Per facilitare la lettura si consiglia seguire per ordine di successione i capoversi colorati in bleu. In caso contrario s'incontrerebbero malintesi.
Capitolo undicesimo - 1998 **
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I ricordi di Marcon Abramo e l'addio del rev. Scattolin
(Vi comprendono i relativi sacerdoti Scattolin don Carlo e don Marco Polo entrambi parroci di Quarto)
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Le memorie di Abramo narrate durante un incontro casuale presso l'oratorio Maria Regina della Pace.
Se ho potuto attingere a qualche elemento inedito sul vissuto di Scattolin don Carlo, quanto sul rev. Polo don Marco: parroci emeriti di Quarto, lo devo anzitutto al sig. Marcon Abramo di S. Liberale (Ve) diocesi di Treviso. Le brevi e limitatissime notizie qui diffuse, non sono conosciute ai concittadini di Quarto d'Altino né all'epoca lo erano a me stesso e suppongo anche per la popolazione dell'attiguo Pojan.
Conobbi casualmente il sig. Abramo il 20 settembre 1986 durante la consacrazione del Capitello "Maria Regina della Pace" sito in via Pojanone. (Parrocchia di S. Liberale) Quel giorno, fra le tante notizie acquisite e in seguito appuntate, conobbi anche il contributo col quale il sig. Marcon, aveva volontariamente offerto per la realizzazione del Capitello. Eretto dalla piccola comunità del Pojan, venne in seguito donato alla cittadinanza di S. Liberale in occasione dell'anno Santo Mariano 11 settembre 1988.
Marcon Abramo e il sottoscritto presso il capitello "Maria Regina della Pace" in Via Pojanone. A lato, Marcon Abramo nella quiete campestre del suo Pojan. Foto Archivio Bonesso Alfio Giovanni. Copyright dell'autore.
Non fu per niente complicato capire quel 20 settembre '86, la profonda e spontanea spiritualità di Abramo e non tanto per il solo giorno dell'inaugurazione, bensì per la fede evidente e sempre manifestata secondo dichiarazioni dei residenti del Pojan.
La devozione lo portò inoltre a solidarizzare con le famiglie del vicinato (S. Liberale di Marcon) allorquando rimuovendo gli antichi blocchi di marmo dal terreno nel quale l'antica Pieve di S. Cassiano conservava, ne fece depositare anche presso la propria abitazione, accanto al capitello da erigere. Segnalati dal sig. Abramo, vennero raccolti per farne sostegno alla mensa d'Altare alla futura chiesetta di via Pojanone: luogo nel quale nacque e risiedeva lungo una Stradella in terra battuta. Va registrato peraltro, che il pezzetto di terra in cui sorse il sacello, venne donata dal sig. Abramo, proprietario del fondo.
La devozione lo portò inoltre a solidarizzare con le famiglie del vicinato (S. Liberale di Marcon) allorquando rimuovendo gli antichi blocchi di marmo dal terreno nel quale l'antica Pieve di S. Cassiano conservava, ne fece depositare anche presso la propria abitazione, accanto al capitello da erigere. Segnalati dal sig. Abramo, vennero raccolti per farne sostegno alla mensa d'Altare alla futura chiesetta di via Pojanone: luogo nel quale nacque e risiedeva lungo una Stradella in terra battuta. Va registrato peraltro, che il pezzetto di terra in cui sorse il sacello, venne donata dal sig. Abramo, proprietario del fondo.
Gran parte dei blocchi provenienti dall'antica Pieve crollata nel 1604, vennero riutilizzati con il concorso del giovane Abramo, dando luogo tra il 1943/44, alle fondazioni della recente chiesa parrocchiale di S. Liberale. E così discutendo sulle molteplici attività, scaturirono anche le memorie su don Marco Polo, il quale durante l'adolescenza di Abramo, educava i giovani nella religione cristiana alla scuola dell'obbligo in S. Michele del Quarto.
Mi parlò anche di un suo zio seminarista, certo Emilio Marcon, il quale frequentando gli studi teologici col futuro mons. Carlo Angelo Scattolin, mi rivelò alcuni ricordi che lo zio aveva conservato sul compagno e amico seminarista, e che in seguito divenne sacerdote.
Pojanone - Il capitello dedicato a Maria Regina della Pace venne donato l'11 settembre 1988 alla comunità di S. Liberale di Marcon. (Ve) - E' meta di fedeli del circondario, anche di Quarto d'Altino praticanti di entrambe le diocesi. - Vedi la mensa d'altare abbellita da un blocco di marmo tolto dall'antica Pieve di S. Cassiano di Povegliano Altinate. A lato della strada, posati pianoterra, sono conservati alcuni pezzi marmorei con i quali venne completata la memoria storica della Pieve di S. Cassiano.
Marcon Abramo di Giacobbe e Sperandio Rosa nacque in Via Pojanone, frazione di Marcon in provincia di Venezia quando appunto il Pojan, luogo nativo di Abramo, non era ancora annoverato col titolo di S. Liberale. Sino al 1953 infatti, il Pojan, non possedendo una propria chiesa, era soggetto alla parrocchia di S. Bartolomeo di Gaggio.
Dopo l'erezione e consecutiva consacrazione, l'antica Povegliano assunse tra il 1953/54 il titolo recente di S. Liberale. Si è comunque conservata una strada col titolo di via Pojanone a ricordo degli splendori dell'antica città romana.
Abramo nacque il 04/06/1924. Abitava e sempre abitò in Pojan presso il capitello del quale, lui stesso contribuì ad erigere. Scomparve il 18 marzo 2012 a 87 anni.
