il tutto in un quadro più ampio reso più comprensibile, si potrà ricavare molto più di quanto è stato pubblicato nel testo ufficiale di 15 anni addietro.  

In più, le persone impegnate nella lettura, potranno soffermarsi sul termine "dono" testificato in calce dal sacerdote Dorigotti Pietro (segretario personale ed esecutore testamentario dell'eredità Mutti) e riportato in seguito dal sottoscritto sul citato opuscolo del 2005. 
Quattordici anni dopo il dott. Ivano Sartor, non perfettamente al corrente sul caso Mutti cadeva su di un grossolano errore, causato dal termine "dono" (compilato di pugno dal Dorigotti)  il che fa supporre avesse effettuato la lettura troppo sbrigativamente. 
E nell'errata contrapposizione, negava persino la finalità dell'opera Pia del donatore del fondo, sig. Bressanin.  (Vedi i due precedenti capitoli)    

Inoltre, l'attuale capitolo n°14° completa i precedenti n°12° e n°13° consentendo agli appassionati per la storia della chiesa dell'attuale Quarto d'Altino, non escluso il territorio, di apprendere il resto della vicenda Mutti conclusasi com'è noto, con l'intervento di Papa Sarto.  
Seguirà la narrazione del provvido segno emerso dall'Oratorio detto alla "Casona" su cui sinora nulla è stato trattato se non rimasto nelle memorie di quanti videro e vissero gli eventi. Situazione per la quale in seguitò agli episodi, vennero gradualmente evolversi sviluppandosi nella coscienza.
                                                                       
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 Parte prima

La chiesa lontana dal popolo frequentatore

Il Patriarca di Venezia Card. Mutti, udite alcune incongruenze causate dalla posizione in cui giaceva la vecchia chiesa, chiedeva paziente ai parroci di S. Michele del Quarto, quali fossero le cause. 
Apprese infine le lamentele, tra cui si evidenziava l'inadeguata centralità della chiesa, l'insufficienza nel contenere i fedeli, le strade fangose inidonee a percorrerle, fuori mano peraltro dai residenti più lontani i quali costretti transitarvi per 7 chilometri a piedi, comportava per parte della popolazione, disagi, ritardi e assenze. 

Le incresciose contraddittorietà, vennero infine valutate con attenzione da Sua Ecc. Card. Mutti, che avendo frattanto ricevuto in dono un'appezzamento di terreno dal Sig. Bressanin, intendeva realizzare su quel fondo la nuova chiesa.

Quella zona è oggi riconoscibile dove attualmente sorge il complesso "Borgoquarto" presso cui scorrono le acque del fiume Sile. La zona compresa veniva chiamata per verbo del Patriarca, "La scarpa di Musestre", o meglio la scarpata o argine posto al di là del medesimo fiume. Ma poiché l'area si collocava in un zona piuttosto disturbata, non adatta in altri termini per le pratiche religiose, provocava nel Patriarca alquanti dubbi.  

A determinarne le difficoltà, sarebbe dipeso con ampio spazio di credibilità, dalla presenza di un cantiere per la costruzione e riparazione barche e battelli piazzato "sulla contrada del Cason", (cit. Mutti) ragione per cui la chiesa non avrebbe mai potuto possedere secondo il Mutti, l'auspicata collocazione. 
Balzava inoltre agli occhi del Patriarca, il permanente via vai sul passo a barche, anche su quello a zattera applicata da una riva all'altra mediante trasporto carriaggi agricoli e simili, e inoltre, la continuata presenza delle lavandaie presso il greto del fiume. Ritenne perciò quello spazio donato  dal Bressanin non adatto a fondare una chiesa. 
Propose quindi al cavalier De Reali la permuta del fondo stesso, con altrettanto equivalente in una zona più centrale. Lo scambio avvenne il 15 gennaio 1854. 

Frattanto il presule, aveva raccolto attorno a sé la cittadinanza più autorevole, chiedendo quale fosse il luogo più adatto e che avesse nello stesso tempo, facilitato anche l'accesso ai fedeli più lontani.  
Ai tanti suggerimenti emergeva in particolare l'ampliamento della chiesa esistente con modica spesa e per questo motivo vennero anche realizzati dei progetti conservati tuttora nell'archivio parrocchiale. Altri invece la volevano eretta nei pressi dell'Oratorio detto "Alla Casona" (La chiesetta dell'attuale Madonna del Carmine in Via Claudia Augusta) Taluni invece, la vedevano meglio collocata fronte il capitello "Bozza" e Cà Foscoletto". (1) 

(1) La proposta di quest'ultimo nucleo si rifà al terreno dove avverrà la permuta a fronte della vecchia sede municipale. 
Più avanti vedremo mediante foto, l'autentica posizione del già accennato capitello "Bozza", abbattuto in quanto occludeva il portale nord della chiesa. 

Udita la maggioranza, decise infine da" costruirsi sulla linea della strada che porta verso "Gaio..." (l'attuale Gaggio) "e che fronteggia il Sile". 
Dall'annuncio si capisce che la via per Gaggio era di fatto aperta e che oggi corrisponde all'odierna via Stazione, ex Pascoloni. (Toponimo tratto da Cà Pascoloni) (2) - All'epoca della permuta, la strada detta dei Pascoloni non era spaziosa tanto quanto la si nota oggi, bensì piuttosto angusta, in terra battuta e di proprietà privata. 

In essa transitavano carri di ogni tipo diretti allo scalo portuale sul Sile. Dal verso opposto seguendo il tracciato in line retta per Gaggio, doveva raggiungere ma non è certo, l'antica città di Povegliano. (L'attuale S. Liberale di Marcon) Si riteneva inoltre, che il viale fosse stato realizzato, secondo lo sviluppo aperto a rettifilo, dagli antichi romani. Ma la sua antichità si fonda anzitutto sui reperti archeologici emersi nei primi anni del XX sec. quando lungo la medesima via chiamata allora "dei Pascoloni", emersero tra i fondi agricoli della stessa Cà Pascoloni, notevoli resti dell'epoca romana. (3)

(2) Oggi la strada ex Pascoloni è nota col titolo di via Stazione, originariamente però era un unico viale legato all'attuale via della Resistenza che a causa del passaggio ferroviario, venne divisa in due tronchi. Sulla stessa Cà Pascoloni narreremo alcuni ricordi di quanti avevano potuto vedere l'imponente mezzadria, nei pressi della quale come citato, emersero numerosi reperti. Per quanto riguarda la direzione della strada per Gaggio, si veda il capitolo n°9, parte seconda, nota a margine n° 10. (1997)

(3) Si è voluto così ampliare la vicenda Mutti, non tanto per gli scavi archeologici, sconsigliati in un'ambito in cui si parla di altro e neanche per quanti non hanno potuto seguire i capitoli precedenti. Bensì far osservare ai lettori che la chiesa eretta da Pio X, avrà un orientamento diverso di quanto aveva progettato nel 1843 il Patriarca Mutti. La diversità fra l'una e l'altra è infatti registrata mediante planimetria curata dall'ingegnere Fuin. A margine del foglio si legge che la porta maggiore è proiettata verso il punto cardinale Ovest, all'opposto rispetto al portale d'entrata aperto da Pio X. 

L'abside della chiesa del Mutti
orientata verso il  Sole che Sorge

Nel progetto dell'ingegnere Fuin, (1854) venne infatti previsto tra le tante modifiche, che l'ingresso principale della chiesa fosse orientato secondo tradizione sul punto cardinale Ovest, dove oggi si stanzia la recente canonica eretta tra il 1906/7. 
Di conseguenza l'altare maggiore o abside, doveva necessariamente orientarsi a levante, in direzione cardinale Est, sulla strada che corre di fronte diretta per Gaggio. (Per Gaio, cit. Mutti) Per antica consuetudine dunque, il Mutti e lo  stesso ingegnere Fuin, posero l'Abside rispettando le direttive canoniche dell'epoca, "Versus solem Orientem" simbolo della Croce e della Vittoria. 
L'orientamento si può notare a margine del mappale firmato dall'ingegnere Fuin dove si legge: "Prospetto principale della chiesa a lato di Ovest della strada". (3) Orientata quindi verso il tramonto.
 
(3) L'abside quindi veniva obbligatoriamente orientata ad est. Per quanto riguarda la strada citata dal Mutti, si tratta di quella diretta per Gaggio, ieri via Pascoloni, oggi via Stazione
  
L'antica usanza sfuggita all'attenzione del Dott. Ivano Sartor. 

D'altra parte l'usanza dell'epoca, pare non sia stata neanche notata nella pubblicazione del settembre 2018 dal Dott. Ivano Sartor. (Vedi su "Storia della chiesa di S. Michele di Quarto d'Altino") 
Una svista s'immagina, per la quale la popolazione di Quarto d'Altino non si sarebbe mai rassegnata ad una esclusione storica tanto importante. Ora, è noto che venne scoperta e pubblicata dal sottoscritto durante la stesura del caso Mutti. (1998) La paternità va pertanto assegnata a chi dall'anno citato  ne era al corrente e  quindi va restituita ai residenti e parroci che avranno qualcosa da narrare ai ragazzi della dottrina cristiana. E anche a quanti sapranno apprezzarla come novità. Si spera lo possa gradire anche al Dott. Sartor, che ignaro della scoperta avuta luogo dal sottoscritto, non saprebbe probabilmente come rispondere.

Per la stessa ragione, si vedano anche gli ingressi  maggiori delle chiese settecentesche di Musestre, Casale sul Sile e quella abbattuta in S. Michele del Quarto, laddove i portali di entrata appaiono tutti compresi rivolti ad ovest. Non è pertanto un evento casuale se le Absidi delle tre chiese citate, sono state in antico e secondo precetto canonico necessariamente rivolte ad Est.  

Papa Pio X. modificando l'antica direttiva, eresse la chiesa nel nuovo S. Michele del Quarto destinando l'entrata principale sulla via che in seguito  verrà titolata via Stazione, cioè, l'ex via Pascoloni diretta per "Gaio". Si trattò davvero di una scelta meditata in quanto l'ingresso completato da un sagrato piuttosto ampio, verrà utilizzato dai ragazzi durante gli abituali divertimenti e giochi giornalieri. (4)

(4) All'epoca del Mutti non esisteva l'odierno campo sportivo parrocchiale, per quanto sulla medesima area veniva coltivato un vigneto curato dai coloni per i relativi parroci. (1905 circa) In seguito venne abbattuto dal cappellano Gerichievich don Romano, il quale intendeva impegnare la gioventù cattolica nel gioco del calcio. Sul prelato dalmata di origine italiana pubblicheremo quanto prima il periodo in cui visse in parrocchia.

Si apriva così illuminata dal sole nascente, la facciata della recente chiesa  ideata sui moduli dell'arte classica. E' suddivisa in quattro lesene verticali sostenute da due basamenti, sulla sommità dei quali si ergono altrettanti stucchi ornamentali i cui tratti caratteristici pare sostengano il sovrastante timpano triangolare. 
Al centro spicca un rosone a quattro petali incavati sul piano murale. L'ingresso principale è costituito da due colonne su cui poggiano fregi decorativi che a loro volta, reggono un secondo timpano meno ampio per  dimensione del primo.
Unica nel suo genere, venne posizionata accanto ad una strada allineata al portale della chiesa dove nel vasto orizzonte disabitato, si spalancava sulla via che porta tuttora alle Tre Palade. (Oggi via Marconi) Un'ingresso e una strada dunque accessibili anche a quelle comunità più lontane. 

L'Abside venne così a trovarsi per volontà di Papa Sarto, orientata in direzione di ovest, punto cardinale dove il sole tramonta. Diversamente il sagrato e l'elegante facciata decorata in cotto, appare illuminata dalla luce d'oriente del sole che sorge. (Grazie a Pio X) 


Vedi "Planimetria della chiesa da erigersi nella parrocchia di S. Michele del Quarto in seguito al progetto offerto il 9  luglio 1853 con quelle maggiori decorazioni chieste dalla sublimata del soggetto il tutto, dietro onorevole incarico di S. E. R.  Monsignor Patriarca Mutti". Firmato Giovanni Fuin ingegnere civile. Venezia 31 gennaio 1854.
Foto su mappale. In archivio storico Alfio Giovanni Bonesso. (1998)



Vedi prospetto principale della chiesa progettata a lato di ovest della strada per "Gaio". La facciata principale, come citato nel mappale,  si proietta ad occidente, verso ovest, dove attualmente si stanzia l'odierna Canonica. L'Altare Maggiore o Abside venne invece ruotata secondo regole canoniche attorno al proprio asse in direzione orientale, verso il sole che sorge. Cioè, sulla strada per Gaggio detta dei "Pascoloni". (Oggi via Stazione) 
Foto su mappale. In archivio storico Alfio Giovanni Bonesso. (1998)

I lavori iniziarono previe anticipate volture, nel mese di febbraio dell'anno dopo. Frattanto il Vicario Generale mons. Vincenzo Moro, su incarico del Patriarca Mutti, vi poneva con solenne cerimonia la prima pietra. 
Nella fase iniziale, non venne a mancare il contributo volontario dei parrocchiani, i quali attivandosi generosamente coi loro mezzi di trasporto, condussero grossi massi di pietra tolti dalla zona detta le "Brustolade" da utilizzarsi per le fondamenta. (5) La dislocazione gratuita delle pietre non aveva fortunatamente, alcun peso sui costi della chiesa, mentre tutto il resto prodotto dall'attività edile, veniva viceversa effettuata in una condizione finanziaria non del tutto favorevole. 
E il negativo risultato dell'anno dopo, favorì il blocco totale dei lavori. (6) Si trattò a nostro parere, di una situazione più che altro verosimile, già stata stigmatizzata inizialmente a cui probabilmente non si badò più del necessario.  

