Per facilitare la lettura si consiglia seguire per ordine di successione i capoversi colorati in bleu. In caso contrario s'incontrerebbero malintesi.
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Capitolo quarto - 2001 **
La chiesa di Quarto d'Altino tra la volta stellata, gli affreschi e altari, cornici e vessili dedicati a Costantino il Grande.
Gli affreschi.
Sulle pareti della chiesa S. Michele Arcangelo di Quarto d'Altino sono dipinti e conservati entro fasce sovrapposte, dieci affreschi di culto popolare. Tre sono dedicati a Santi di origine altinate e sono S. Eliodoro, S. Magno e S. Liberale di Altino, i sette restanti sono: S. Francesco di Sales, S. Margherita Alacoque, S.Teresa del Bambino Gesù, S. Agnese, S. Monica, S. Isidoro contadino e S. Biagio.
Vennero dipinti dal maestro Archimede Bettiolo ma solo recentemente si è potuto attribuirne la paternità. Pittore, dipintore e decoratore visse a S. Michele del Quarto (Ora Quarto d'Altino) per un periodo assai limitato. Sufficiente per pianificare e istoriare con grande determinazione e vitalità i dieci Santi. Si cimentò nei ritagli di tempo a titolo gratuito tra il 1924 e il 1927 con il solo rimborso delle spese accertate in lire 5.395. Lo si è potuto apprendere dai registri della fabbriceria parrocchiale laddove sono elencati numerosi acquisti relativi a colori, decorazioni, stampi, porporina, colla ecc, a fianco dei quali sta scritto: "per pittura di n° 10 santi". Sul registro quanto sugli affreschi, non compare il nome dell'esecutore che probabilmente intendeva rimanere nell'anonimato.
Archimede Bettiolo decoratore dei 10 affreschi.
Foto archivio storico Bonesso Alfio Giovanni. Copyright dell'autore
In ogni caso, resta da farsi presso la famiglia delle indagini conoscitive sulla vita professionale dell'illustre maestro, rimasto sconosciuto al pubblico di Quarto d'Altino per ben 75 anni.
Ignoto al mondo delle arti, privo anche di fama di fronte alla cittadinanza che di fronte all'attività non di breve durata, del disagio degli ingombranti ponteggi, del trambusto causato dai continui spostamenti in chiesa, scordò troppo in fretta l'evento durato almeno tre anni.
Dato di fatto che produsse tra le generazioni venute dopo, l'impossibilità di assegnare la paternità ai dipinti, nonostante siano state fatte nel frattempo numerose ricerche, ultima fra le quali, ad opera mia personale.
A spingere l'Archimede ad abbellire la chiesa fu comunque il parroco don Giuseppe Bettiolo il quale, a quanto si deduce dai registri compilati di sua mano, non badò od escluse intenzionalmente il nome del fratello. Causa probabile della scomparsa biografica del pregiato artista.
D'altra parte i fratelli potrebbero avere avuto entrambi dei ripensamenti, in particolare il maestro Archimede che escludendo il proprio nome dagli affreschi, non lo pose probabilmente per motivi di riservatezza. O forse chissà, non essendo registrato come pittore qualificato nell'album degli artisti, si ritiene perciò avesse valutato in piena coscienza i propri limiti, trattenendosi a livello amatoriale. Qualunque cosa si possa supporre, rimane sempre un fatto inspiegabile. Ma non lo è del tutto e vediamo perché.
Peraltro il Gris, che aveva appositamente calcolate le dimensioni delle cornici in gesso su cui porre tra gli spazi vuoti gli addobbi previsti, dei quali pure il parroco De Martin ne era al corrente, fatti quindi i debiti calcoli sulle spese della parrocchia, abbandonarono il programma rammaricandosi dell'imprevista mancanza di liquidità. Cosicché il Bettiolo, escludendo gli affreschi progettati dal Gris per i quali a sua volta non possedeva mezzi e danaro, decise viceversa, di apporre sulle pareti una serie di decorazioni con una modestissima spesa.