Uomo di cultura e storico della recente parrocchia di S. Liberale, lasciò numerosi scritti ed opere attestanti il proprio vissuto, quali per esempio, i sentimenti rurali, storici e religiosi del paese con i quali visse. E non avrebbe certo potuto testimoniarli qualora fosse nato in una grande e affermata città, dove il transito dell'antica Roma non si sarebbe neppure notato. Il buon Dio invece ha voluto concederli i natali, proprio presso una Stradella dove in antico sorgeva la "Piviglianis" romana, dove più tardi nacque in epoca post Costantiniana la Pieve di S. Cassiano. In seguito la medesima Pieve, conseguì il titolo di Santa Maria di Povegliano Altinate. (1)
(1) S. Cassiano costruito sulla sponda destra del fiume Zero mutò titolo dopo il 1300 in S. Maria. Nel 1844 si poteva ancora vedere i ruderi, fondamenta e cimitero.
I titoli delle sue opere tutte composte all'insegna della religiosità e del proprio vivere sono: "Storia del Capitello Maria Regina della Pace" - "Ricordi sulla costruzione della chiesa di S. Liberale" - "Il Frumento" - "Il Filò" - "Le Rogazioni" - "Quando S. Liberale fu proclamato patrono della nostra parrocchia" - "Le siepi scomparse" - "La divisa".
Dalle sue esposizioni, alcune delle quali scritte a mano, traspare una grande umanità, una qualità radicata e talmente forte che quando scriveva, gli pareva di esprimere delle cose santissime. E tant'era la sua contentezza, che pareva dovesse compiere un atto liturgico, su cui impiegava tutta l'anima che aveva. Fanno testo anche le pagelle scolastiche di Abramo, costellate da una serie di voti straordinariamente superiori alla media. Sono firmate dalla maestra Virginia Zolli di S. Michele del Quarto e dal distretto scolastico di Meolo. Questi documenti sono la prova più trasparente del penetrante intelletto e la forza del suo sapere.
Abramo aveva una speciale predilezione anche per il "Vivere Civile": materia per la quale all'epoca non era di uso scolastico, eppure la maestra Servadio Rosina di Venezia, applicava l'insegnamento a tutti i ragazzi della IV^ e V^ elementare di S. Michele del Quarto. Riconoscente Abramo, ricavò da quel "Vivere Civile" ottenuto dalla non prevista materia scolastica, un'insegnamento che lo accompagnò per tutta la vita. I segni e le opere lasciate da Abramo sono innumerevoli, tanto crediamo da superare la materialità delle cose terrene. Solidale con molte finalità umanitarie, si distinse donando il proprio sangue all'Avis di Marcon. Riconosciuto il suo alto contributo, venne premiato con tre medaglie: bronzo, argento e oro.
Il temperamento mite e timido lo portava alla solitudine, un'isolamento che favoriva lo spirito che teneva ben fisso al suo pensiero, sempre rivolto al proprio Creatore. Trascorse la vita con i familiari che tanto amò attivandosi nei lavori campestri. Di quegli anni Abramo conservava ricordi bellissimi, intimi e unici e come spesso ricordava riferendosi alla guerra, anche terribili. Ricordi che, sarebbe impossibile raccoglierli tutti e riportarli in queste pagine.
Queste poche righe sulle tante attività maturate e realizzate durante la sua esistenza, non possono certo esaurirne l'impegno imposto dalla totale dedizione per gli altri, sempre nella costante testimonianza della fede cristiana. Basterebbe soltanto leggere i suoi scritti, tutti buttati giù nello spirito del cristiano perdono e della tolleranza. Ecco in sintesi chi era Marcon Abramo.
Pagelle scolastiche di Abramo e riconoscimento Avis.
Frequentava la scuola dell'obbligo a S. Michele del Quarto: località più prossima rispetto al centro abitato di Marcon che, non possedendo servizi di trasporto pubblico, gli permise riducendo il percorso scegliendo il meno lontano.
Ogni mattina e in ogni stagione dell'anno, si avviava a piedi sino a S. Michele del Quarto laddove Abramo ricordava, dominava sul frontespizio dell'edificio scolastico, una scritta inneggiante gli insegnamenti del regime, ma che non ricordava i termini.
Abramo nacque il 04/06/1924. Abitava e sempre abitò in Pojan presso il capitello del quale, lui stesso contribuì ad erigere. Scomparve il 18 marzo 2012 a 87 anni.
Uomo di cultura e storico della recente parrocchia di S. Liberale, lasciò numerosi scritti ed opere attestanti il proprio vissuto, quali per esempio, i sentimenti rurali, storici e religiosi del paese con i quali visse. E non avrebbe certo potuto testimoniarli qualora fosse nato in una grande e affermata città, dove il transito dell'antica Roma non si sarebbe neppure notato. Il buon Dio invece ha voluto concederli i natali, proprio presso una Stradella dove in antico sorgeva la "Piviglianis" romana, dove più tardi nacque in epoca post Costantiniana la Pieve di S. Cassiano. In seguito la medesima Pieve, conseguì il titolo di Santa Maria di Povegliano Altinate. (1)
(1) S. Cassiano costruito sulla sponda destra del fiume Zero mutò titolo dopo il 1300 in S. Maria. Nel 1844 si poteva ancora vedere i ruderi, fondamenta e cimitero.
Le opere di Abramo
Dalle sue esposizioni, alcune delle quali scritte a mano, traspare una grande umanità, una qualità radicata e talmente forte che quando scriveva, gli pareva di esprimere delle cose santissime. E tant'era la sua contentezza, che pareva dovesse compiere un atto liturgico, su cui impiegava tutta l'anima che aveva. Fanno testo anche le pagelle scolastiche di Abramo, costellate da una serie di voti straordinariamente superiori alla media. Sono firmate dalla maestra Virginia Zolli di S. Michele del Quarto e dal distretto scolastico di Meolo. Questi documenti sono la prova più trasparente del penetrante intelletto e la forza del suo sapere.