(5) Il significato  di Brustolade - Brustolae - o Brustolate - (Toponimi di origine popolare) trae origine dalle ceneri, brustoli o carboni inceneriti, abbandonati dai barbari campeggiati durante l'assedio tenuto sui litorali di Altino. La scoperta si deve alle prime arature tenute tra il XIX e il XX sec. dalle quali emersero numerose chiazze oscure, arrotondate e profonde, segni probabili degli accampamenti Longobardi. Sorsero quindi da parte dei proprietari dei fondi alcuni interrogativi, dai quali dopo una breve inchiesta, venne confermato quanto avevano previsto. Da allora la zona venne chiamata col titolo "Le Brustolade". Il termine è anche usato nell'archeologia moderna sezione archivistica.

(6) Si veda nei capitoli precedenti i motivi dell'arresto,  o se vogliamo del blocco edile 

Nel 1894 successe alla porpora cardinalizia il Patriaraca di Venezia Giuseppe Sarto, il quale modificando il progetto del Mutti prolungò sostanzialmente l'aula di sette metri. La lunghezza interna ideata in stile neo rinascimentale risultò di 37 metri e la larghezza di 12. 

E quando nel 1903 divenne Papa col titolo di Pio X realizzò la chiesa. All'interno venne dipinto in affresco il volto somigliantissimo del Santo Padre. L'immagine si staglia in un riquadro rettangolare più ampio su di un fondo tinto oro. A lato vi appaiono due figure angeliche recanti in mano un lungo drappo bianco, su cui è segnato in memoria, l'impegno e il sacrificio del Papa generoso.   


Papa Pio X in una foto d'epoca

(Letture su aneddoti e ricordi di Papa Sarto)
"Divenuto parroco a Salzano, soleva giocare alle bocce per togliere quel maledetto vizio della bestemmia ai suoi parrocchiani. Ma la sua partecipazione era soltanto una pia industria per avvicinare tanti uomini, che poco o nulla frequentavano la chiesa. Ma nessuno di questi pensava che mentre rideva e scherzava, seguiva il suo apostolato. Quando nel 1873 infierì il colera nel Veneto, non volendo che i cappellani si esponessero al contagio, si espose lui stesso amministrando ai colerosi i sacramenti. Li confortava con paterna carità, fungeva da infermiere e medico e da ispettore sanitario. E con eroismo di carità si adattò a fare anche il becchino scavando le fosse." 

Leggiamo in lingua latina il contributo del Papa.

"TEMPLUM - HOC - PII X PONT. MAX.  - CURA ET STUDIO ANNO MCMV ERECTUM IN HONOREM B. MICHAELIS ARC. ARISTIDES CAVALLARI CARD. VENETIARUM PATRIARCA DIE II IUNI AN. MCMXIII SOLEMN RITU CONSACRAVIT GRATI ERGO MEMORIAM OPTIMI PATRIS POSTERIS COMMENDATAM PAROCHUS POPOLUSQUE VOLOERUNT".

In lingua italiana. 

"Questo tempio voluto e pensato dal Santo Padre Pio X, costruito l'anno 1905 in onore a S. Mchele Arc. il 2 giugno dell'anno 1913 fu consacrato con una solenne cerimonia dal Patriarca di Venezia Aristide Cavallari. Il parroco ed il popolo fecero questa iscrizione perché vollero che fosse ricordata ai posteri la loro gratitudine per il Santo Padre" 


Il dipinto in affresco raffigura Sua Santità Papa Pio X. Mons. Giuseppe Sarto. E' opera dell'artista Donadon Prof. Tiburzio. Foto archivio storico Alfio Giovanni Bonesso. Copyright dell'autore.


     

Per il centenario della nuova chiesa venne autorizzato e diffuso dalla parrocchia di Quarto d'Altino il sottostante fascicolo. 
(3 aprile 2005)

Vedi il frontespizio relativo al volumetto del 2005 dedicato al 100° anniversario per la chiesa di Quarto d'Altino, all'interno del quale vi è acclusa la citazione riguardante la donazione di due campi circa, al Patriarca di Venezia Card. Mutti. Il resto è stato narrato nei due capitoli precedenti. 



Frontespizio relativo al volumetto 2005 dedicato al 100° chiesa di Quarto d'Altino. Vedi la consacrazione della nuova parrocchiale con processione da S. Michele Vecchio, già S. Michele del Quarto, a quello nuovo. Il Santissimo è portato come si nota nella foto, dal Patriarca di Venezia mons. Cavallari. E' accompagnato da un lungo corteo di fedeli residenti, prelati e sindaci della zona. 
L'abituale mercato venne spostato per l'occasione, dal vecchio al nuovo centro cittadino. Dopo il conflitto 1940/45, l'azienda municipale, istituì un secondo mercato abolendo il primo, nel nuovo centro di Quarto d'Altino.
Sono assenti come si nota ai lati della chiesa le due sacrestie, realizzate solamente nel 1917. (Si veda foto in archivio storico Alfio Giavanni Bonesso) 
Frattanto il parroco dell'epoca don Cesare De Martin, dovendo celebrare le funzioni religiose privo delle sacrestie e della canonica, doveva indossare gli abiti talari conservati in un armadio retro l'altare Maggiore. 


Pagina interna relativa al fascicolo per il 100° anniversario chiesa Quarto d'Altino - 3 aprile  2005. 
Si veda la dedica per l'argomento trattato conferita al sottoscritto dal Card. Patriarca di Venezia mons. Angelo Scola.
La scritta recita: "Ad Alfio Bonesso Giovanni con gratitudine per l'impegno e il bel risultato" 
Firmato,  "+ Angelo Card. Scola Patriarca". 

L'encomio del Patriarca di Venezia mons. Angelo Scola. (Un evento davvero speciale) 

Quando durante quell'indimenticabile mattinata del 3 aprile 2005 ricevetti l'encomio del Patriarca Angelo Scola, sicuramente gradito ma non distribuito per le mie doti qualitative, tanto che avevo dedotto all'istante mi fosse stato assegnato per la sola volontà del fare e non per requisiti che non possedevo. E per quanto l'encomio avesse generato in me una certa soddisfazione, conservai come del resto è mia abitudine, la testa legata al rimanente del corpo, tenendomi ben lontano da qualunque vagheggiamento utopico. Né i meriti assegnati dal Presule, mi arrecarono desideri ostinati a distinguermi, né mai mi lasciai andare in eccessi di ambizione, che peraltro avrei rifiutato. Per farla i breve, non mi sentii quel giorno né in seguito, preda di alterazioni anomale. 

Per quanto riguarda la continuazione dell'opera mi venne in seguito richiesta dal parroco, alla cui domanda risposi affermativamente su di un sogno che avevo tenuto nascosto per anni, quello cui consigliava il proseguimento su di un attività che avevo da breve iniziato. 
Un'impegno che andava a legarsi a quell'incarico che don Gianni Fassina mi aveva affidato e poi suggerito un corso archivistico effettuato in seguito. Ebbene quel parroco formidabile capace, malgrado fosse all'oscuro della mia vocazione per lo studio della chiesa, come del resto sul nostro territorio, aveva forse fiutato nel sottoscritto, una possibile dote.  

Si trattava però di andare ben oltre le mie capacità, e poiché avevo già effettuato sotto l'egida del parroco studi mirati al caso, mi permisero facilitato dalle prime esperienze, la continuazione di quanto avevo già iniziato. Gli studi e la pratica vennero ovviamente realizzati presso l'archivio storico della Curia patriarcale di Venezia, laddove ho potuto estrarre e narrare in 18 fascicoli annui, i principali eventi per la storia della chiesa di Quarto d'Altino. Notizie per le quali il fascicolo, quasi mai si mostrava in grado contenere data l'entità dei documenti. 

Sono scritti ovviamente senza pretese, non hanno nulla di letterario né di carattere scientifico, bensì di storico. 
Se poi vi aggiungiamo la semplicità degli argomenti, la trasparenza e la serietà delle ricerche, mi sentii quel mattino del 3 aprile, gratificato dalla fiducia con la quale mons. Angelo Scola, si rimetteva dopo aver letto l'opuscolo durante il trasferimento Venezia/Quarto, su quanto avevo ricavato dalle sezioni archivistiche.    

Al di là dei meriti che non posseggo, e se ve ne sono vanno assegnati all'emerito parroco don Gianni Fassina, giustamente conferiti a chi si espose maggiormente nell'inevitabile e previsto centenario. 
Va ricordato a suo pregio, l'impeccabile organizzazione, l'innumerevole concorso di fedeli, la scelta e compostezza dei chierichetti, il Coro prodigioso più di quanto in quell'occasione non aveva mai operato, e infine, il numeroso popolo presente, persino nella bicchierata finale. 

Il compiacimento del Patriarca per l'istituzione degli annuali opuscoli.

Devo aggiungere per verbo del Patriarca mons. Scola, il compiacimento suo personale per l'istituzione degli annuali opuscoli dedicati per la storia della chiesa, senza dei quali affermava positivamente, "sarebbe più difficile far conoscere il corso secolare della storia agli stessi fedeli". L'obbiettivo era stato dunque raggiunto, anzi centrato. Davvero magica quella mattinata. 
Da quell'anno in poi, tutte le parrocchie limitrofe anche le più lontane, fecero a gara per imitare l'opuscolo..... ma non vi riuscirono, né per forma, né per qualità, né per impegno e tanto meno per la ricchezza dei contenuti. 

Lo stupore dei popoli d'Europa
delle Americhe e della Lombardia  

Non ne parliamo poi degli altrettanti apprezzamenti giunti frattanto sul mio sito internet. I più numerosi giunsero dal Brasile, Argentina e dalla Francia. Quelli ricevuti dalla Lombardia terra di emigranti altinati, sono stati ovviamente i più gratificanti. Si diffondeva così in un bagno di completa armonia, il successo ottenuto dall'insieme della parrocchia

Il termine "Dono" firmato dal sacerdote Dorigotti don Pietro.

E qui termina parte del centenario dedicato alla chiesa di Quarto d'Altino, durante il quale il termine "dono" evidenziato tra gli atti documentali del rev. Dorigotti, risulta inequivocabilmente fondato. 
Del resto lo avevamo già registrato nei precedenti capitoli. Abbiamo voluto così ribadire l'esattezza della nostra certificazione per quanti non si sono applicati con attenzione, nella lettura dei precedenti capitoli e anche, in questa breve parentesi. 


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Parte seconda.

L'avvicendamento dei parroci

L'avvicendamento pose fine alle pazienti ricerche archivistiche e con mio profondo rammarico, anche agli argomenti trattati e le notizie di valenza storica raccolte durante la cura del parroco Fassina. E con l'alternanza si concluse anche la mia diretta partecipazione alla festa patronale dedicata a S. Michele Arcangelo, con la quale avevo vissuto 25 anni. 
Anni che tuttavia, non si conclusero del tutto, né mai si perderanno quei ricordi e le belle stagioni vissute con impegno e collaborazione assieme all'equipe della Parrocchia. Questi infatti sono rimasti e sempre rimarranno impresse nell'animo dei partecipanti, anche nelle persone che ho frequentato e che purtroppo ho dovuto lasciare. Un sentimento direi vissuto anche con affetto e in completa armonia col gruppo, portato avanti con tutto lo slancio possibile, conosciuto soltanto a chi aveva esordito curvato nello studio, tra le carte polverose degli archivi della regione del Veneto. 

L'orgoglio del primato

E tra le tante impegnate ricerche, ebbero termine anche quelle più combattute, quando appunto bussavo alle porte dei residenti, degli amici, conoscenti e a quanti ancora non conoscevo. Persino agli emigrati originari di Quarto e così via, ai quali chiedevo immagini, documentazioni e testimonianze per la storia del vecchio e recente Quarto d'Altino. 
Ne sortì un abbondanza di foto e cartoline d'epocatante a tali da far invidiare qualunque sezione archivistica per la storia del proprio territorio, ottenute peraltro a titolo di favore. Un favore raggiunto grazie alla tenace volontà di chi per mezzo delle immagini intendeva far conoscere il nostro ambiente, il vissuto del nostro popolo e le cose emerse dal passato. Le immagini in seguito vennero sottoposte ad uno studio approfondito, argomentate in concerto col periodo e poco dopo pubblicate sugli opuscoli. 
Una ricerca e uno studio dunque, effettuato per la prima volta tra i domicili  del paese, sin da quando nel lontano 1905 nacque la nostra recente comunità, e di ciò ne vado orgogliosamente fiero. C'è voluto peraltro passione, fermezza e tanto coraggio.... nel chiedere. 