(1) Sulle decorazioni a muro non si trovano eventuali autorizzazioni effettuate dalla soprintendenza. Da ciò si deduce che il parroco Bettiolo avesse ricevuto durante il suo mandato l'investitura amministrativa, facoltà che gli permetteva decorare a piacere la chiesa, per la quale in seguito evolse il compito al fratello. Non si spiega invece come mai nelle visite pastorali o di altra natura, non siano comparsi documenti che avessero testificato l'autore dei dipinti, dai quali si sarebbe potuto ricavare a suo tempo, il nome dell'artista.
Bisognava attendere ancora molti anni prima di assistere ad un dipinto uscito dalla mente creativa del nuovo parroco Scattolin don Carlo, il quale, dopo la rinuncia del Gris e in seguito del Bettiolo, ornava 15 anni più tardi (1939/40) la Volta del presbiterio con fondo tinta blu e stelle in oro. La popolazione rimase entusiasta. Ma di questo parleremo più avanti.
Le imbiancature del Bettiolo.
Qualcosa di utile si potrebbe comunque ricavare dalle risposte sul questionario del 1931 ad opera del rev. Bettiolo, il quale, oltre ai consueti ripristini delle imposte, del tetto e porte della canonica, dichiara di aver pure effettuate dipinture di vario tipo quali: "...coloritura, imbiancatura e decorazione interna per tre volte, nel 1924, nel 1927 e nel 1930..."
Ci sembra veramente improponibile che il parroco avesse dipinto tanto ripetutamente la Canonica quando proprio in quei medesimi anni vennero dipinti in chiesa le immagini dei Santi ad opera del fratello.
Probabilmente il Bettiolo invertì le spese sostenute per gli affreschi, riportandole sulle imbiancature.
L'arcano risolto durante un incontro imprevisto.
Il mistero degli affreschi e relativa esecuzione si risolse circa 70 anni dopo, (esattamente nella primavera del 2002) quando casualmente incontrai la sig/ra Giuseppina Bettiolo nipote del rev. Giuseppe. Ebbene la signora, al corrente dell'attività parrocchiale del sottoscritto legato sentimentalmente alla storia del proprio paese, mi rivelò durante un incontro casuale e a titolo indicativo, il nome dell'ignoto artista. Durante una seconda e più gradita visita domiciliare, mi espose le numerose imprese degli zii supportate da un serie di immagini fotografiche e che in seguito donai alla parrocchia.
(Le immagini relative a don Bettiolo sono state cedute dal sottoscritto alla parrocchia su richiesta della sig. ra Giuseppina Bettiolo)
Il secondo incontro.
Un secondo incontro, non casuale stavolta e certo più approfondito del primo, lo conseguii venerdì 23 aprile 2004, ore 13.30 quando la sig/ra. Attilia Bettiolo, (Classe 1919) provenendo da Alessandria (Piemonte) espresse desiderio di rivedere dopo tanti anni le opere del padre Archimede. Figlia del maestro e nipote del parroco don Giuseppe, giungeva a Quarto d'Altino in compagnia della sorella Maria (Classe 1910 - entrambe nate a Venezia) e di un nipote di terza generazione nato in Piemonte.
Le sorelle: impazienti di entrare in chiesa
Le sorelle: impazienti di entrare in chiesa
Desiderose di accedervi nonostante la chiusura imposta dall'orario pomeridiano, mi resi tuttavia disponibile inventandomi il mestiere di guida, visionando insieme gli affreschi col parroco don Gianni Fassina, che nel frattempo non esitò a preparare un piatto caldo consumato in canonica. Durante il frugale pasto appresi che all'epoca dei dipinti, la signora Attilia aveva 17 anni e che il padre morì nel 1952 a Casale Monferrato. Custode di parecchie memorie desiderò comunicarle al sottoscritto che conserva e che in parte narra in questo capitolo. Il resto, sarà dedicato in un profilo a parte, al parroco don Bettiolo. Dopo alcune ore trascorse ricordando la famiglia e il motivo per cui lo zio rev. Giuseppe venne incaricato a soprintendere la parrocchia di Quarto d'Altino e infine, quando giunto il momento del congedo, proferì con viva fede e con grande umiltà: "Spero che il Signore mi aiuti a ritornare". (Dichiarazione della sig./ra Attilia. La sorella Maria morì nel 2019)
Alcuni affreschi del maestro Archimede Bettiolo
S. Eliodoro di Altino
S. Biagio Vescovo e Martire
S. Magno di Altino.
S. Liberale di Altino.
L'erezione della chiesa e gli affreschi
rinviati sine qua non.