Abramo aveva una speciale predilezione anche per il "Vivere Civile": materia per la quale all'epoca non era di uso scolastico, eppure la maestra Servadio Rosina di Venezia, applicava l'insegnamento a tutti i ragazzi della IV^ e V^ elementare di S. Michele del Quarto. Riconoscente Abramo, ricavò da quel "Vivere Civile" ottenuto dalla non prevista materia scolastica, un'insegnamento che lo accompagnò per tutta la vita. I segni e le opere lasciate da Abramo sono innumerevoli, tanto crediamo da superare la materialità delle cose terrene. Solidale con molte finalità umanitarie, si distinse donando il proprio sangue all'Avis di Marcon. Riconosciuto il suo alto contributo, venne premiato con tre medaglie: bronzo, argento e oro.
Il temperamento mite e timido lo portava alla solitudine, un'isolamento che favoriva lo spirito che teneva ben fisso al suo pensiero, sempre rivolto al proprio Creatore. Trascorse la vita con i familiari che tanto amò attivandosi nei lavori campestri. Di quegli anni Abramo conservava ricordi bellissimi, intimi e unici e come spesso ricordava riferendosi alla guerra, anche terribili. Ricordi che, sarebbe impossibile raccoglierli tutti e riportarli in queste pagine.
Queste poche righe sulle tante attività maturate e realizzate durante la sua esistenza, non possono certo esaurirne l'impegno imposto dalla totale dedizione per gli altri, sempre nella costante testimonianza della fede cristiana. Basterebbe soltanto leggere i suoi scritti, tutti buttati giù nello spirito del cristiano perdono e della tolleranza. Ecco in sintesi chi era Marcon Abramo.

Foto archivio Bonesso Alfio Giovanni. Copyright dell'autore.
La scuola dell'obbligo
Ogni mattina e in ogni stagione dell'anno, si avviava a piedi sino a S. Michele del Quarto laddove Abramo ricordava, dominava sul frontespizio dell'edificio scolastico, una scritta inneggiante gli insegnamenti del regime, ma che non ricordava i termini.
Durante le belle stagioni, quando i sentieri di campagna diventavano asciutti e transitabili, anziché procedere sulla vecchia e consueta strada (Allora in terra battuta) si avviava tra i numerosi varchi che lui stesso aveva aperti, attraverso cui giungeva come reclamava don Marco Polo, almeno 30 minuti prima delle lezioni tenute dalle insegnanti dello Stato. (Don Polo infatti, educava i giovani nella dottrina cristiana mezzora prima delle maestre) A don Marco Polo riconobbe il ruolo importante d'insegnante della religione Cristiana. Di lui però, ebbe a dire di essere stato un prete troppo esigente.
Cosicché Abramo, per assistere alla dottrina cristiana presieduta di buon ora dal parroco di S. Michele del Quarto, doveva partire da casa alle ore 6,30 di mattino. Stesso problema si verificava quando Abramo durante i rigidi inverni doveva giungere puntualmente alla scuola.
E non conoscendo espedienti migliori più di quanto aveva già utilizzato, né sperimentato altro, risolse la questione calzando le galosce chiodate usate durante i lavori nei campi. Cosicché l'industrioso e utile mezzo, portato più che altro sui terreni fangosi, permetteva ad Abramo scorrere agevolmente, scivolando sui fossati ghiacciati. E quando i chiodi sottostanti venivano premuti con forza, anche l'Abramo aumentava di velocità. E talvolta giungendo in anticipo all'appuntamento col parroco, prima di entrare nell'aula scolastica, s'infilava le pantofole a cerniera e si buttava a capofitto nello studio.
Fra le tante notizie e ricordi segnalati da Abramo, uno prevaleva su tutti. Mi confidò infatti, alcune riflessioni per le quali lo zio Emilio allorquando divenne sacerdote aveva rilevato sull'amico seminarista Carlo Angelo Scattolin. In seguito, durante un incontro tra familiari le rivelò personalmente anche al nipote Abramo.
Cosicché Abramo, per assistere alla dottrina cristiana presieduta di buon ora dal parroco di S. Michele del Quarto, doveva partire da casa alle ore 6,30 di mattino. Stesso problema si verificava quando Abramo durante i rigidi inverni doveva giungere puntualmente alla scuola.
E non conoscendo espedienti migliori più di quanto aveva già utilizzato, né sperimentato altro, risolse la questione calzando le galosce chiodate usate durante i lavori nei campi. Cosicché l'industrioso e utile mezzo, portato più che altro sui terreni fangosi, permetteva ad Abramo scorrere agevolmente, scivolando sui fossati ghiacciati. E quando i chiodi sottostanti venivano premuti con forza, anche l'Abramo aumentava di velocità. E talvolta giungendo in anticipo all'appuntamento col parroco, prima di entrare nell'aula scolastica, s'infilava le pantofole a cerniera e si buttava a capofitto nello studio.
Foto archivio Bonesso Alfio Giovanni. Copyright dell'autore.
Il seminarista Carlo Scattolin ricordato da don Emilio Marcon
Il seminarista Carlo Scattolin ricordato da don Emilio Marcon
Fra le tante notizie e ricordi segnalati da Abramo, uno prevaleva su tutti. Mi confidò infatti, alcune riflessioni per le quali lo zio Emilio allorquando divenne sacerdote aveva rilevato sull'amico seminarista Carlo Angelo Scattolin. In seguito, durante un incontro tra familiari le rivelò personalmente anche al nipote Abramo.
Questa la frase di don Emilio ad Abramo, trasmessa poi al sottoscritto: "Vedendolo spesso pregare intensamente e con vera umiltà riconoscendo me stesso non degno, non avrei dubitato che un giorno avesse potuto diventare Santo. E poiché la preghiera dona virtù e fede egli dunque la riteneva necessaria". Rimasi senza parole.
E ripensandoci in seguito, non altro per aver conosciuto personalmente Scattolin don Carlo, non dubitai dell'osservazione del reverendo, con la quale aveva colto nei sentimenti dell'amico, un uomo di vera fede. E da questo suo intenso pregare, il seminarista e compagno di classe Emilio Marcon, si convinse veramente che Carlo Angelo Scattolin, avesse potuto un giorno diventare Santo.