La regola trasgredita e il merito rubato.

Ma le vecchie cartoline appositamente raccolte per la storia ambientale di Quarto d'Altino non potevano avere le stesse caratteristiche delle foto di famiglia, riconoscibili dalle persone ritratte e anche laddove queste non appaiono.   
La regola stabilita per la diffusione della cosiddetta cartolina, doveva come per le immagini fotografiche, apparire solamente nei fascicoli per l'annuale "Festa S. Michele", qualora nella parte sottostante vi si fosse posto al centro dell'attenzione, la descrizione storica dell'immagine, la data presunta, il nome dell'editore e dello stesso fotografo. 
La direttiva valeva ovviamente su qualunque pubblicazione cartacea, Web compreso, dove il rispetto della normativa avrebbe evitato abusi personali su di un'immagine che non è propria bensì di altri, e tuttavia non bastò. 
Non è raro infatti, assistere ad evasioni cartacee pubblicate sul Web, per mezzo delle quali si perseguono qualifiche fotografiche mai possedute. 
Cosicché il rispetto della norma parrocchiale venne meno da parte di chi, possedendo le immagini donate dal parroco Fassina, decise pubblicarne alcune sul Web pontificandosi col proprio nome. Come accennato le immagini fotografiche vennero regalate su DVD-R ad alcune personalità del paese, ciò temendo andassero perdute nel tempo.  

Le foto, si potrebbero comunque utilizzare nelle circostanze locali, utili per la didattica giovanile, per le scuole superiori e la conoscenza storica su di un paese in via di trasformazione qual è Quarto d'Altino. 
In tal caso, gli sforzi di chi ha dedicato 20 anni di ricerca (Epoca di don Gianni Fassina) andrebbe in qualche misura compensato. Spiace comunque ammetterlo e tanto convincersi più in questa circostanza che il merito delle ricerche, non è mai stato reso ai meritevoli. Merito peraltro mai riconosciuto.

Le richieste dell'incaricato/a, di turno

A parte i ringraziamenti non certo pretesi, credo tuttavia d'aver dimostrato la mia propensione al contributo sempre devoluto per la parrocchia, anche quando mi si chiedeva dall'incaricato/a, di turno aggiornamenti, immagini, notizie e quant'altro su diretta richiesta dell'interessato che per motivi ignoti, rimaneva appartato. Cosicché il richiedente, cioè l'interessato, ovvero colui il quale sollecitava l'ambasciata, evitava come neanche fosse caso suo, ciò che neppure l'incaricato aveva mai praticato, vale a dire il ringraziamento. 
Di conseguenza il diretto interessato, il richiedente per farla in breve, otteneva quanto aveva richiesto mezzo il delegato, evitando qualunque forma di riconoscenza. 
Incredulo del raggiro, decisi spinto dalla buona educazione di occuparmi soltanto a ciò che avrebbe aumentato la spiritualità dell'uomo: la cultura.

... il probabile supplemento di gratitudine

D'altra parte, se avessi fatto presente a Sua Eminenza Card. Angelo Scola anche l'apporto fotografico unito al cartaceo devoluto in seguito alla parrocchia, avrei ricevuto durante il centenario della chiesa, un supplemento di "gratitudine per l'impegno e il bel risultato". Ma mi contentai di ciò che avevo già ricevuto, il riconoscimento del Patriarca di Venezia. Il che non è poco, anzi, è raro. E tanto bastava.

Il 100° anniversario e l'ideatore del Logo 

L'ideatore dello storico Logo per il centenario della chiesa in Quarto d'Altino, si deve per quanti non ne sono al corrente a quel generoso parroco d'allora Fassina don Gianni, appassionato peraltro di storia locale la cui venuta in parrocchia risale al 1995. L'ingresso ufficiale col titolo di parroco, avvenne nel 1998.

E questa singolare passione l'aveva spinto ad occuparsi anche della storia per la chiesa di Quarto d'Altino e come non bastasse, aveva coinvolto nell'avventura anche il sottoscritto, colui il quale durante l'epoca scolare primeggiava nello studio per la storia del Risorgimento italiano
Ma di questa singolare passione, il parroco non ne era neanche al corrente, né il sottoscritto lo rese mai noto ad anima viva. Eppure il fiuto finissimo di don Gianni, consentì la scelta di chi doveva narrare per 18 anni consecutivi, gli eventi per la chiesa di Quarto d'Altino e di quanto accadeva d'intorno. Bastava solamente pazientare.

Perché certe cose accadono senza spiegazione?

E ripensando a quel fiuto finissimo, immaginai d'esser nato per scrivere qualcosa  d'importante, per dire ciò che nessuno racconta, che non teme narrare le cose così come sono, anche su temi controversi, incerti e dubbi ma con misura, equilibrio e discernimento, insomma con molta delicatezza e prudenza
E se talvolta vi appaiono alcune incertezze, non sono certo causate dalle proprie incapacità, tanto meno dalla mancanza di studi eruditi, bensì dal tentativo di capire perché certe cose accadono senza spiegazione. Una delle quali si è palesemente rivelata, quando venne progettato per la terza volta, (1965 circa) l'abbattimento dell'Oratorio alla "Casona".  Un evento non affatto  sconosciuto in paese per il quale sinora,  nessuno dei superstiti dell'epoca si è mai reso disponibile a renderlo pubblico. 
(Il tentativo non riuscito durante gli eventi, viene oggi finalmente narrato. Vedi più avanti)   

L'idea di una nuova narrativa potrebbe sostituire ciò che ieri non era possibile commentare.
Ci si riferisce all'Oratorio alla Casona. 

D'allora, nacque un'idea di narrativa che doveva proiettarsi su di un ordine morale diverso. Una disciplina fatta di valori,  di doveri e della responsabilità. Ed è quella che tende a spiegare fatti confusi e talvolta anche incomprensibili ma che aumenterà la consapevolezza in chi applicandosi nella lettura e saprà interpretarla anche criticamente, verrà a conoscere ciò che non è mai stato documentato, né dato a sapere verbalmente. Insomma, si tratterebbe di una narrazione veritiera e senza sottintesi.
D'altra parte i commenti e gli scritti, lo studio come la meditazione, sono possibili anche per chi non ha fatto studi eruditi e comunque trova sempre il tempo per esercitarli e raggiungere ugualmente la finalità preposta. E infatti, c'è sempre qualcosa che illumina il vivere di quanti sono orientati a questi doveri. Un obbligo al quale, pur non essendo in linea con quanto riportano gli storici, eppure progettano e talvolta lavorano insieme risvegliando l'animo di chi lo riceve. (Cioè dovere) 
E chi lo riscuote raccoglie sempre qualcosa di positivo e intimamente se ne appropria, ma non ha la capacità come chi è troppo legato alle carte, (lo storico) di cogliere e comprendere il perché questi doveri, sono stati affidati da chi vive in noi e per noi. Questa forma di rapporto però non è materialmente presente nell'uomo, non è corporeo, non si lascia sfiorare, non è visibile o almeno non lo è su questo pianeta chiamato Terra.  

Un rapido sguardo

Non dispiacerà quindi al lettore di seguire nella parte seconda, l'inizio di una storia che non si è lasciata ammutolire dal tempo, pur convinto che l'acqua passata non macina più. In tal caso però, la storia deve essere narrata da chi l'ha vissuta durante gli eventi e le varie successioni, studiando con sincerità di propositi gli atteggiamenti e il pensiero di quanti vi presero parteNon sarebbe quindi possibile interrogare le carte da qui a cent'anni, se mai queste dovessero esistere, come del resto in questa circostanza non ve ne sono. Ci si deve fidare pertanto, di quanti vi presero parte senza aspettare l'estinguersi della memoria.
La memoria infatti s'infrange col tempo, si spezza e si perde lungo i sentieri, qualora questi non siano ripercorsi. Affidarsi quindi ai testimoni dell'epoca è cosa buona e giusta, fintantoché sono tra noi dopodiché sarà più difficile comprendere certi accadimenti, gli eventi e le cause. Solo così il vissuto di ieri, rimarrà nella facoltà collettiva di tutti. 

Ritornando per un attimo al Logo e anche al lungo faticare di chi lo realizzò, avrebbe provato dispiacere dopo tanta e impegnata attività logistica e poi, constatarne improvvisamente la scomparsa. 
Ma l'opera di don Gianni, destinata com'era prevedibile a dar vita alla sua creatura, quella cui aveva dedicato un sacco di tempo, in progetti, prove, riprove ecc. generò alla fine, quel meraviglioso Logo che sorprese persino la stessa comunità e che oggi, rimarrebbe delusa dell'irreperibilità.  

Un marchio dunque, che doveva vivificarsi nel tempo e nella memoria, eppure per ragioni a noi sconosciute scomparve. Quanto a conservarlo, bastava soltanto premere un pulsante del computer, ma quel giorno quel tasto probabilmente non rispose, e il Logo sparì dal sito. Nella migliore delle ipotesi, pensavo amareggiato fosse stato riposto in un angolo o nei luoghi più reconditi del Web. Nella peggiore, ad una  improbabile eliminazione. Né, avevo escluso i virus informatici dei quali però dubitai il dolo. Forse un aggiornamento? 
                  
Il saggio mariano e l'amarezza della scomparsa 

Si trattò comunque di un impresa del tutto legittima, fermo restando che oltre al Logo andò perduto anche il saggio Mariano e tutto il resto di quanto aveva riassunto il rev. Fassina. E se oggi dovessi esprimere il grado di rammarico più ancora della contrarietà, ritengo sia stata proprio la scomparsa del saggio dedicato alla tradizione Mariana legata com'è noto all'Oratorio detto alla Casona. Né, sino a prova contraria vi sono state iniziative capaci a far luce sulla scomparsa. Un'assenza dunque dalla quale nacque l'effetto contrario di quanto aveva riferito la vicenda, ma che dopo il fatto negativo, venne a prodursi finalmente la narrazione intera.  

Il raccolto silenzio del parroco.

Avvertendo quindi l'obbligo morale quale sarebbe una seconda riproposizione che potrebbe sostituire quella scomparsa, tenendo conto però, quanto non si poté narrare circa mezzo secolo fa a causa della riservatezza tenuta dal parroco Scattolin, il quale, pur avendo evitato la demolizione, si rifugiò in un raccolto silenzio. Non c'era quindi nessuna possibilità per una narrativa già di per se complessa e misteriosa e nello tesso tempo l'insorgere e lo sviluppo materiale tra la gente. 

La riservatezza finalmente infranta

E narrando ciò che non si è potuto realizzare all'epoca, non va escluso nel contesto attuale, reso più sereno di quanto non lo era appunto circa cinquant'anni fa, se non tenessimo conto di quel fenomeno ritenuto inspiegabile e a distanza di anni riproporlo dando l'impressione di un fatto immaginato. D'altra parte è preceduto da prove materiali, studi e ricerche realizzate in un lasso di tempo piuttosto breve, ma narrate con schiettezza d'esecuzione e sincerità. Vi sono inoltre pubblicate sullo stesso tema, alcune indagini documentate sul capitolo n° 10. 
Non se la prenda pertanto il lettore, se non ho potuto riproporle nel medesimo testo che segue, poiché avrebbero prolungato a dismisura la già prolissa narrazione. 
 
Parte terza

La parte terza, da seguito e invita il lettore ad una riflessione sul presente contenuto, laddove non sarebbe neanche ipotizzabile rifiutare la lettura, se non è orientato seguirla sino in fondo.

                                                       OOO


La memoria perduta. 
L'Oratorio alla Casona e l'annuncio mariano.

Riproposizioni sulle fasi precedenti. 
Vedi il completo al capitolo n° 10

L'esclusione del saggio Mariano su internet (7) divenne ben presto un vero e proprio svigorimento di memoria. In primo luogo perché aveva sottratto dai ricordi (anche sentimentali)  l'emersione della statua Mariana del 1850 circa e riposta in seguito in un angolo del sacello accanto al dipinto della S.S Trinità. (8) E per secondo, ciò che la statua di recente acquisizione aveva indicato durante gli anni sessanta del novecento. 

(7) Venne svolto sul sito della parrocchia in versione ridotta per ragioni di spazio.