Il progetto della chiesa su disegno dell'ingegnere Costante Gris basterebbe e ne avanza per rendersi conto dell'imponenza e bellezza del nuovo edificio. L'interno ornato da cornici allestite accuratamente dalla genialità del Gris, sono visibili sulla Volta dell'intera navata e sull'intero perimetro della chiesa, dimostrando con ciò quanto l'opera ingegneristica di 100 anni fa, non sia affatto peggiore delle chiese più antiche, né di quelle odierne prive di abbellimenti. A lavori conclusi, gli venne apertamente dichiarato dal parroco preposto a funzione direttiva, essere stata un'operazione di alto livello artistico. (valutando ovviamente il periodo, i materiali dell'epoca e i fondi limitati)
Il grado qualitativo dell'opera del Gris è anche rilevato dalle molteplici funzionalità delle inquadrature dei gessi posti a soffitto, alcuni dei quali frazionati a spartitura geometrica dove sugli enormi spazi vuoti, doveva come sopra accennato, apporvi una serie di affreschi in accordo col parroco De Martin. Una valorizzazione asseriva il sacerdote, che doveva pure abbellire la spiritualità della popolazione.
Otto anni dopo il Bettiolo dichiarava al fratello Archimede, che la Volta prodotta dal Gris costituiva una geometria tanto vasta e luminosa da contenere dipinti sulla Creazione, di culto popolare e locale. Ma il progetto tanto caro al Gris come al De Martin, naufragò per difetto di fondi. E tanto bastò al Bettiolo che pochi anni dopo pose di sua iniziativa, gli affreschi citati.
Alla rinuncia del Gris, fanno testo le memorie della fam. Bettiolo supportate dagli anziani del paese, i quali ricordando il periodo in cui il Prof. Tiburzio Donadon dipinse in affresco l'immagine di Papa Sarto, notavano anche le enormi cornici già installate pianificate dall'ingegnere.
Gli altari, la cornice dorata e la Pala donata da Papa Pio X.
L'interno andava frattanto ad arricchirsi di nuovi altari. Si suppone che il Maggiore sia stato donato da Papa Pio X congiuntamente all'imponente cornice che sostiene la Pala di S. Michele, (2) benedette entrambe il giorno dell'inaugurazione. (3) - In quell'occasione il Patriarca di Venezia mons. Aristide Cavallari, iniziava la processione dalla vecchia chiesa ponendo nella nuova, il Santissimo Sacramento. Poco dopo la chiesa e campanile di S. Michele Vecchio vennero abbattuti e con i mattoni dei quali si eresse, tra il 1906/7, l'attuale casa canonica. (La processione relativa al Santissimo è documentata fotograficamente)
(2) Per quanto concerne l'altare Maggiore, non vi sono documenti che attestino la paternità della donazione effettuata da Papa Pio X. La causa è da attribuirsi al carteggio personale del Card. Giovanni Sarto andato completamente distrutto a Roma dopo la sua morte. La certezza del dono, sta comunque nel giorno della celebrazione, durante la quale Mons. Cavallari ponendovi il Santissimo dichiarava anche la presenza dell'altare sul quale dominava il tabernacolo e la tela dell'Arcangelo. La conferma si trova anche nella scritta in latino dipinta dal prof. Donadon che afferma: "Questo tempio fu meditato e voluto dal Santo Padre Pio X".... e su questo non vi sono dubbi.
(2) Nello stesso periodo (1906/7) venne dipinta l'arcata dell'abside dove all'epoca vi si pose una tinta tipo giallo carico diluita con acqua e calce. Sistema molto di voga all'epoca, mezzo col quale rispecchiava la frugalità e il risparmio dell'epoca, cui risultò la prima delle tinte praticate ed emerse mediante raschiatura del 2017 (Anno ristrutturazione della chiesa e dei travi soffitta della volta)
(2) Nello stesso periodo (1906/7) venne dipinta l'arcata dell'abside dove all'epoca vi si pose una tinta tipo giallo carico diluita con acqua e calce. Sistema molto di voga all'epoca, mezzo col quale rispecchiava la frugalità e il risparmio dell'epoca, cui risultò la prima delle tinte praticate ed emerse mediante raschiatura del 2017 (Anno ristrutturazione della chiesa e dei travi soffitta della volta)
Ragione per cui la Soprintendenza alle Arti, ignorando probabilmente i componenti scadenti della prima tinta, certo impiegata per carenza di fondi, venne raschiata e con essa anche la seconda apposta da mons. Scattolin don Carlo nel 1939/40.