Don Emilio Marcon nacque il 14/06/1902/ + 13/07/1976.
(P.S.) La dichiarazione di don Emilio al nipote Abramo sembrerebbe a ragion di veduta, pura fantasia, ma non lo è. E io stesso non sono avvezzo a frottole)
Secondo per ordine di nascita su cinque fratelli dei coniugi Antonio fu Gaetano e Marangon Luigia fu Luigi - Carlo nacque l'8/11/1906/ a Carpenedo allora in diocesi di Treviso dove sempre domiciliò prima del Sacerdozio. I nomi dei cinque fratelli per ordine di nascita scelti non a caso fra i tanti santi, se si esclude l'ultimo, sono: Maria, Carlo, Santa, Giovanni e Augusto. Dagli appellativi si capisce anche la religiosità della famiglia.
Entrò in seminario all'età di 11 anni. Superò agevolmente le medie, le superiori e gli anni teologici svolti in parte a Treviso e il resto a Venezia.
Studiò nel seminario di Treviso dal 1918 al 1927 fino alla prima classe teologica compresa, finché l'annessione di Carpenedo nella diocesi di Venezia non ne decise il trasferimento. Terminati gli studi teologici nel seminario Patriarcale, fu ordinato sacerdote il 13/07/1930 dal Card. Pietro la Fontaine.
Inviato a Chirignago in qualità di vicario esercitò il suo mandato dal 1930 al 1935. Quindi cappellano a Zelarino dal 1935 al 1937, poi vicario parrocchiale dal 14/11/1937 a S. Michele del Quarto. (Ora Quarto d'Altino)
Promosso parroco in seguito a concorso Canonico, ne prese possesso il 13/03/1938/. Da quella data in poi, resse la parrocchia di Quarto d'Altino sino al 1976: anno in cui, colpito da una malattia irreversibile, giunse a sostegno il vicario don Mario Ronzini.
Indebolito da tempo e amareggiato, scriveva al Card. Albino Luciani di non sentirsi più in grado di riprendere il ministero, pregandolo di essere utilizzato in qualche altro servizio Pastorale.
Ritirato a Venezia in casa Cardinal Piazza, moriva all'ospedale Fatebenefratelli il 21 gennaio 1988. I funerali presieduti dal Patriarca si svolsero nella chiesa dei SS. Apostoli. Per suo desiderio fu poi trasportato nel cimitero di Quarto d'Altino dove riposa in pace. Arciprete per 39 anni lasciò tra la sua gente un grande rimpianto. Nel 1968 fu nominato Cappellano di Sua Santità e nel 1976 annoverato tra i canonici onorari del Capitolo della Basilica di S. Marco.
La Fiat Balilla di proprietà Scattolin don Carlo. La bicicletta requisita dal regime e la pena capitale inferta a quattro partigiani.
Quando nel novembre 1937 Scattolin don Carlo giunse a S. Michele del Quarto, vi approdò provvisto di una bella e lussuosa automobile tinta nero Fiat Balilla. Mai la cittadinanza avrebbe immaginato di dover interloquire con un sacerdote di famiglia ricca o sia pure benestante in un paese nel quale gravava più che altro povertà. Il dilemma comunque, si risolse nel momento in cui il giovane Scattolin dichiarò di averla ricevuta in dono dalla parrocchia di Zelarino.
Più verosimilmente gli venne offerta da alcuni ricchi proprietari delle tenute agricole di Zelarino con il concorso della popolazione indigena. E non poteva non essere che così, dato il carattere non certo agiato cui versava la sua famiglia, che doveva far crescere i quattro fratelli rimasti a casa.
Conservò l'automobile usandola con equilibrio e parsimonia sino al 1943, finché il 15 novembre di quell'anno, la circolazione venne consentita solo con una speciale autorizzazione prefettizia rilasciata d'intesa con l'ufficio amministrativo del comando militare germanico. Tale autorizzazione non fu concessa a don Scattolin, tanto che nei primi giorni del mese di marzo 1945, fu invitato dal comando Fascista di S. Michele del Quarto a recarsi a Casale per dare assistenza, benché privo d'automobile, ad alcuni condannati a morte mediante fucilazione.
La temporanea assenza dei parroci di Casale e Lughignano, (Parroci dei relativi distretti di Treviso) fu la conseguenza necessaria per la quale don Scattolin doveva rimpiazzare i sacerdoti assenti. Questa la motivazione fatta credere al parroco di S. Michele, il quale più informato dello stesso portavoce, già conosceva che i parroci del distretto di Treviso furono dapprima imprigionati nella Casa del Fascio in S. Michele del Quarto e in seguito spediti nelle carceri di Padova.
Don Emilio Marcon nacque il 14/06/1902/ + 13/07/1976.
(P.S.) La dichiarazione di don Emilio al nipote Abramo sembrerebbe a ragion di veduta, pura fantasia, ma non lo è. E io stesso non sono avvezzo a frottole)
Profilo biografico del rev.
Scattolin don Carlo.
Entrò in seminario all'età di 11 anni. Superò agevolmente le medie, le superiori e gli anni teologici svolti in parte a Treviso e il resto a Venezia.
Studiò nel seminario di Treviso dal 1918 al 1927 fino alla prima classe teologica compresa, finché l'annessione di Carpenedo nella diocesi di Venezia non ne decise il trasferimento. Terminati gli studi teologici nel seminario Patriarcale, fu ordinato sacerdote il 13/07/1930 dal Card. Pietro la Fontaine.
Inviato a Chirignago in qualità di vicario esercitò il suo mandato dal 1930 al 1935. Quindi cappellano a Zelarino dal 1935 al 1937, poi vicario parrocchiale dal 14/11/1937 a S. Michele del Quarto. (Ora Quarto d'Altino)
Promosso parroco in seguito a concorso Canonico, ne prese possesso il 13/03/1938/. Da quella data in poi, resse la parrocchia di Quarto d'Altino sino al 1976: anno in cui, colpito da una malattia irreversibile, giunse a sostegno il vicario don Mario Ronzini.