(8) Anticamente l'Oratorio si pregiava di una tela raffigurante la S.S. Trinità. Venne  tolta per abbellire la chiesetta eretta dal De Reali in Altino, dalla quale in seguito scomparve. All'interno dell'Oratorio alla Casona vi rimase frattanto corrosa dal tempo la statua emersa dai fondi delle Brustolade. Inservibile ai sensi di recupero venne in seguito distrutta. Ma la memoria del ritrovamento impose a Maria De Reali, l'acquisto di una seconda. L'attuale statua.

Sembrerebbe una favola...

L'anticipazione del saggio perduto sul quale è stato dedicato pochissime e brevi espressioni, trova origine da una scultura emersa dai fondi agricoli presso Altino. Dal rinvenimento, seguì poco dopo una seconda statua acquistata stavolta dalla proprietaria del fondo Maria De Reali. L'Oratorio venne così a riempirsi dal vuoto lasciato dalla tela della  S.S  Trinità, trasferita si disse, nella chiesetta di Altino. 
Ma l'acquisto della recente statua, che pareva non fosse prolifica di santità tanto quanto la tela precedente, ha diversamente avuto  più eco e rilievo, più di quanto aveva generato la scomparsa della S.S Trinità.  

Una serie d'interrogativi

Proseguendo quindi per ordine rende possibile la ripetizione di quella straordinaria vicenda mai stata documentata (se non nei ricordi di quanti la vissero) in una circostanza giudicata dal punto di vista razionale, non conforme alla logica. 
L'evento, provocò tra i residenti di Quarto d'Altino la consapevolezza di aver ricevuto su di un fatto giudicato fuori dal comune, la condizione che avrebbe prodotto una serie d'interrogativi. Tra i quali emergeva la personalità dell'oppositore cioè il possidente dei fondi, il quale rendendosi conto dei propri errori,  vennero ad aprirsi poco dopo alcuni spirargli di luce. Ma le domande formulate dalla cittadinanza, pur trovandovi qualche elemento di spiegazione, avvertito anche dal possidente di cultura agnostica, al quale non bastava per avere la piena coscienza di ciò che aveva assistito e toccato con mano. Né mai vi sortirono nel tempo, risposte adeguate e meno ancora, elementi  probanti o risolutivi. E più il dubbio si poneva, più il pensiero delle persone andava proiettarsi nell'aldilà, dove regna da sempre l'ignoto. Un ignoto altrettanto sconosciuto alla scienza impotente, che non sa, non risponde e non soglie il mistero di chi guida e governa le sorti del mondo. 

La conciliazione

Giunta infine la pacificazione tra il parroco e il proprietario agnostico, nacque da lì a breve per merito di Scattolin don Carlo, l'annuale solennità celebrata nella parrocchiale del paese, da dove verso sera prende tuttora avvio l'immancabile corteo devoto e orante. Durante il quale, l'immagine della Madonna portata a braccia dalle ragazze, viene riposta presso l'Oratorio di via Claudia Augusta, dove rimarrà sino all'anno venturo. 

Il corteo e gli elementi decorativi

Il viale su cui si snoda incolonnato il vasto corteo, veniva frattanto ornato da più elementi decorativi, di drappi colorati svolazzanti sotto il manto del cielo imbrunito. I lati venivano abbelliti da pavesi e da altrettanti gagliardetti vivaci che dividendosi tra lo spazio sconfinato della campagna, conferiva al ministrante a capo del corteo  su cui incombeva oltre al peso della Croce, l'andatura modulata secondo la cadenza della processione in cammino.
I tratti di strada bui dovuti alla mancanza di alloggi illuminati, venivano rischiarati col scintillio crepitante delle torce, già predisposte ai lati in un susseguirsi di spazio. Il bagliore delle luci accompagnava così la processione sino ai lumi dell'ultimo caseggiato, laddove il corteo riunendosi compatto, attraversava il ponte dal quale poco innanzi, appare l'antico Oratorio e, l'adiacente Casona che ne aveva assegnato il titolo. 
La folla numerosa aprendosi frattanto sull'ampio piazzale, onorava la presenza del Celebrante che a turni annui si ripete nell'Omelia Mariana, rimettendo tra le mani del popolo presente, la venerata immagine di Maria Madre di Gesù.  

Al vivo ricordo, partecipano avvertendo l'importanza della processione, le famiglie coi i propri anziani e ammalati che condotti sulla soglia di casa, osservano felici il passaggio della Madonna. I più inabili, sono seduti e affacciati ad una finestra aperta ad osservare il lento corteo. Ed ecco di lato, farsi avanti una giovane mamma che stringendo al petto i proprio fanciullo, gli sussurra quasi mordendo l'orecchio, ciò che l'incontro di fede suggerisce e narra. 
Una seconda coi più grandicelli attaccati alla gonna, sono tenuti a bada dalla sorella maggiore, che pur allungando tenere carezze, fatica non poco a prendersi cura. Le fanno eco i nonni galvanizzati dall'uniformità della famiglia che decidendo di allontanarsi dal quadretto romantico, si proiettano nel coinvolgente corteo Mariano. 

Tutto questo avviene lungo una strada antichissima aperta nel 15° a. C.  e percorsa in seguito dal venerato Santo Eliodoro primo vescovo di Altino. Il viale veniva anche transitato dai primi evangelizzatori pervenuti nella nostra zona dopo l'editto Costantiniano e le orme profonde segnate dal calvario dei predicatori, si  ripetono e si tramettono oggi, sugli odierni cortei dedicati alla Vergine Maria, Madre di tutti.    

Della memoria.... l'abbattimento.

In questa riproposizione storica, verrà opportunamente narrato ciò che avvenne durante il periodo sopra accennato. Per quanto riguarda il passato, verrà evitata la narrazione di quel già travagliatissimo periodo avuto luogo in tempi lontani, durante i quali il Cav. De Reali chiedeva l'esonero delle spese sostenute per l'Oratorio eretto sui fondi di sua proprietà. Più tardi, ne propose addirittura l'abbattimento. 

La demolizione (9) venne accettata dal Patriarca di Venezia card. Cavallari su licenza di Papa Pio X, in cambio di un altare per la nuova chiesa in S. Michele del Quarto. E sulla base di questi elementi peraltro documentati, proponiamo la lettura di quanto accadde intorno al Sacello, nel periodo in cui il sottoscritto aveva circa 21 anni.                 

(9) S'intende l'abbattimento del sacello proposto dal De Reali narrato in varie sequenze dal sottoscritto, in particolare per la 17^ festa S. Michele settembre 2003, nel quale il De Reali chiedeva l'esonero delle spese annue in lire austriache 10,57 per la celebrazione delle tre messe, unite a tre libbre di cera (candele) per l'oratorio.

La separazione materiale della popolazione.

Va evidenziato anzitutto la completa assenza materiale della popolazione  sui fatti che ora andiamo a narrare. La separazione è ovviamente causata dalla notevole distanza dal centro abitato all'Oratorio eretto lungo la Via Claudia Augusta. Conseguenza logica in base alla quale le famiglie residenti, udendo con grande meraviglia i prolungati e incomprensibili lamenti degli animali giungere da quell'imponente bastione chiamato la "Casona", si chiedevano insospettiti quale fosse la causa. 
Spinti dalla curiosità interpellarono il proprietario (che evitava il confronto) e quando si presentava l'occasione agli addetti al servizio delle stalle . Il volume delle risonanze aveva frattanto raggiunto gli amici dei residenti che a loro volta, durante il passaggio lungo la via chiedevano informazioni sul fatto. E da lì a breve, la vicenda che stava per nascere, veniva riportata in paese con tutte le alterazioni del caso. 

Non avrebbero mai immaginato dai quei pochi scambi di valutazione dovuti agli amici curiosi, espressi peraltro con motivata prudenza, avessero potuto determinare sulla popolazione sensazioni diverse di quanto avevano riferito. Non a caso si udivano in paese, commenti costruiti ad arte riportati dall'oratoria di qualche maldestro opinionista o da valutazioni maliziosamente personali, producendo come del resto non era prevedibile, ricostruzioni alterate dalla realtà.  
D'altra parte le notizie pervenute non prendevano spunto dai residenti lungo la Claudia Augusta, bensì va precisato, dai sorveglianti delle scuderie che per ragioni attinenti alla loro attività, dovevano governare e assistere gli animali. Nessun altro infatti, sarebbe stato in grado percepire il malessere provocato dai lamenti, osservarne le sofferenze e constatare quanto avevano veduto e sperimentato .
             
                
L'Oratorio già della SS Trinità risale al XVII sec. (1600) E' contiguo ad un'enorme mezzadria eretta tre secoli dopo (metà 1800 dalla fam. Lattis o Lattes.) dalla quale nacque appunto, il toponimo "Oratorio alla Casona". Già dagli anni 60 del novecento l'oratorio venne dedicato per merito del parroco Scattolin, alla Madonna del Carmine. Sul fondo si nota confusamente il campanile di Quarto d'Altino dal quale prende via l'annuale processione. (Una distanza direi chilometrica se calcolata in linea retta, figuriamoci su strada)
Foto archivio storico Alfio Giovanni Bonesso. Copiryght dell'autore.

                 
I lamenti

A rendere pubblico quanto accadeva davanti ai loro occhi, non erano dunque i residenti, bensì gli addetti al servizio interno, i quali dichiaravano tutti compresi che il malessere e la morte degli animali giungevano dopo intere giornate di sordi lamenti. Rivelazioni queste, che spiegano e provano l'inalterabilità dei fatti, riferiti alle famiglie in stretta vicinanza alle scuderie. Origine per cui, sorse un vasto eco tra la cittadinanza, o meglio un parlottio malevolo senza confronto, in base al quale chiedeva interessata lo sviluppo.

Esclusi dunque dalla realtà gli abitanti del centro paese e di quanto avveniva giornalmente all'interno delle stalle, ad osservare il corso degli eventi, rimanevano comunque le famiglie domiciliate in Via Claudia Augusta e di quel piccolo centro abitato ex Cà Pascolni chiamato oggi via Colombera. 
Ebbene, queste piccole comunità, (10) costituite da due strade opposte ma attigue, avevano tramite un viottolo di antica memoria, libero accesso al Sacello e alla stessa Via Claudia Augusta. 
Viceversa quelli della Claudia usufruivano del medesimo sentiero in direzione di via Colombera. Frattanto quella stradina che univa da tempo immemorabile le due comunità, smise la propria esistenza a partire più o meno dall'epoca accennata, cioè sin da quando iniziò il grido lamentoso degli animali e il parroco a dolersi del probabile abbattimento dell'Oratorio. Quel viottolo infatti, venne vietato e poi chiuso dal proprietario dei fondi per un'ovvia ragione: non entrare a contatto coi lamenti, meno ancora coi decessi degli animali e con i sorveglianti stanziati nelle scuderie. Si capisce a questo punto, come l'abituale passaggio dei residenti, non andava per niente a genio al nuovo proprietario.

(10) Molte delle quali sono ancora viventi, potrebbero quindi testificare la vicenda.

Ciò che allora capitava all'interno delle scuderie proibite alle visite e all'udito del vicinato, si potrebbe riassumere nei commenti pervenuti da loro stessi, quando transitando giornalmente sul sentiero, chiedevano ai sorveglianti la causa dei lamenti. Ma nel momento in cui il sentiero venne chiuso e i gemiti udirsi molto più deboli, gli addetti al servizio venivano interpellati durante il cambio di turno, quando appunto era più facile incrociare lungo la Claudia. E chiedendo di quali malattie fossero soggettiripetevano ciò che nemmeno i Veterinari trovavano risposta. Cosicché i salariati chiamati anche bovari, essendo all'oscuro di quale malattia si trattasse, non potevano riferire ciò che non era conosciuto neanche ai dottori incaricati alla salute delle bestie. 

Quale fosse il movente delle ipotizzate malattie, nessuno all'epoca ne era al corrente né mai si capì dopo l'avvenuta riconciliazione col proprietario, peraltro testimone e anche il più attendibile del caso. Intanto le bestie cadevano a terra e i bovari in un clima inquietante, dovevano loro malgrado togliere di mezzo seppellendole altrove. Quelle rimaste, continuavano frattanto nei loro collettivi lamenti, che non erano causati dalla richiesta di cibo, bensì si sarebbe trattato e già correvano voci, dalle liti del parroco col proprietario dei fondi.  

Va precisato che non venne mai registrato nessuna anomalia dai controlli effettuati sul mangime degli animali. Cibo col quale la ditta produttrice forniva a centinaia di scuderie agricole, comprese quelle stanziate nei pressi dell'Oratorio, le quali non ebbero mai a lamentarsi. Tanto meno si trattò di un epidemia bovina, neanche infettiva né mai queste circolarono nella zona, neanche tra le scuderie più lontane. 
                   
La comparsa della statua

Disorientati e scossi dai trapassi e di quanto accadeva senza soluzione presso quell'imponente bastione chiamato la Casona, laddove accanto, giaceva non va dimenticato, l'antico Sacello utilizzato all'epoca, alla stregua di magazzino. All'interno del quale, soggiornava confusa tra le attrezzature agricole, la statua della Madonna col bambinello Gesù, acquistata dalla Nobildonna Maria De Reali. 
                                