Riproponendo quindi la prima tinta in chiave moderna, anche per contestualizzare il dipinto originario, non si fece caso all'amarezza della cittadinanza profondamente delusa della scomparsa della seconda.
Oggettivamente il cielo stellato apposto da mons. Scattolin rappresentava tutt'altra regalità. Una sfera celeste dunque, su cui dominava un Cielo tinto d'azzurro, terso e ricco di elementi stellati come gli apparve da seminarista, quando lo vide dipinto sulla Volta della Basilica di Assisi. E se fosse tuttora vivente si sarebbe opposto a tanta mediocrità.
(3) Quando l'organo della ditta Zanin venne tolto dalla Cantoria, (Coro) cioè dal piano superiore della sacrestia e quindi posto retro l'altare maggiore, la cornice donata da Papa Sarto col suo dipinto, venne di fatto a trovarsi parzialmente nascosto dalla voluminosità del recente cassone realizzato per contenente l'organo.
Cosicché l'imponente e massiccio serbatoio in legno, pur decorando la chiesa metteva in ombra la tela e cornice donata dal Papa, limitandone peraltro la visualità. E infatti, la capacità piuttosto ampia del fabbricato in legno verniciato, tinto lateralmente a fasce dorate, nascondeva parzialmente la pala, obbligando la vista del visitatore, diretta a tutt'altro panorama. Il cassone infatti, tinto bianco crema, costruito appositamente durante gli anni 70 del novecento, rendeva pressoché impossibile l'intera visualizzazione se non limitando la dimensione dell'Augusta e leggendaria cornice.
Cosicché, dopo alcune prove non degne del dono di Papa Pio X, la Pala venne smontata dall'originaria cornice e rimontata una seconda di dimensioni ridotte, modestissima peraltro, priva di prestigio e povera nella qualità. L'autentica veniva frattanto alienata.
Il riacquisto, volontà popolare
(3) Oggi la cittadinanza, al corrente dell'avvenuta alienazione e grazie alla proverbiale e sempre dimostrata disponibilità, sarebbe propensa al riacquisto qualora il nome dell'acquirente fosse reso pubblico, premesso che, non vi sono documenti probanti l'atto di vendita, tanto meno dell'avventore.
In ogni caso i fedeli assaporano già l'idea di riporla, qualora la cornice dovesse ritornare ai legittimi proprietari, e non già laddove inizialmente venne collocata, bensì nello spazioso e recente patronato ornata da un nuovo dipinto che sarà dedicato a S. Liberale di Altino. Santo non meno amato del pure venerato Arcangelo Michele.
Ecco, questa è la storia della cornice di Papa Pio X traslata dalla chiesa di Quarto d'Altino in un luogo dove non è noto a nessuno. Chissà poi se il defunto Papa Sarto avrebbe approvato da vivente quel trasferimento ritenuto illegittimo. Dubitiamo.
Nota sul fondo, emerge la Pala e la sontuosa cornice dorata e cesellata a mano, dono di Papa Pio X. Sull'apice appare la Tiara papale, copricapo a forma ovale con due infule ricadenti. L'uso delle infule venne abbandonato durante il pontificato di Papa Paolo VI.
La cornice era ed è per se stessa, un opera artistica d'alto livello, se poi vi aggiungiamo la paternità del dono, aumenta di fatto anche il valore. In aggiunta all'altare oltre al crocifisso della Val Gardena del 1939, appaiono due figure angeliche in marmorino (Vedi foto su altare) conservate nel museo della chiesa. Il ciborio che teneva eretto il crocefisso, venne viceversa alienato assieme alla cornice donata da Pio X, eccetto la tavola Liturgica, il Tabernacolo e i tre gradini rimasti.