Indebolito da tempo e amareggiato, scriveva al Card. Albino Luciani di non sentirsi più in grado di riprendere il ministero, pregandolo di essere utilizzato in qualche altro servizio Pastorale.
Ritirato a Venezia in casa Cardinal Piazza, moriva all'ospedale Fatebenefratelli il 21 gennaio 1988. I funerali presieduti dal Patriarca si svolsero nella chiesa dei SS. Apostoli. Per suo desiderio fu poi trasportato nel cimitero di Quarto d'Altino dove riposa in pace. Arciprete per 39 anni lasciò tra la sua gente un grande rimpianto. Nel 1968 fu nominato Cappellano di Sua Santità e nel 1976 annoverato tra i canonici onorari del Capitolo della Basilica di S. Marco.
La Fiat Balilla di proprietà Scattolin don Carlo. La bicicletta requisita dal regime e la pena capitale inferta a quattro partigiani.
Quando nel novembre 1937 Scattolin don Carlo giunse a S. Michele del Quarto, vi approdò provvisto di una bella e lussuosa automobile tinta nero Fiat Balilla. Mai la cittadinanza avrebbe immaginato di dover interloquire con un sacerdote di famiglia ricca o sia pure benestante in un paese nel quale gravava più che altro povertà. Il dilemma comunque, si risolse nel momento in cui il giovane Scattolin dichiarò di averla ricevuta in dono dalla parrocchia di Zelarino.
Più verosimilmente gli venne offerta da alcuni ricchi proprietari delle tenute agricole di Zelarino con il concorso della popolazione indigena. E non poteva non essere che così, dato il carattere non certo agiato cui versava la sua famiglia, che doveva far crescere i quattro fratelli rimasti a casa.
Conservò l'automobile usandola con equilibrio e parsimonia sino al 1943, finché il 15 novembre di quell'anno, la circolazione venne consentita solo con una speciale autorizzazione prefettizia rilasciata d'intesa con l'ufficio amministrativo del comando militare germanico. Tale autorizzazione non fu concessa a don Scattolin, tanto che nei primi giorni del mese di marzo 1945, fu invitato dal comando Fascista di S. Michele del Quarto a recarsi a Casale per dare assistenza, benché privo d'automobile, ad alcuni condannati a morte mediante fucilazione.
Foto d'archivio. Mons. Scattolin don Carlo. Canonico Onorario di S. Marco.
Arciprete per 39 anni nella parrocchia di Quarto d'Altino.
Morì a Venezia e per suo desiderio venne sepolto sulla nuda terra nel cimitero di Quarto d'Altino.
La temporanea assenza dei parroci di Casale e Lughignano, (Parroci dei relativi distretti di Treviso) fu la conseguenza necessaria per la quale don Scattolin doveva rimpiazzare i sacerdoti assenti. Questa la motivazione fatta credere al parroco di S. Michele, il quale più informato dello stesso portavoce, già conosceva che i parroci del distretto di Treviso furono dapprima imprigionati nella Casa del Fascio in S. Michele del Quarto e in seguito spediti nelle carceri di Padova.
Nulla centra dunque l'indisponibilità dei parroci trevigiani che all'epoca dell'invito rivolto a don Scattolin, erano già ritornati dalla prigionia, e da ciò che si udiva, bastonati con ferocia. E tuttavia sempre disponibili per la propria parrocchia. E per quanto si fossero resi utili non vennero mai interpellati dal comando fascista, bensì viceversa si rivolse a don Scattolin.
In quel periodo infatti, furono arrestatati una decina di sacerdoti dichiarati conniventi con i partigiani e che mons. Mantiero Vescovo di Treviso operò per la loro liberazione.
E nonostante il proscioglimento, prevalse sul Comandante del manipolo di Quarto d'Altino, un'antipatia e un opposizione tale, tanto da non augurarsi ancora una volta, di vederli gestire le rispettive parrocchie. Comunità che lo stesso Comandante doveva governare mezzo i sacerdoti incriminati e per questo rifiutati. Cosicché, per assistere i condannati a morte venne autorizzato il sacerdote di S. Michele del Quarto in provincia di Venezia, peraltro fuori giurisdizione.
Privato frattanto dell'automobile, Scattolin don Carlo venne trasportato mezzo camionetta dalla Milizia volontaria locale in compagnia del sacrestano Pavan, il quale assistette alla fucilazione presso il cimitero di Casale. Il compito riservato a don Scattolin consisteva nel confessare i condannati, distribuire il viatico e l'Estrema Unzione. (2) Della spinosa vicenda il sacerdote non ne fece mai parola, né dagli archivi di Quarto sono mai emerse memorie né scritti a titolo privato. A rivelare l'episodio ci pensò a conflitto concluso il sacrestano Pavan (3) che di fronte alla vicenda vissuta, non seppe mantenere il segreto.
Privato frattanto dell'automobile, Scattolin don Carlo venne trasportato mezzo camionetta dalla Milizia volontaria locale in compagnia del sacrestano Pavan, il quale assistette alla fucilazione presso il cimitero di Casale. Il compito riservato a don Scattolin consisteva nel confessare i condannati, distribuire il viatico e l'Estrema Unzione. (2) Della spinosa vicenda il sacerdote non ne fece mai parola, né dagli archivi di Quarto sono mai emerse memorie né scritti a titolo privato. A rivelare l'episodio ci pensò a conflitto concluso il sacrestano Pavan (3) che di fronte alla vicenda vissuta, non seppe mantenere il segreto.