Le pretese del proprietario sull'Oratorio

Piccolo, insignificante, remoto e di proporzioni ridotte, l'antico Oratorio si ergeva là, nei pressi della cosiddetta Casona in faccia al transito della via Claudia Augusta. Dall'aspetto limitato eretto a casupola, non era servibile neanche come giacenza, piazzato peraltro in un punto ritenuto importuno, perciò ingombrante, e per tali motivi secondo il proprietario si doveva abbattere. Questa la tesi  dell'agnostico possidente dei fondi.

Che ostacolo poi avesse prodotto non si capì quale fosse, né mai avrebbe potuto ledere l'attività agricola in quanto lambendo la sponda del Canale Carmason, lontano peraltro dall'enorme "Casona", non pareva avesse potuto impedire quale altro impegno di lavoro. (11) 
E tanto meno risultava d'impaccio per altri impieghi, anche al movimento motorizzato e anzi, come già magazzino avrebbe potuto rimanervi e svolgere la mansione per la quale non era stato autorizzato e tanto meno eretto. Frattanto il parroco comunicava fatti alla mano, il contrario di quanto il proprietario dichiarava, e riaffermando quanto fossero ingiustificate le sue pretese, vi aggiungeva che la violazione dell'Oratorio ritenuto Consacrato, sarebbe stato un atto di violenza. E nonostante le osservazioni del sacerdote fossero oggettivamente reali, il proprietario intendeva comunque radere al suolo. (12)

(11) Gli odierni capannoni posti a lato dell'Oratorio sono di esecuzione recente, per cui all'epoca non esistevano, non sono quindi imputabili di lesa attività. Se mai lo sarebbero stati quelli secolari posti ai lati del ponte sul canale Carmason, e tuttavia neanche questi avrebbero dato disturbo in quanto molto lontani dall'Oratorio e dalla stessa "Casona". Lo spazio rilevato dal parroco era dunque bastante per l'attività agricola e anzi ne avanzava. Per cui ne usciva più rafforzato nella difesa per l'Oratorio, oltre a dimostrare la giustezza di quanto affermava. 

(12) Va ricordato il primo tentativo di abbattimento non riuscito al De Reali, pubblicato acapitolo n° 4 - 2001, su paragrafo: "Sua Santità Pio X Papa Sarto". 
Vedi inoltre al capitolo n° 10° del 2016, su "I primi 30 anni e la scomparsa di Enrico" dove appaiono alcune nozioni sui paragrafi dal titolo: "La confraternita dell'abitino" e "alcune riflessioni sull'Oratorio alla Casona". Inoltre al capitolo n° 13 del 2009 sul paragrafo: " La soluzione di Papa Sarto" nel quale dichiara l'abbattimento del capitello detto alla "Casona"


9/11/2019 - Oratorio del Carmine ore 7,00 mattino. Dopo la visita presieduta dal Patriarca di Venezia Card. Francesco, il corteo si avvia diretto alla chiesa parrocchiale di Quarto d'Altino, dove il presule celebrerà la Santa Messa con intenzione di preghiera per le vocazioni sacerdotali. Nonostante l'intrattenimento all'Oratorio sia stato effettuato pressoché all'alba, la partecipazione dei fedeli fu piuttosto ampia.
Foto archivio storico Alfio Giovanni Bonesso. Copiryght dell'autore.

Scattolin don Carlo e il carattere sacro
dell'Oratorio.

Contrario pertanto il parroco,  richiamava il proprietario ai doveri cristiani ai quali questi pareva non badasse affatto. Ma l'insistenza prodotta dal sacerdote che aveva una solida base di partenza, intendeva battersi sino in fondo. Al corrente poi, dell'abbattimento concordato e mai realizzato tra Sua Santità Pio X col De Reali, di conseguenza l'Oratorio non avrebbe secondo il parroco, mai perduto quel carattere sacro col quale in antico era stato benedetto. Altrimenti don Scattolin non si sarebbe mai opposto con tanta veemenza, vietandone peraltro l'abbattimento. 

Ma se l'oratorio rimase eretto come già lo era sin dall'antichità, è dovuto piuttosto al matrimonio Maria De Reali/Luigi Lucheschi la cui acquisizione dei fondi nei quali il Sacello tuttora dimora, fa supporre che l'ordine sacro sia stato per davvero mantenuto. (13) Si potrebbe pertanto dedurre, fermo restando il nostro dubbio in materia ecclesiale, che le proteste del parroco avessero avuto un giusto fondamento. 

(13) L'oratorio non abbattuto avrebbe mantenuto a nostro parere anche la consacrazione. Il patriarca di Venezia però aveva deliberato l'abbattimento che non venne mai eseguito dall'erede Maria De Reali. Frattanto, il matrimonio di Maria de Reali/Luigi Lucheschi svoltosi nel 1893, stesso giorno della sorella Teresa col marchese Giuseppe di Canossa, determinò la suddivisione dei beni.
A Maria vennero consegnati i fondi in S. Michele del Quarto e relativo Oratorio, al quale come citato, venne autorizzata la demolizione che la Nobildonna non effettuò.

Ai fatti verificati e dichiarati da quanti avevano cura degli animali, residenti compresi lungo le vie, si unirono anche le lagne del proprietario che incavolato col parroco e con lo stesso aldilà, gestiva come meglio poteva le stalle col concorso dei veterinari. 
Infuriato anche coi residenti lungo le opposte vie, i quali, non avendo mai condiviso quella strana demolizione, tutta da chiarire peraltro, veniva riempito durante gli incontri lungo la Claudia, da epiteti piuttosto pesanti. Tra i quali il meno insolente pareva il termine "Te sta ben!". (14)  Ma non c'era verso fargli cambiare d'idea.  

(14) Significa "Te lo meriti". S'intende, con quanto accadeva agli animali in rapporto all'Oratorio da radere al suolo.   


9/11/2019 - Ore 7,30 mattino. Inizio corteo diretto alla chiesa parrocchiale di Quarto d'Altino. La bella giornata soleggiata favorì la processione senza procurare disturbi ai veicoli motorizzati peraltro assenti. Presenti molti concittadini, collaboratori pastorali e i superiori del seminario. 
Foto archivio storico Alfio Giovanni Bonesso. Copiryght dell'autore.

Tira aria di bonaccia

Nonostante le contrarie posizioni del possidente, su cui talvolta si notavano a ragion di veduta segni evidenti di cedimenti, dettati forse da pentimenti non significativi. Ma quando nei momenti in cui spirava aria di bonaccia oltre a qualche cedimento che avviene secondo maturazione dell'individuo, o in forma decisa da chissà chi, pure ascoltava le ragioni del Parroco Scattolin.

Ma qual era la via della ragione, se non quella prevista dal sacerdote non gradita al titolare delle stalle? Innervosito peraltro dalle inimicizie registrate tra i residenti, irritato dalle difficoltà operative e dai problemi sorti sugli animali, correva così in canonica chiedendo come ultima soluzione, che la disputa e il trapasso degli animali dovessero finalmente terminare. 

Già, ma sullo stato di salute delle bestie il parroco nulla poteva, né garantire alle viventi uno stato di continuo benessere,  quanto al resto si vedrà in seguito. E chiedendo nuovamente il rispetto dell'Oratorio, ottenne alla fine ciò che con tanta pazienza aveva richiesto. Poco dopo i lamenti e le morti degli animali ebbero da quell'incontro ritenuto ineluttabile, finalmente termine. (15) E il capitello rimase là, dov'era stato eretto da tempo immemorabile.

(15) La fierezza con la quale il parroco Scattolin si oppose, potrebbe trarre motivo dall'istituita confraternita dell'abitino tenuta al Sacello da Maria De Reali. A nostro avviso dovrebbe trattarsi di una conoscenza ottenuta in via diretta, in quanto Scattolin don Carlo giunse a S. Michele del Quarto nel 1937, mentre la nobile Maria morì nel 1944. Va d'altra parte rilevato che a Casale sul Sile esisteva all'epoca una agenzia tenuta dal Conte Luigi Lucheschi, pertanto gli incontri col parroco sarebbero stati a nostro avviso, vicendevoli. Valutando poi gli annuali fioretti istituiti al Sacello da Maria De Reali avrebbero in questa circostanza, favorito la stessa provenienza della statua e relativi addobbi. I fioretti di maggio vennero in seguito tenuti anche dal parroco Scattolin. 

(15) Dopo la morte di Maria, beni e fondi  vennero affidati al figlio Domenico Lucheschi, periodo in cui l'oratorio venne trasformato in una sorta di magazzino. Durante il conflitto mondiale 1940/45 i capannoni agricoli vennero infatti usati come depositi militari sorvegliati dal comando fascista locale. Non c'era verso per tale motivo accedere al Sacello che rimase chiuso per oltre cinque anni 

(15) Terminato il conflitto mondiale, ebbero inizio durante gli anni 50 del novecento a cura del parroco, le prime visite mariane all'OratorioIn seguito il Lucheschi Conte Dino, alienando parte dei fondi, emersero anche le complicanze del parroco col nuovo proprietario, il quale nonostante avesse avuto una spiccata avversione coi Santi, non osò mai deturpare la statua depositata entro il Sacello. 
Con la morte di Maria De Reali caddero in disuso anche le annuali preghiere di maggio dedicate alla Madonna, che rimase abbandonata tra i sudiciumi del magazzino. 
Probabilmente l'immagine aspettava qualcosa o qualcuno che l'avesse liberata. E infine il liberatore giunse e così la statua come la si nota oggi, si mostrava anche allora a mons. Scattolin. Nulla in Lei è stato alterato. 



Chiesa S. Michele Arcangelo di Quarto d'Altino. La Madonna del Carmelo è in attesa della tradizionale processione diretta all'Oratorio alla Casona in via Claudia Augusta. Luogo nel quale la recente statua verrà collocata in luogo della S.S. Trinità. La statua di origine settecentesca possiede per forma e mole molte similitudini a quella della Madonna Vestita in Musestre. Ragione per cui si potrebbe desumere, che tale Madonna vestita, abbia avuto su Maria De Reali una certa inclusione, non esclusa l'istituita confraternita dell'Abitino a S. Michele del Quarto, tanto da riconvertire l'antica usanza al Sacello alla Casona.   
Foto archivio storico Alfio Giovanni Bonesso. Copyright dell'Autore.

L'oratorio, la storia e gli opinionisti.  

Per quanto la storia sia stata narrata in breve, un pochino alla buona e da un personaggio non qualificato storicamente, ritiene di cattivo gusto enunciare ciò che nessuno all'epoca riusciva capire la complessità dell'evento, eppure qualcuno ritendo il contrario, affermava di essere al corrente "dell'operazione" in atto. E questi studiosi rappresentati da un piccolo e sparuto gruppo del nulla, imbottito di cartomanti certezze, affermava senza difficoltà trattarsi di una favoletta. 
Non lo è anzitutto per le condizioni in cui si svolse il percorso non breve. In altre parole, è la stessa vicenda che parla di se stessa e, il risultato finale peraltro palpabile è alla portata di tutti. Non c'è dunque nulla prodotto dalla fantasia popolare, se non di quel misterioso intervento sugli animali giunto chissà da quale volontà. 
D'altra parte i protagonisti dell'epoca sono ancora viventi, ai quali si potrebbe tuttora chiedere oltre a qualche altro elemento da me dimenticato o non volutamente inespresso, va sommato in ogni caso. E quel gruppo di cartomanti d'ineguali certezze, anziché nascondersi in dietrologie di supporto, chieda una volta per tutte i dovuti riscontri e se ne avvalga anche delle testificazioni.

Non è poi complicato da parte mia sostenere dopo circa 50 anni, che la statua mariana avesse avuto tra i tanti ruoli un'incarico del tutto speciale. Un compito che aveva consentito al popolo di Quarto d'Altino la Venerazione della Madonna nonostante le tante dichiarate contrarietà del proprietario, il quale teneva nascoste pure le chiavi dell'Oratorio. Eppure dopo la pacificazione, aperse le porte all'intera comunità, spalancò anche il cancello che aveva fatto erigere sul ponte del canale Carmason. 
Non si trattò dunque di un regalo confezionato ad arte e tanto meno per compiacere il proprietario intenzionato ad abbattere il Sacello
Lo scampato pericolo non è quindi da attribuire alla popolazione che nulla poteva, né si trattò di un evento del tutto casuale. 

E qui, vorrei soffermarmi ripetendo alcune frasi del parroco mons. Scattolin, che sull'evento usava più o meno questi termini. "La fiducia di Maria, non era evidentemente meno grande di quella tenuta dai suoi figli residenti in Quarto d'Altino". 
Si potrebbe dunque ipotizzare, stando ovviamente alle conclusioni di mons. Scattolin, che la statua tenuta nascosta a causa del conflitto mondiale e di tutto il resto narrato, dovesse rivelarsi a chi aveva sopportato il peso maggiore: la popolazione di Quarto d'Altino.