A sinistra della foto, si nota Scattolin don Carlo nel giorno solenne dell'ingresso ufficiale del vicario Don Mario Ronzini, celebrante al centro del gruppo. (Foto privata)
L'erezione della casa Canonica.
La data d'inizio per l'erezione della casa Canonica, per quanto conosciuta e segnalata da quanti all'epoca videro la progressiva elevazione, non fu mai certificata dal parroco. La causa si deve anzitutto alla mancata solennizzazione della prima pietra, certo dovuta alla frenetica urgenza del parroco De Martin che per erigere la nuova, doveva nel frattempo soggiornare nell'antica Canonica con sede a S. Michele Vecchio.
Conseguenza logica in base alla quale obbligava il prelato a recarsi nella chiesa di recente apertura a piedi o in bicicletta, pedalando per circa tre km ad ogni celebrazione liturgica. Non si conosce peraltro, da quale ingresso il sacerdote avesse potuto accedervi, quando appunto la chiesa era priva delle due sacrestie laterali. La scelta non rappresentava comunque un dilemma, neanche per il sacrestano residente nel nuovo centro abitato che aveva il compito di aprire il portone d'ingresso centrale. D'altra parte il De Martin, aveva predisposto un piccolo armadietto retro l'altare maggiore, dove conservare paramenti sacri, indumenti liturgici compresi.
L'addebito dovuto alla mancata cerimonia è senza dubbio da assegnare al De Martin che per i motivi citati doveva considerare la celebrazione della prima pietra di scarsa utilità. Va tuttavia rilevato che l'erezione della nuova Canonica, venne dapprima notificata verbalmente da un folto numero di reduci della prima guerra mondiale e dai loro genitori ancora viventi.
L'addebito dovuto alla mancata cerimonia è senza dubbio da assegnare al De Martin che per i motivi citati doveva considerare la celebrazione della prima pietra di scarsa utilità. Va tuttavia rilevato che l'erezione della nuova Canonica, venne dapprima notificata verbalmente da un folto numero di reduci della prima guerra mondiale e dai loro genitori ancora viventi.
Tra i quali mi piace ricordare, il bisnonno Giosuè e il nonno materno del sottoscritto di nome Varin Guglielmo. Entrambi carradori di mestiere realizzavano e riparavano carri agricoli in prossimità della vecchia chiesa in un capanno di S. Michele Vecchio.
Foto archivio Bonesso Alfio. Copyright dell'autore.
Il vecchio pavimento in legno e le date emerse.
Circa un secolo dopo, durante i restauri della canonica avviati nel 2001 dal parroco Fassina don Gianni, emerse dal vecchio pavimento in legno una nota in lapis compilata sul versante opposto recante la seguente frase: "Meneghetti Giuseppe del fu Bernardo fece tutto questo lavoro delle porte e finestre in Spresiano, il 17/08/1906/".
Un secondo pezzo di tavola raccolta presso la prima, evidenziava con la stessa data due operai al seguito del Meneghetti, i quali posero i loro nomi firmandosi, "Berto Giuseppe di anni 18 di Specernigo e Pasqualato Luigi di anni 66".
Tenuto conto della data agosto 1906, stabilito inoltre la sostituzione del vecchio pavimento e infissi in corso d'opera, si potrebbe supporre che per le feste natalizie dello stesso anno, la canonica fosse stata definitivamente conclusa e abitata dal Parroco. (Come alloggio indipendente dal vicario)
Un secondo pezzo di tavola raccolta presso la prima, evidenziava con la stessa data due operai al seguito del Meneghetti, i quali posero i loro nomi firmandosi, "Berto Giuseppe di anni 18 di Specernigo e Pasqualato Luigi di anni 66".
Tenuto conto della data agosto 1906, stabilito inoltre la sostituzione del vecchio pavimento e infissi in corso d'opera, si potrebbe supporre che per le feste natalizie dello stesso anno, la canonica fosse stata definitivamente conclusa e abitata dal Parroco. (Come alloggio indipendente dal vicario)
D'altra parte il De Martin, dichiarava nel questionario del 16 dicembre 1907, che "la chiesa e casa canonica trovasi in costruzione". Come dire: le due attività in corso non sono ancora ultimate. Alla chiesa com'è noto, mancavano le rispettive sacrestie da porre all'esterno e quattro altari all'interno, pavimenti ecc. ecc.