(2) Il comune di Casale sul Sile, (Treviso) affisse in memoria dell'efferato episodio, le immagini dei propri concittadini Cristiano Pin e Italo Favero presso l'ingresso nord del cimitero. Sono tuttora visibili accanto al portale. In realtà quel giorno i condannati alla pena capitale furono quattro. Assieme ai primi furono passati per le armi anche Pietro Toffoletto di Silea e Mario Paquola di Sant'Elena. Non essendo questi di Casale furono sepolti nei loro rispettivi paesi e là collocate le relative immagini.
(3) Pavan Giulio detto "Usea" dopo 15 anni e più di servizio, lasciò l'ufficio di sacrestano nel gennaio 1952. Abitava e sempre abitò a lato della Canonica di Quarto. La sua casa è tuttora eretta. Trent'anni dopo i ricordi del Pavan, mi recai negli archivi parrocchiali di Casale, Conscio e Lughignano, trovandovi l'atto di morte dei partigiani firmato dal parroco don Angelo Zardo imprigionato per 20 giorni e rilasciato il 26 gennaio 1945. Un atto di morte dunque che il parroco Scattolin non poté firmare data la presenza in parrocchia del rev. Zanardo che peraltro gli spettava il compito. Non vi sono dubbi pertanto sull'azione conclusiva del prelato di Quarto ricordata dagli amici del paese dal sacrestano Giulio Pavan. Amici che non hanno mai dimenticato quanto a loro venne riferito.
La notifica di Scattolin don Carlo
alla Curia di Venezia.
Nello stesso periodo venne anche proibito l'ascolto della radio, tra gli esercizi pubblici, eccetto le trasmissioni di Radio Roma e nelle ore consentite seguendo i comunicati del Governo Fascista Repubblicano. All'epoca il parroco Scattolin non possedeva la Radio, né si recava negli esercizi pubblici per ascoltarla. Era privo persino di un collegamento telefonico privato qualora avesse dovuto interloquire con la Curia di Venezia. C'era comunque un telefono pubblico collocato a pochi passi dalla canonica, tenuto dal giornalaio sig. Giovanni Sinistri e coniuge Carrettin Virginia. E' noto d'altra parte che nel mese di dicembre 1944, il prelato di Quarto si mise improvvisamente in contatto con la sede veneziana mezzo il telefono pubblico tenuto dal Sig. Sinistri. In quell'occasione notificò al Card. Piazza, anche per iscritto, affinché intervenisse sedando la fucilazione di 6 persone da tenersi la vigilia di Natale... ma di questo parleremo nei prossimi capitoli.
Precedentemente venne disposta la requisizione di tutte le biciclette nuove e seminuove di proprietà di fabbriche e negozi che trattavano all'ingrosso e al dettaglio, come pure gli accessori e pezzi di ricambio relativi alle biciclette. Un bel guaio davvero e tanto complicato che don Scattolin decise di vendere l'autovettura divenuta oramai inservibile. Ceduta, rimase anche sprovvisto della bicicletta che non poteva acquistare per la requisizione in atto. Qualcuno però pensò di prestargliela per dare assistenza agli infermi, sempre e comunque su autorizzazione Prefettizia. Ne rimase privo sino ad aprile 1945: mese ed anno della liberazione. In seguito, le fabbriche e i negozi di biciclette ripresero i battenti, e don Scattolin non perse occasione per acquistarne una che fosse finalmente di sua proprietà. Per quanto riguarda l'automobile si sa per certo che non ebbe mai rimpianti e che anzi, venne rimpiazzata dalla linea ferroviaria per mezzo della quale si recava alla Curia di Venezia.
Le ragioni delle requisizioni ritenute oramai conosciute ai residenti di Quarto, suggeriscono il non dilungarsi su argomenti di poca sostanza. Vorremmo però ricordare in tema di biciclette, quel nostro paesano che recandosi al lavoro in pieno giorno, fu fermato e arrestato dalla Milizia volontaria di Quarto. Venne comunque imprigionato perché la bicicletta non recava a fronte del manubrio o sterzo, il cosiddetto "feral". (Fanale)
Ma grazie all'intervento dell'ufficiale di giornata (Lucheschi Dino) che aveva riconosciuto nel prigioniero il suo ex dipendente (Bonesso Luigi) e perciò lo fece scarcerare. (4)
Il provvedimento della Milizia avrebbe probabilmente prodotto la condizione possibile, affinché l'arrestato fosse spedito nei campi di lavoro in Germania. Esattamente come accadde al Povero Zanon, che laggiù trovò la morte.
(4) Il carcere risiedeva retro la Casa del Fascio di S. Michele del Quarto, luogo in cui furono imprigionati anche i citati parroci del trevigiano.... e don Carlo ne era al corrente meglio di chiunque altro.
(4) Il carcere risiedeva retro la Casa del Fascio di S. Michele del Quarto, luogo in cui furono imprigionati anche i citati parroci del trevigiano.... e don Carlo ne era al corrente meglio di chiunque altro.
L'addio ufficiale formulato per iscritto dal rev. Scattolin don Carlo
"Una voce da fuori", così mons. Scattolin, titolava una delle sue ultime lettere dirette agli ex parrocchiani di Quarto d'Altino. La scrisse in occasione delle festività Pasquali del 1979, allorquando desideroso di ritornare nella parrocchia che aveva amministrato per 39 anni e per la quale visse. Si chiedeva per quanto provato dalle malattie, se avrebbe fatto bene ritornarvi senza preavviso, fiducioso di un prossimo invito espresso dagli ex parrocchiani.
Breve pressa
La popolazione d'altra parte non avrebbe mai mancato all'appuntamento.
"So che mi accogliereste con piacere", insiste il prelato che pur indebolito fisicamente e moralmente, pare non accorgersi del proprio stato. Uno stato causato dalle malattie sempre sopportate con spirito di sacrificio e dallo sconforto di stare lontano dal paese dove operò per 39 anni.
Un'infermità e una sopportazione per le quali non esita dichiarare essere soltanto: "sciupato dall'età". Delle malattie, infatti non ne fa cenno, anzi descrivendo se stesso ribadisce "... non sono dinamico come quando lo ero con voi"... "fino ad una certa età si vola"... "poi si rallenta la corsa".