                                  

9/11/2019 - Ore 7,00 mattino. 
Foto archivio storico Alfio Giovanni Bonesso. Copiryght dell'autore. 
Visuale nord - ovest relativa all'Oratorio alla Casona, già magazzino agricolo durante la II^ guerra mondiale. Nella posizione in cui il manufatto si trova, non avrebbe mai potuto ledere l'attività agricola in quanto risulta come asseriva don Scattolin, molto distante dai fondi produttivi.
 
In un mappale del 1667, l'oratorio appare già eretto a lato del canale Carmason il quale venne aperto nel XVII sec. (1600) L'obbligata direzione del canale verso la via Claudia Augusta, fa supporre dallo spazio registrato tra le fondamenta  dell'Oratorio e le acque del fossato, sia stato aperto per ragioni di sicurezza, più disgiunto (lontano) di quanto esprime oggi. Se valutato appunto il cedimento delle opposte rive e la vicinanza dell'abitacolo al canale, pare sia stato aperto dopo l'erezione dell'Oratorio. E l'assottigliamento della sponda destra cui vigono le fondamenta sembra confermarlo. D'altra parte, nessun Maestro edile dell'epoca, avrebbe edificato il Sacello troppo accostato alle acque. 
Pertanto l'Oratorio, risulterebbe sulla base delle nostre osservazioni, più antico di quanto esprime il mappale del 1667 . Non si consce peraltro l'anno di esecuzione, né la finalità per la quale venne eretto in una zona fangosa priva peraltro di abitazioni coloniche, vigenti solamente tra la zona di Altino e delle Pallade.  

I duellanti

Si potrebbe inoltre aggiungere ampliando la grandiosa e conosciuta metafora del Guareschi simile per proiezione ma non per finalità, anche gli scontri sostenuti tra l'irriducibile "Peppone" e il temerario "don Camillo". I quali, nonostante le divergenze e le opposte convinzioni di fede, risolvevano positivamente qualunque questione. Recependo poi l'aria che tirava tra i due, non mancarono mai, pur tra liti, polemiche e schermaglie, i necessari incontri volti anzitutto a risolvere le questioni.
Degli stessi colpi inferti all'avversario, talvolta finti o parati, turbati peraltro da vivaci scambi polemici, se ne avvalse anche il parroco Scattolin, che esercitando gli stessi brevetti architettati  dal tenace "Peppone" riuscì alla fine a renderlo docile. E se non vi riuscì del tutto, seppe almeno controllarlo con l'esito favorevole dettato dalla  saggezza di quel genio chiamato "don Camillo". 
Strana dunque e ambivalente storia, non accaduta nei medesimi termini, malgrado gli scontri, più concretamente duri a S. Michele in Quarto d'Altino.

Ognuno valuti come meglio crede

In ogni caso Scattolin don Carlo, a parte il fenomeno cui ognuno di noi potrà valutare come meglio crede, aveva compiuto un risultato insperato senza nemmeno aver meditato di averlo materializzato in un  trionfale prodigio. 
Ed era talmente naturale gioire all'uscita vittoriosa dell'impresa, che farne in seguito un cattivo uso, si avrebbe perduto la virtuosa presenza della Madonna. E infatti mons. Scattolin ripeteva a chiunque chiedeva le sue sensazioni, su cui teneva un ampio riserbo, di conservare la conquista non solo come rifugio, ma anche a difesa degli avversari nemici. Non sarebbe affatto male pertanto, ricordare oggi quel virtuosissimo e umile prete, istituendo almeno una volta all'anno, un pellegrinaggio intorno a quel Santuario che aveva strappato da una scandalosa sentenza.

Veniva così ad aggiungersi ad una storia già di per sé prestigiosa, una seconda più rilevante e mai accaduta prima. D'altra parte, non era poi  tanto complicato capire il motivo col quale il saggio Mariano di Fassina don Gianni, avesse dovuto raggiungere universalmente i paesi d'Europa e quelli d'oltreoceano. (Infatti Internet si collega col mondo intero)
Molto meno si trattava avvicinare la cittadinanza che già in buona parte ne era al corrente, escluse ovviamente le recenti famiglie pervenute frattanto in paese. Durante la sua assenza però tutto scomparve.


Oratorio della Madonna della Salute in Musestre.
Vestita di preziosi ricami, la Madonna della Salute in Musestre, potrebbe aver avuto un forte influsso sulla personalità della Contessa Maria de Reali che, dopo l'acquisto della propria statua (1923-?) e sistemata dopo all'Oratorio di sua proprietà, la rivesti di pizzi settecenteschi. All'epoca dell'acquisto, l'Oratorio al quale era stato tolta la tela dedicata alla S.S Trinità, venne poi ceduta addobbando la chiesetta in Altino. (Da dove scomparve) L'oratorio rimasto vuoto, abbisognava pertanto di una seconda immagine, alla carenza ci pensò la Contessa Maria de Reali. 
Foto archivio storico Alfio Giovanni Bonesso. Copyright dell'autore.

Le visite di mons. Scattolin confermano  
la presenza della statua Mariana

Alcuni scritti del parroco mons. Scattolin conservati in archivio parrocchiale, confermano mediante  alcune visite effettuate nei mesi di maggio 1952/53, la presenza della statua Mariana presso l'Oratorio di via Claudia Augusta. 
Nella prima occasione  scriveva quanto segue: "Col martedì di Pasqua ha avuto inizio il Fioretto Mariano ai Capannoni nella cappella di proprietà Conte Lucheschi. L'afflusso è consolante".... " Il fioretto avrà luogo anche al centro. (Paese) Per i ragazzi della scuola al mattino dal primo all'ultimo di maggio, e per gli adulti alla sera" .."Venite, venite venite e la Madonna vi Benedirà". 

E l'anno dopo... "Il 13 aprile 1953 ebbe inizio ai Capannoni (16) il Fioretto in onore alla Madonna. La piccola chiesa è zeppa ogni sera".
(16) Il titolo "capannoni" include quell'agglomerato di casoni laterali giacenti a destra e sinistra dopo il ponte sul canale Carmason. Il resto destinato ad uso agricolo venne eretto in buona parte dopo il secondo conflitto mondiale. Le visite di mons. Scattolin confermano dunque, la presenza della statua mariana all'Oratorio alla Casona. Di origine settecentesca era di proprietà della nobile Maria De Reali. E dopo la sua morte, rimase abbandonata tra un intrico di ragnatele, materiali agricoli, inattivi e arrugginiti. 

Le frequentazioni del parroco e i diplomi in pergamena.


Documenti ufficiali richiesti dal parroco Scattolin don Carlo probanti l'erezione della Beata Vergine dl Carmelo solennizzata presso l'Oratorio  alla Casona di via Claudia Augusta.

Ma le visite del parroco al Sacello di Via Claudia Augusta non iniziarono affatto coi fioretti Mariani durante gli anni cinquanta del novecento. (Epoca del Conte Lucheschi) Bensì hanno avuto luogo prima della  la morte di Maria De Reali (1944) quando il 6 agosto 1942 otteneva dal Padre Generale dei Carmelitani l'erezione della Beata Vergine del Carmelo in S. Michele del Quarto. Dal conseguimento si capisce che il parroco intendeva dedicare all'Oratorio di Via Claudia, il titolo alla Madonna del Carmine oltre all'annuale solennizzazione già usata in epoca antica (17). 

(17) Già esisteva a S. Michele del Quarto una solennizzazione piuttosto antica dedicata al Carmine. In seguito andò perduta per motivi a noi ignoti. 

Dopo la richiesta gli vennero corrisposti dai padri Carmelitani, due diplomi in pergamena intestati alla Madonna del Carmelo. (18) E il 9 dicembre 1942, chiedeva al Patriarca di Venezia Mons. Piazza, di celebrare una messa solenne in suo onore. La domanda venne accettata il 10 seguente. 
Da quel giorno iniziarono le solennizzazioni in parrocchia e dopo il conflitto mondiale ebbero inizio le processioni Mariane accompagnate dalla banda musicale, (19) col concorso dell'allora cappellano Ronzini don Mario. In seguito dal parroco don Italo Sinigallia, e quindi Fassina don Gianni.  

(18) Sui diplomi in pergamena vedi capitolo n° 10 - 1998 dal titolo " I primi trent'anni e la scomparsa di Enrico". Sui paragrafi del relativo capitolo vi appare inoltre un commento sotto il titolo "Scattolin don Carlo e la Confraternita del Carmelo" e in nota n° 1 si veda "I diplomi dell'atto di fondazione" conservati in copia dallo scrivente. In entrambi i paragrafi vi compaiono tutte le notizie documentali relative all'Oratorio.

(19) La banda musicale venne più tardi soppressa su richiesta dei fedeli al parroco Fassina don Gianni, in quanto disturbava la solennizzazione in chiesa e, la recita del rosario durante la processione. 

                    

Il nipote Mattia in compagnia del nonno in perpetuum, ringrazia il dono ricevuto dalla Madonna durante l'annuale processione in Musestre. Dopo la Messa solenne recitata nella chiesa di San Ulderico, la statua viene ricollocata nell'Oratorio eretto nel 1837 sulle ceneri del più antico chiamato alla "Colombina". L'immagine della statua è comunque antichissima, non si conosce quanto. 
Foto archivio storico Alfio Giovanni Bonesso. Copyright dell'autore. (Foto del coniuge) 
                                                                    
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Parte Quarta 
                    
Finalmente il recupero informatico. 

Conclusa la vicenda dell'Oratorio, iniziamo da una seconda meno nota legata al Logo del centenario scomparso. 

Chi mi conosce a fondo, dovrebbe conoscere la mia non facile arrendevolezza nel rinvenire appassionatamente oggetti antichi tra i fondi agricoli di Altino e del Vecchio S. Michele del Quarto. Oggetti dunque che rispecchiano forti impressioni del passato, come pure le carte altrettanto antiche esaminate con amorevole interesse e cura tra gli archivi di Venezia. Impratichito in queste attività, mi si presentò l'idea di far luce anche sulla scomparsa dal Blog della parrocchia, di quel Logo usato per il centenario per la chiesa di Quarto d'Altino. Mi parve allora una buona idea dedicare al marchio perduto, qualche ora di ricerca finalizzata al recupero. 

Ma da quale punto iniziare non ne vedevo la premessa né la prospettiva, se non quella di collegarmi sul sito della parrocchia dove peraltro non era possibile accedervi. E non possedendo l'una né l'altra, mi dilettai cliccando nei vari siti internet da dove improvvisamente e con mia grande sorpresa ne riemersero due di numero.

Il più grazioso pareva a prima vista il tipo colorato. In seguito favorii il bianco nero e non già per l'aspetto ritenuto antico, (Salvo le date) bensì per la trasparenza che trasmette a chi ama le cose insolite e celebri. Controllati entrambi, mi parvero momentaneamente ricopiati uno sull'altro, in seguito invece si rivelarono due sviluppi diversi. Niente comunque alterava il fatto d'essere perfettamente uguali, salvo la tinta. 
Ora però, appartengono per sovrano diritto all'intera comunità di Quarto d'Altino e a chiunque intenda conservarlo purché a ricordo del centenario evento. Sono escluse seconde finalità. 

Durante il recupero mi si presentò dinanzi anche la prima pagina dedicata all'attività parrocchiale, tramite cui duplicai il tutto nel mio sito mediante copia incolla. A fronte dello stampato, emersero anche i testi pubblicati in riassunto dall'emerito parroco rev. Fassina, i quali, come tutto il resto, andò perduto.

Se dunque il Logo e l'attività della parrocchia di allora, sono oggi alla portata di tutti, lo si deve al sottoscritto che ha desiderato per amor di popolo ripubblicarli. E ripubblicandoli, non ha voluto renderli noti per triste autoreferenza, bensì per la stima che porta all'emerito parroco, il quale non meritava la scomparsa del proprio brevetto che aveva lasciato in dotazione alla cittadinanza. 
Chi mi conosce ripeto, sa che le adulazioni non fanno parte del mio curriculum vitae, altra cosa sono i riconoscimenti. 

 



Vedi il Logo recuperato. E' la forma artistica di un prodotto o azienda indicante di ciò che intende pubblicizzare mediante terminologie, linguaggi, forma, discorsi e termini diversi.


La pagina recuperata e la tradizione rimossa.
                                                      
A sinistra dello stampato recuperato si nota il programma della parrocchia, a destra i testi pubblicati in riassunto dal rev. Fassina. Il resto dei 17 compendi sono andati perduti assieme al saggio dedicato alla "Tradizione Mariana volta al Sacello alla Casona". 