Rattristato per non aver potuto recarsi in parrocchia più di quanto avrebbe desiderato, causa le nuove occupazioni giornaliere, (a Venezia) ragione per cui rivivendo quei momenti chiamati "dolci ricordi", sono dal nostro punto di vista, più che comprensibili.
Rivolgendosi poi alla popolazione, rivela ciò che nella lettera inviata precedentemente (In parrocchia) non venne mai per cause a noi ignote completamente divulgata.
Rattristato per non aver potuto recarsi in parrocchia più di quanto avrebbe desiderato, causa le nuove occupazioni giornaliere, (a Venezia) ragione per cui rivivendo quei momenti chiamati "dolci ricordi", sono dal nostro punto di vista, più che comprensibili.
Rivolgendosi poi alla popolazione, rivela ciò che nella lettera inviata precedentemente (In parrocchia) non venne mai per cause a noi ignote completamente divulgata.
In ogni caso il messaggio dichiarava che:"... non vi ho dimenticato, non si possono dimenticare quelle persone care che per tanti anni furono oggetto delle mie più assillanti preoccupazioni, tanto più, e voi la sapete già, quando sarà la mia ora riposerò in mezzo a voi". (5)
Le preoccupazioni di don Scattolin sono note, egli infatti ricordava in primo luogo, tutte quelle persone che durante il suo mandato apostolico gli furono lontane. Nel testamento spirituale del 8/11/1976/ vi aggiunge: "Perdonatemi se non ho fatto bene come avrei dovuto"... "Dichiaro di morire nella fede del mio battesimo e del Sacerdozio"... "Grazie a chi pregherà per l'anima mia"... "La Madonna mi assista da Madre"... "vi attendo tutti in cielo".
Le preoccupazioni di don Scattolin sono note, egli infatti ricordava in primo luogo, tutte quelle persone che durante il suo mandato apostolico gli furono lontane. Nel testamento spirituale del 8/11/1976/ vi aggiunge: "Perdonatemi se non ho fatto bene come avrei dovuto"... "Dichiaro di morire nella fede del mio battesimo e del Sacerdozio"... "Grazie a chi pregherà per l'anima mia"... "La Madonna mi assista da Madre"... "vi attendo tutti in cielo".
(5) - La lettera di Scattolin don Carlo compilata sotto il titolo "Una voce da fuori", viene ora restituita alla comunità di Quarto tale quale egli la scrisse. All'epoca purtroppo, non fu possibile farla conoscere a tutta la comunità. Va rilevato inoltre che laddove i caratteri alfabetici tipo V - G - L - appaiono scritti in maiuscolo e non necessariamente obbligatori, non sono da ritenersi errori, bensì è segno evidente di rispettosa deferenza verso chi o a quanti egli si rivolge. (Superiori e parrocchiani compresi)
Il testo autografo del rev. Scattolin.
"Una voce da fuori"
Ai miei parrocchiani di Quarto d'Altino.
Pensare alla famiglia nella quale ha vissuto per molti anni e si è trovato bene perché ci si capiva e si amava, il pensare a questo è sempre un ricordo che porta sollievo, anzi gioia. Ora questo è il caso del Vostro parroco che nei prossimi giorni di festa non può fare a meno ricordare le tante Pasque passate con Voi, Pasque gioiose e qualcuna anche dolorosa.
Non dimenticherò mai la Pasqua del 1941 quando mi arrivò la notizia della morte di Scala Angelo. (Militare seconda guerra mondiale)
Ebbi l'incarico di portare quel pomeriggio la notizia in famiglia: è stata una Pasqua poco felice. Fu però un eccezione perché di solito in questo giorno di intensa gioia, quando ci si incontrava con quasi tutti i parrocchiani, ci si scambiava gli auguri, si viveva una giornata di famiglia. Ad una certa età si richiama volentieri questi dolci ricordi.
Dato che oggi ho letto il vostro foglietto mensile "Il Dialogo", strumento utile di unione tra Voi, ho pensato in occasione della Pasqua con la certezza di far cosa gradita a don Mario (Parroco di Quarto) e a don Marino (Vicario di don Mario) di inviare i miei auguri a tutti indistintamente, sia a quelli che conosco che siete la maggioranza, ed anche ai nuovi arrivati in questi tre anni dalla mia partenza dalla parrocchia.
A questo punto forse Voi vorreste farmi una domanda: lei ora non ha più le preoccupazioni di un parroco, orbene, non potrebbe farci qualche visita più di frequente? So che Voi mi accogliereste sempre con piacere. Anzi, i vostri sacerdoti mi invitano spesso, ed io stesso godo venire a Quarto che considero sempre la mia famiglia. E qui permettete che usi la frase di S. Pio X pronunciata quando lasciò Venezia nell'agosto 1903. Partendo per il conclave disse: "O vivo o morto tornerò". Lui tornò solo morto nel 1959 per concessione di Papa Giovanni, io penso ancora di tornare da vivo finché il Signore lo vuole, come faccio qualche volta.
Però vi dico che le mie visite sono poco frequenti per due ragioni: la prima perché non sono dinamico come lo ero con Voi negli anni passati. Fino ad una certa età si vola, ad un certo momento non si arriva più dappertutto come si vorrebbe perché si rallenta la corsa, la seconda ragione è perché quando uno si deve assentarsi occorre cercare chi lo sostituisce e, con la carenza di sacerdoti non è sempre facile specie di domenica, trovare il sostituto.
Con questo Vi voglio dire che, pur essendo alquanto sciupato dall'età, ho le mie occupazioni giornaliere adatte alle forze che ancora il Signore mi concede. Quindi può essere più facile capitare nei giorni feriali come qualche volta faccio, che non nei giorni festivi. Non è detto però che, anche non avendo occasione d'incontrarmi con Voi, Vi abbia dimenticato: non si possono dimenticare quelle persone care che per tanti anni furono oggetto delle mie più assillanti preoccupazioni, tanto più, e voi la sapete già, quando sarà la mia ora riposerò per sempre in mezzo a voi.
Con questo mio dire mi accorgo di essermi allontanato dall'argomento principale che mi ha mosso a scrivervi e che è presente a tutti Voi, vecchi, giovani e fanciulli, sposati e non sposati, sani e ammalati, nessuno eccettuato gli auguri di Pasqua. Cristo è Dio, non perché è morto ma perché è risorto. Crediamo in Lui pienamente, affidiamoci totalmente a Lui, ed amiamoLo davvero, ed amiamoci tra noi. Ho compiuto settant'anni e non so ancora quanto resterò quaggiù. Sono nato nella chiesa cattolica, in una famiglia cristiana e ne ringrazio anzitutto il Signore, i miei genitori ed intendo morire da cristiano e da sacerdote e per tutta l'eternità dirò a Dio, uno e trino, grazie per avermi chiamato al sacerdozio.
Vi auguro che formiate una comunità in cui Vi considerate tutti fratelli, uniti ai Vostri sacerdoti che condividono le Vostre gioie ed i Vostri dolori.
Il sentire che in parrocchia siete un cuor solo ed un'anima sola e vivete gli uni per gli altri, questo riempie di gioia il mio cuore. Gesù Risorto ci benedica tutti e siamoGli sempre fedeli.
Il vostro aff.mo ex parroco
don Carlo Scattolin
Testamento Spirituale del rev.
Testamento Spirituale del rev.
Scattolin don Carlo
Ho compiuto settant'anni e non so ancora quanto resterò quaggiù. Sono nato nella chiesa cattolica, in una famiglia cristiana e ne ringrazio anzitutto il Signore, i miei genitori ed intendo morire da cristiano e da sacerdote e per tutta l'eternità dirò a Dio, uno e trino, grazie per avermi chiamato al sacerdozio. Perdoni il Signore le mie molte mancanze e da parte mia chiedo perdono a tutte le anime che nel ministero o anche casualmente avvicinate, non ho edificato sempre con la mia parola e col mio esempio. In particolar modo chiedo perdono agli ex parrocchiani di Quarto d'Altino, con i quali sono vissuto per ben 39 anni, se non ho fatto quel bene che come parroco avrei dovuto compiere, e se qualcuno avesse mancato in qualunque modo verso di me, sappia che da me è pienamente perdonato.
Ora, ritirato a Venezia in Casa Card. Piazza, non posso dimenticare i miei cari di Quarto d'Altino, anzi desidero che le mie spoglie mortali siano portate nel cimitero di Quarto, precedute da un modesto funerale senza fiori e poste in una fossa comune. Grazie a chi pregherà per l'anima mia. Siamo vissuti tanti anni assieme, vi attendo tutti in cielo.
Se avessi disgustato i mie Superiori chiedo di essere perdonato, come spero di ottenere perdono da Dio infinitamente misericordioso. Mi raccomando alle preghiere dei miei Confratelli sacerdoti in special modo dei miei compagni di scuola di Venezia e di Treviso, (6) dei sacerdoti diocesani, dei sacerdoti di Quarto e di tutti i sacerdoti che mi furono cooperatori.
Presto infine affidamento sulle preghiere delle Rev.de Suore di Quarto e in modo particolare sulle preghiere dei piccoli. Dichiaro di morire nella fede del mio Battesimo e del mio Sacerdozio. La Madonna mi assista da Madre nel momento della mia morte. La mia vita iniziata nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, si chiude con la benedizione di queste Tre Divine Persone.
Venezia. Casa Card. Piazza 8/11/1976.
Don Carlo Scattolin
(6) Tra i tanti ringraziamenti formulati dal prelato, emergono anche quelli degli anni trascorsi nel seminario di Treviso in compagnia di don Emilio Marcon, che moriva il 13/07/1979: quattro mesi prima del lascito spirituale di Scattolin don Carlo.
Mons. Scattolin gli sopravvisse ancora per nove anni, sino al gennaio 1988. Anni che non furono certo i migliori della sua vita pastorale.
Ora, ritirato a Venezia in Casa Card. Piazza, non posso dimenticare i miei cari di Quarto d'Altino, anzi desidero che le mie spoglie mortali siano portate nel cimitero di Quarto, precedute da un modesto funerale senza fiori e poste in una fossa comune. Grazie a chi pregherà per l'anima mia. Siamo vissuti tanti anni assieme, vi attendo tutti in cielo.
Se avessi disgustato i mie Superiori chiedo di essere perdonato, come spero di ottenere perdono da Dio infinitamente misericordioso. Mi raccomando alle preghiere dei miei Confratelli sacerdoti in special modo dei miei compagni di scuola di Venezia e di Treviso, (6) dei sacerdoti diocesani, dei sacerdoti di Quarto e di tutti i sacerdoti che mi furono cooperatori.
Presto infine affidamento sulle preghiere delle Rev.de Suore di Quarto e in modo particolare sulle preghiere dei piccoli. Dichiaro di morire nella fede del mio Battesimo e del mio Sacerdozio. La Madonna mi assista da Madre nel momento della mia morte. La mia vita iniziata nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, si chiude con la benedizione di queste Tre Divine Persone.
Venezia. Casa Card. Piazza 8/11/1976.
Don Carlo Scattolin
(6) Tra i tanti ringraziamenti formulati dal prelato, emergono anche quelli degli anni trascorsi nel seminario di Treviso in compagnia di don Emilio Marcon, che moriva il 13/07/1979: quattro mesi prima del lascito spirituale di Scattolin don Carlo.
Mons. Scattolin gli sopravvisse ancora per nove anni, sino al gennaio 1988. Anni che non furono certo i migliori della sua vita pastorale.
Fine undicesimo capitolo
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