Un saggio veramente apprezzato, sia nei concetti che nei termini come del resto sapeva appuntare don Gianni e che ora purtroppo non se ne sa più nulla. Ma grazie al recupero, sia pure in una ridottissima parte, descriveva la comparsa dai fondi agricoli di una statua conservata dai coloni presso il Sacello alla Casona. 
Il breve testo si esprimeva più correttamente in questi termini: "durante le arature dei campi emerse dalle zolle corrosa dai tempi, una statua lignea della Madonna.." (Vedi sotto, foto e dedica)

Prima pagina emessa all'epoca sul Web della parrocchia.
           


Santa Messa all'Oratorio dedicato alla Madonna del Carmine.

                                     

Interno oratorio "alla Casona" in via Claudia Augusta. La messa, come si nota nella foto, è presieduta dal vicario Biancafior don Luca. Di spalle emerge incoronata la Madonna del Carmelo. Fassina Don Gianni assiste a destra dell'altare. Nella foto d'epoca si notano molte persone allora viventi.... l'Amelia, la Vica e tante altre il cui nome non ricordo.
Foto archivio storico Alfio Giovanni Bonesso. Copyright dell'autore.


Vedi foto statua lignea della Madonna del Carmelo ricavata dalla pagina recuperata e l'annotazione pubblicata dal rev. Fassina don Gianni.
                          
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Celebrazioni del centenario, aprile 2005.
Alcune foto dell'epoca. 
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Foto a sinistra. Il Patriarca Card. Angelo Scola, ringrazia calorosamente l'autore del volumetto per il 100° anniversario per la chiesa di Quarto d'Altino. Foto a destra, l'emerito Fassina don Gianni a colloquio col Card. Patriarca Scola. Entrambe le foto appartengono ad un Copyright privato. Anche in archivio Alfio Giovanni Bonesso.



Dopo la solennizzazione rientro in canonica. A six, don Luca Biancafior vicario, al centro il Patriarca Card. Angelo Scola e don Gianni Fassina parroco. Sul fondo, chiesa e campanile. 
Foto a destra, interno chiesa S. Michele Arcangelo durante la celebrazione. Entrambe le foto appartengono ad un Copyright privato. Anche in archivio Alfio Giovanni Bonesso.


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Parte Quinta
                             Breve premessa 
             (sulla Madonna nera delle Portegrandi del Sile)

Due statue unite dalla stessa sorte. (destino?)
L'una emersa da uno scavo, l'altra tratta in salvo dalle acque del fiume.            


Tradizione significa testimonianza su fatti accaduti e trasmessi oralmente da una generazione all'altra utilizzata nel nostro paese nel corso di ricerche e studi etnologici. 
Ogni leggenda possiede fonti di verità.

L'evento segnalato poco innanzi, mi spinge a ritornare ancora una volta e discutere sulla tradizione Mariana riguardante in questa circostanza, alla Madonna Nera delle Portegrandi emersa dalle acque. La segnalazione di un blocco di legno scuro transitante sul fiume, vide un gruppo di contadini chiedersi di quale pianta o fusto d'albero fosse rotolato tra le acque del fiume, quando all'epoca il Sile non era fiancheggiato da nessun tipo frondoso. La causa del difetto, se paragonato alle alberature attuali, si deve ai cavalli in corda predisposti al tiraggio delle barche lungo gli argini, perciò non esisteva nessun tipo d'alberatura. La curiosità del gruppo, andò a questo punto a frugare il motivo oltre il limite della stessa conoscenza del fiume. Venne perciò tratto a fatica sull'arenile presso le Tre Pallade in S. Michele del Quarto.  

Trascinato da un corso d'acqua piuttosto accidentato in un tragitto chilometrico peraltro correntizio, il fiume Sile si mostrava come lo è tuttora zeppo di curve e di abituali ostacoli prodotti dalle masserizie casalinghe. Allorquando d'un tratto emerse agli occhi del gruppo dei  coloni citati, abituali clienti all'osteria di proprietà Lattis, l'ammasso di legno che venne quindi raccolto. (20 Ma per raccontare la lunga e movimentata traslocazione del legno galleggiante, iniziata da dove non è noto, dovremmo partire dal 1797, anno dell'occupazione francese in Italia. 

(20) Se l'osteria non era di proprietà Lattis, lo divenne poco dopo. 

Cercheremo perciò di avvicinarsi a quei pochi ma autentici eventi in larga parte spiegabili, partendo da quanto la tradizione riferisce. Il resto della narrazione è ritenuta piuttosto autentica, verificabile nel contesto storico ed anche tra le stesse località evidenziate. 
Lo sono anche nei nomi delle persone che a nostro avviso, non sono state completamente disinteressate al recupero e a quanto accade successivamente. Per quanto riguarda la collocazione della statua, rinvenuta da ultimo all'interno dell'Oratorio delle Portegrandi, (Cà Corner) non ha trovato sui personaggi che citeremo e neanche sul parroco locale, nessun riferimento palpabile e forse mai troverà da terze persone, qualora esistessero, soluzione definitiva. S'intende ovviamente su chi ha riposto il legno figurato entro il capitello detto la Granza. (il parroco delle Pallade o i Lattis ?)

I passaggi di mano non sono ovviamente documentati, perciò ci dovremmo fidare dei colloqui effettuati con vari personaggi, nati a metà circa  del XIX sec. (ottocento) (21) cui seguirono alcune indagini.
Quel che è certo però, rimane la rivelazione finale entro il Sacello, o se vogliamo il ritrovamento sul quale a nostro parere prevale anzitutto la tradizione sulla storia. E ciò a partire dalla trasmigrazione forzata del legno, ai coloni che la trassero in salvo, ai vari passaggi di mano, ventilati sulla famiglia dei Lattis emigrata alle Pallade, i loro contadini e il parroco cui non si conosce il nome. Tutti legati inscindibilmente alla statua emersa dal fiume.   

(21) Tra i quali il nonno paterno Florindo B. classe 1870 e i ricordi del già defunto bisnonno Sante B. nato nel 1844 e vissuto presso l'odierno ristorante Cà delle Anfore... e altri ancora. 

L'iter tradizionale della Madonna nera emersa alle Pallade. 

Sono altrettanto certi i ritrovamenti Mariani scoperti nella nostra zona, l'uno emerso dai fondi delle Brustolade sul cui recupero non sono mai sorti dubbi, come per la stessa Madonna Nera raccolta dalle acque del fiume E vedi caso, entrambe da attribuirsi alle ladronerie effettuate dalla soldatesca francese nel Veneto. 

E basandosi sui dati pervenuti dall'occupazione napoleonica, periodo in cui un gruppo di persone notò la statua, o meglio un ammasso legnoso di colore scuro ondeggiare sul Sile, approdando presso la curva dove tuttora si stanzia l'osteria alle Pallade. (Oggi Tre Palade o Palate) Partiremo dunque dal luogo del ritrovamento, occupandoci peraltro delle località dove s'innescarono i passaggi di mano segnalati dalle tradizioni.

Non prima però, di aver calcolato il lungo percorso effettuato in uno spazio di tempo a noi ignoto, il cui punto di partenza tuttora sconosciuto sembrerebbe molto lontano, addirittura ignoto. Del resto, non si conosce neanche la causa della scomparsa, come pure la prolungata peregrinazione sull'acqua dalla quale in seguito approdò in Comune di Quarto d'Altino. Ma prima di avvicendarsi tra gli episodi prettamente locali, mi è parso doveroso riferire ciò che avvenne inizialmente, cioè, prima della scomparsa.

Inizio Testo

Calarono nel Veneto i nuovi barbari... 
i liberatori. 
                              
Ebbene questi barbari moderni meno celebri dei primi ma uguali in superbia e supponenza calarono in Italia poco tempo fa. All'epoca non indossavano vesti fatte di pelle, né portavano lunghi e untuosi capelli ricadenti dal collo alle spalle e, neppure pendevano dai loro volti quei lunghi barboni incolti da sembrare davvero dei barbari, e tanto meno comandati da quel famoso guerriero chiamato Attila, il flagello di Dio.

Questi invece avevano tutt'altro aspetto, portavano l'uniforme militare francese, ben rasati al volto e i capelli tagliati piuttosto corti. Si mostravano disciplinati e obbedienti al comando del Bonaparte, di quel Generale che aveva rubato e portato con sé (In Francia) quanto di più nobile e di valore aveva estorto al popolo italiano. 
E oggi farebbe sorridere qualunque veneziano, qualora potesse riudire le acclamazioni italiane su quegli invasori chiamati "Liberatori", dei quali i veneziani, soggetti dapprima all'Austria e poi alla Francia, si chiedevano chi tra i due ladroni, ce ne fosse almeno uno portatore di Libertà. 

Tant'è che i veneziani quando capirono a quale disgustosa risma appartenessero i francesi,  ad onta dei furti, delle spogliazioni cultuali e tolto gli averi ai patrizi, benestanti compresi e poveri, ridotto in frantumi le millenarie scultore dedicate al Leone di S. Marco, rimosso i quattro cavalli di bronzo dalla Basilica, divelto gli anelli dei pozzi e finalmente da ultimo capirono, ch'era giunto il momento di mandarli una volta per tutte a ramingo.

Comandati da quel Bonaparte, che aveva spedito al di la delle Alpi le truppe austriache, ma che dopo il trattato di Campoformio li fece ritornare più numerosi e più irascibili di quanto lo fossero prima, ebbene dopo quel negoziato, assegnava all'impero asburgico il dominio della Repubblica di Venezia già flagellata e derubata dal Generale. E per quanto il capo dell'armata non fosse diverso dalla propria soldataglia, fatta in gran parte d'incalliti ladroni liberati dalle patrie galere e tanto lo erano, da rapinare nella nostra zona non meno di quanto portarono a casa dal resto d'Italia. 

E derubando preziosi, immagini sante, oro e calici, ostensori, ornamenti e tappeti, statue, Cristi e Madonne, dopodiché quelle ritenute di pregio minore, venivano buttate durante gli spostamenti militari, tra gli acquosi fossati, lungo le carrabili o tra i fondi melmosi della via Claudia Augusta... all'epoca chissà percorribile. 

Le scorribande avevano luogo ovunque, preferibilmente tra le chiese e i monasteri, oratori e residenze dei ricchi, anche benestanti, sino agli alloggi più umili. 
E dopo anni da quelle impietose incursioni, emerse casualmente dalle arature dei fondi, nei quali quella marmaglia chiamata curiosamente "Cugina" (22) aveva ripudiato sdegnosamente e abbandonato quanto non era più utilizzabile, né serviva a loro

(22) Titolo dato dai re di Francia ai parenti, ai grandi feudatari, ai dignitari della corona e ai cardinali.

Ripetizione. 
Ovvero, sulle scorribande francesi... ecc

Pubblichiamo alcune frasi tolte dall'opuscolo 2003 narrate dal sottoscritto per la 17^ festa S. Michele Arcangelo di Quarto d'Altino. Si possono rileggere nel sotto titolo relativo al testo: "Tre località in una sola storia".

Napoleone Bonaparte a capo di 900 soldati francesi, 500 cisalpini, e 700 polacchi, entrati il 1° maggio 1797 a Treviso, saccheggiarono chiese monasteri impadronendosi di arredi sacri, quadri e tele a sfondo religioso, argenterie, preziosi e quant'altro. Il clero trevigiano dopo aver sopportato l'oltraggio e l'indiscriminata confisca, dovette subire anche vessazioni incredibili. Nei giorni seguenti vennero rapinate anche le chiese dei paesi limitrofi tra cui correva notizia, anche S. Michele del Quarto. (La chiesa del vecchio S. Michele del Quarto)

Cinquantatré anni dopo, 1850 circa, emerse dai fondi delle Brustolade ad opera della famiglia colona Camelotto Pietro detto Bonesso, una statua lignea lacerata dal tempo, fangosa e pressoché irriconoscibile. Dopo lavatura, vi apparve la figura di una Madonna i cui resti venero depositati coll'assenso del proprietario dei fondi, presso l'Oratorio alla Casona dedicato allora alla S.S Trinità.  (23)    
 
(23) Per quanto riguarda il colono Camelotto Pietro detto Bonesso, a quanto si deduce dall'anno del ritrovamento, operava come dipendente sui fondi del Cav. De Reali. Va detto altresì, che tra i tanti reperti emersi sono esclusi dalla circostanza i resti di Altino romana. Questi infatti sono di tutt'altra origine. 


La Madonna nera delle Portegrandi, emersa presso  le Palate sul Sile. (Tre - Palade) 

Dalle medesime incursioni francesi emerse dalle acque del Sile, un blocco di legno scuro raffigurante Maria Vergine Madre di Gesù, e dopo aver stabilito l'originaria tinta del legno, (Non verniciato) le fu dato per titolo Madonna Nera. 
Secondo tradizione venne ritrovata impigliata sui tronchi delle tre Palate sul Sile in comune S. Michele del Quarto. C'è chi diversamente affermava, d'essere stata trattenuta dalla curva a gomito del fiume, impigliata tra i fitti e lunghi canneti. Le tesi diverse non mutano comunque il luogo dell'emersione. 
Dopo il lungo galleggiamento e il provvidenziale recupero, vi sono stati secondo tradizione, alcuni tentativi di dare a fuoco la statua, ma le fiamme non attecchirono. D'altra parte, non si è mai notato a ragion di veduta nessuna bruciatura a fronte né a tergo, né pare, sia mai stata sottoposta a restauri del genere.   

Una seconda e più moderna versione, assegna la scomparsa della statua dal luogo originario, causata dalle alluvioni del fiume Piave, il quale avrebbe inondato lo scorso XX sec. (1900) le pianure circostanti. Com'è noto il Piave non era in quel periodo collegato al fiume Sile (Se non in antico) né mai avrebbe potuto per tale motivo, ingrossare le acque provocando siffatte alluvioni. Né si conoscono a memoria d'uomo straripamenti tanto devastanti. 

Si trattò veramente di un'alluvione?

E se ve ne furono, non accaddero tanto impietosi da scardinare i portali delle chiese trascinando con sé statue pesanti senza peraltro documentare il fatto. D'altra parte la statua ritenuta importante per dimensione, per incisione e caratteristica del legname non certo di origine locale, va da se domandarsi perché non apparvero mai notizie sulla sparizione, tanto meno sull'aspetto o connotati, dalla località e anno in cui avvenne l'alluvione. 
Né a quanto si conosce, non vi è stata anima viva che avesse segnalato l'accaduto, nessuna rivendicazione dei proprietari qualora l'immagine fosse stata a carattere privato. Tanto meno dai parroci delle zone interessate, oppure dai vescovi stanziati nelle relative città. Nessuno peraltro si rese testimone (sino a prova contraria) chiedendo mezzo stampa, (allora esistente) se la statua fosse stata scorta durante il percorso e se avesse approdato e poi rifuggita altrove. Ma si trattò veramente di un'alluvione?  

L'unica e conosciuta alluvione distruttiva, si deve invece al diluvio nel Veneto del 598 d.C. che non ha peraltro, nessuna attinenza con quello del  XX sec. citato sopra. Né quelle giunte dopo furono altrettanto distruttive. Ciò che invece va registrato, è il periodo in cui la statua apparve per la prima volta, quando durante la nascita della recente Portegrandi (1912) venne aperto l'Oratorio presso Cà Corner dal quale si scoprì posto a dimora, il busto ligneo della Madonna Nera. 

Venne davvero consegnata al parroco delle Pallade?

Ora però, si tratta di capire perché venne conservata dai relativi parroci delle Tre Palade e in seguito depositata presso l'azienda dei Corner detta la Granza. Alla domanda si fece largo l'idea che i parroci l'avessero conservata in canonica escludendola dalla chiesa.
E ripercorrendo le scorrerie francesi del 1797 si viene a conoscere 47 anni dopo, quando nel 1844 lo storico F. Fapanni visitando la chiesa delle Pallade non rilevò, né catalogò la presenza della statua che per l'appunto non c'era. La statua dunque in quell'occasione o almeno in quella circostanza non era presente. Tanto meno venne mostrata o esibita ai fedeli su altaroli minori. Ma dov'era la statua prima del 1847? Sorge dunque una domanda: in quale anno venne rimossa dalla canonica se mai vi risiedeva e stanziata altrove? Dove si trovava in realtà?

Calcolando il periodo tra 1797 e il 1844, durante il quale la statua non venne mai individuata né catalogata e comunque secondo la narrazione del Fapanni non giaceva in chiesa. In tal caso avrei dovuto consultare il carteggio relativo alla parrocchia delle Tre Palade, se non quando appresi che durante lo stato d'assedio del 1848/49 su Venezia e le truppe austriache occupanti  Altino e Tre Palade, andò a fuoco l'intero archivioAccidentalmente?


 
Vedi la statua della Madonna Nera venerata a Portegrandi nell'Oratorio di Cà Corner. Comune di Quarto d'Altino.
E' un blocco di legno completo, cesellato e lavorato a mano. Stupisce per l'armonia e la bellezza dell'insieme. Non si conosce il periodo dell'incisione, né da quale chiesa proviene o da quale abitazione privata. Doppiando le acque del fiume Sile, giunse sino alle Pallade in S. Michele del Quarto. 

                                  La visita del Fapanni

Lo storico Francesco Fapanni durante la visita del 26 maggio 1844 presso la cinquecentesca chiesa delle Trepalade, scriveva nelle sue annotazioni quanto segue. 
"La chiesa delle Trepallade è una meschina chiesuccia senza essere soffittata con tre altari avente nel maggiore un quadro coll'annunciazione della B. V. Nel secondo la Madonna e nel terzo un Cristo. Altre iscrizioni non vidi che le due copiate del 1612 e del 1784. E' nella riva del Sile poco lungi da Altino. Presso sta l'osteria della villa di proprietà dei Sig. Lattis.  Il Sile era molto più navigabile più di adesso".

Riassumendo dunque quanto scriveva il Fapanni, il busto ligneo della Madonna effettivamente non c'era. Ciò che invece io stesso rilevai durante la visitazione dello storico, notai la presenza dei nobili veneziani sig. Lattis o Lattes, domiciliati tra le ville delle Pallade erette lungo il Sile, stanziate a lato della citata osteria. 

L'iter probabile della Madonna Nera 
trattenuta dal parroco delle Pallade, si scopre più tardi all'oratorio Cà Corner.   

A sentire dunque il Fapanni non esisteva nessuna traccia o simbolo raffigurante la suddetta Madonna Nera. Fatto salvo secondo tradizione, che il parroco l'avesse conservata, dapprima in canonica e poi  depositata all'Oratorio (ex Madonna di Loreto) presso l'azienda agricola Cà Corner detta anche la "Granza". (23)

(23)  L'oratorio dedicato alla Madonna di Loreto, venne appositamente eretto come luogo di preghiera all'esterno dell'antico palazzo detto Cà Corner. Il fatto che la cappella fosse stata eretta esternamente alla cinta, confermerebbe la volontà dei Corner alle famiglie colone loro dipendenti, di non entrare nell'area interna della residenza per le loro abituali preghiere. Oggi invece l'oratorio si trova compreso nella recente Portegrandi. Ragione per cui la statua giunta dal Sile, sarebbe stata secondo tradizione, depositata presso tale Oratorio.

La fam. Venier e l'arrivo dei Lattis

Ma le voci dell'epoca purtroppo, accavallandosi una sull'altra, divenne piuttosto complicato capire quale fosse quella che più avesse corrisposto alla realtà. D'altra parte non è notizia di ieri che i Venier avevano assegnato i propri fondi agricoli in Altino, alla famiglia veneziana di credo ebraico, Aron Vita Lattis padre di tre figli, Samuele, Aronne e Girolamo.  

Dalla loro venuta, avuta luogo inizialmente nel piccolo centro delle Tre Palade dove risiedeva appunto l'intera famiglia la cui tradizione attribuiva il recupero della statua agli stessi coloni soggetti alla fam. Lattis. In seguito i coloni abituali personaggi all'osteria, la donarono ai fratelli proprietari dei fondi, cioè ai figli di Aron Vita Lattis. Entrambi risiedevano nelle ville accanto al Sile (Tuttora esistenti) presso cui esercita tuttora l'osteria molto frequentata. Diversamente il padre Aron, eresse come propria abitazione una villa in Altino detta "La Pastoria," stanze e servitù, ricovero per animali e tutto il resto. 

L'anno 1794 e la tenuta fondiaria 
concessa ai Lattis

Va sottolineato per ragioni storiche riguardanti l'agricoltura in Altino, che l'intera tenuta dei Venier venne concessa ai Lattis il 9 maggio 1794, tre anni prima delle scorribande francesi nel Veneto. Non è pertanto da escludere che il recupero della statua, sia stata veramente compiuta dai contadini frequentatori dell'osteria, la quale, se non era già proprietà dei Lattis lo divenne in seguito. (24) Fatto sta che venne ceduta o donata secondo diverse tradizioni, ai fratelli Lattis possidenti delle campagne e probabili titolari degli stessi coloni.   

(24) Ad Aron Vita Lattis pioniere di Altino venne concessa nel 1794 l'intera tenuta dai nobili Venier. Padre di tre figli abitò alla Pastoria di Altino, la quale Villa venne ceduta nel 1850 circa al nobile De Reali. Per quanto riguarda le abitazione signorili dei Lattis, tuttora vigenti, una delle quali è stata abitata dal concittadino Giovanni Cristo, conosciutissimo esperto per la costruzione di animali da richiamo.

i Lattis, probabili depositari.

A loro volta i fratelli Lattis, non sapendo che farsene di un emblema simboleggiante il mondo Cattolico, loro stessi di credo Giudaico, la evolsero al parroco delle Pallade. Oppure, avrebbero potuto grazie all'amicizia dei fratelli col proprietario del cosiddetto Oratorio alla Granza, averlo donato e depositato loro stessi. 

Da questa fiumana di notizie probabilmente veritiere, prenderanno avvio le numerose e citate tradizioni attraverso cui, l'immagine della Madonna verrà collocata presso la chiesetta Cà Corner rimasta presumibilmente vuota dell'immagine della Madonna di Loreto. Non è noto d'altra parte, se l'Oratorio all'epoca dei Corner fosse stato provvisto di una tela o altro raffigurante tale Madonna. Propendiamo dunque per una possibile esclusione oltre al titolo già conosciuto. 

E giunti a questo punto, la storia ricavata dai tradizionali movimenti di quell'ammasso nero galleggiante ora sistemato a Cà Corner, si conclude. Finisce lasciandoci come ammonimento una storia per la quale, non fosse caso mai del tutto veritiera, ci piacerebbe che almeno lo fosse. E' lo è senza dubbio secondo la tradizione narrata, e per la sua centenaria presenza in comune di Quarto d'Altino. 
 

  


   


Si veda fotocopie su alcuni documenti, appositamente tagliati per l'enormità del contenuto. Riguardano l'attività agricola tenuta dalla famiglia Lattis in Altino inviata per conoscenza all'Imp. Regno Commissariato Distrettuale di S. Dona di Piave.
La relazione curata dalla Deputazione Comunale di S. Michele del Quarto, cui l'agente Nicolò Camovitto ne fa parte, narra in due ampie pagine manoscritte, la risolutezza, l'energia e l'impiego delle tecniche assunte per l'agricoltura dalla famiglia Lattis. Il rapporto è controfirmato dai sottoscritti deputati: Pellegrin Moro - Agnesato ... - Giuseppe Guizzetti, Santo Bressan e Drasich Angelo.   Lì 7 giugno 1839.

              Fine  quattordicesimo capitolo

                                    ***
La condanna a morte del frate Cappuccino Padre Luigi Maria... e il cannibalismo francese nel Veneto

Integrazioni sulle scorribande francesi registrate dai ricordi dell'analista sui danni recati nel 1796.

..." li gravissimi danni recati a questa Serenissima Repubblica nonostante siasi mantenuta costante neutralità non è possibile descrivere..."

I frati Cappuccini furono coinvolti in modo drammatico e le truppe francesi sembravano l'incarnazione della violenza e i conventi destinati ad essere preda di entrambi i belligeranti. (Austria e Francia)

"... le violente prepotenze, gli insulti, le devastazioni, li saccheggi specialmente nei villaggi e nelle case di campagna sono indicibili ed il tutto per parte dei francesi..."

Il frate cappuccino Padre Luigi Maria di Verona, (1725/1797) venne fucilato dai francesi nella sua città natale, che di fronte agli occupanti scriveva una lettera al suo confratello di Treviso nella quale affermava: 
" Siamo finalmente giunti sotto il governo francese assai peggiore dei cannibali..."

La lettera trattenuta e aperta dalle truppe di occupazione configurava per i francesi notizie infamanti e venne condannato a morte. Il vecchio cappuccino fu condotto fuori Porta Nuova e fucilato l'8 giugno alla presenza di molto popolo.

(" I cappuccini Veneti" - Lorenzo da Fara 1994)

Per concludere

Scusate l'ingerenza storica ma vera purtroppo, addebitata ai francesi. E tuttavia non mi pare d'avere esagerato nella mia narrazione nel riportare su tradizione locale, le ruberie e violenze dei francesi sui veneti. E non potrebbe neppure trattarsi d'ingerenza bensì di storia, quando appunto i frati Cappuccini, gente di chiesa timorati di Dio, descrissero i francesi, addirittura dei Cannibali.
Il Cannibalismo non è altro che una forma di crudeltà, disumana e di barbarie E' l'incarnazione stessa delle prepotenze, degli insulti, devastazioni e saccheggi... come usava Attila, il flagello di Dio.
Queste dunque, le truppe francesi in Italia al comando del Bonaparte. 
(Anno 1797 - all'ingresso del nuovo secolo - 1800)

A presto



























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