Alla Canonica ultimata o in via di ultimazione, stava crescendo unita di lato l'appartamento per il cappellano e dei propri familiari. Accanto si notava la stalla in costruzione, il sovrapposto fienile, cantina e depositi vari.... come per l'appunto richiedeva l'epoca. Tutti questi elementi vennero ultimati dopo la conclusione della Canonica. Si propende per il 1908 o giù di lì.
Le assicelle in legno e le date preservate.
La nota in corsivo del Meneghetti e dei suoi operai, convalidava di fatto i ricordi del nonno Guglielmo, il quale non aveva neppure dimenticato, come sorvegliante con funzione d'ordine, l'abbattimento della vecchia chiesa e campanile situati presso la propria abitazione. In essa vi nacque e abitò sino alla morte. L'alloggio è tuttora in vigore presso il fiume Sile e pur dimostrando tutta sua vecchiezza, non ha subito per ora alcuna variante o modifica esterna.
I listelli conservati
Quando 95 anni dopo emerse la datazione dal sottofondo delle tavole, ringraziai il nonno defunto che aveva predetto e sostenuto con tanta precisione l'anno della demolita chiesa e l'immediata erezione della casa canonica. I listelli sono tuttora conservati dallo scrivente che all'epoca del restauro, documentava ogni accenno datario e storico in qualità di osservatore, agli ordini di Fassina don Gianni, parroco.
Durante la demolizione della chiesa di S. Michele Vecchio e del suo campanile (opere settecentesche) avvenne un fatto ritenuto curioso e nello stesso tempo fondamentale. La cittadinanza infatti, quella disponibile e incline a far del bene, composta da adulti, giovani e ragazzi, si attivava compatta a turni giornalieri, togliendo asseriva il nonno, gli intonaci dai vecchi mattoni. Le operazioni di smaltatura avveniva sul luogo delle stesse demolizioni e i mattoni ripuliti dalle vecchie malte, venivano caricati sui carri equipaggiati da sponde e trasportati sino alla sede del nuovo S. Michele del Quarto.
Dalla testimonianza del nonno, si apprende anche lo stato di necessità della parrocchia che di fatto, favoriva l'erezione del nuovo fabbricato canonico, a mezzo dei mattoni dei due settecenteschi edifici. (Chiesa e Campanile in mattoni fatti a mano) Su questi ricordi rimane anche il riscontro verbale di Scattolin don Carlo, che delle vecchie campane, del crocefisso per defunti, dell'acquasantiera e del vecchio coro in legno, risultavano in parte documentati. Testimonianze che confermano il trasloco da S. Michele Vecchio a quello Nuovo e che illustreremo in una trattazione a parte.
E ancora.
Non va dimenticato peraltro, un residuo di calce rimasto attaccato su di un vecchio mattone apparso agli occhi del parroco don Gianni Fassina alla presenza del sottoscritto. E quel episodio risultò tanto evidente durante la smaltatura degli intonaci della Canonica (ristrutturazione 2002) quando improvvisamente apparve su di un vecchio mattone della chiesa abbattuta, una crosta di malta tinta rosso. Evidentemente il mattone scrostato da mani inesperte, conservava le tracce di ciò che vi era dipinto sul muro. (S'ipotizza un affresco dedicato a qualche attività venerata) Un dipinto sicuramente realizzato a malte fresche, (in a fresco da cui affresco) e che in seguito, data la morbidezza della sostanza, penetrò in profondità. Anche questa è una testimonianza del trasferimento dei vecchi laterizi.
Fassina don Gianni. Dalla torre traspare l'illuminazione notturna.
Foto archivio Bonesso Alfio Giovanni. Copyright dell'autore.
Foto archivio Bonesso Alfio Giovanni. Copyright dell'autore.
La chiesa e l'altare dedicato alla Madonna
di Lourdes.
Il secondo altare riservato alla Madonna di Lourdes, è un dono della famiglia De Reali al Patriarca di Venezia, che aveva accettato previo consenso di Papa Sarto, l'abbattimento dell'antica Cappella sita in Via Claudia Augusta in cambio di un altare per la chiesa appena eretta a S. Michele del Quarto.
Venne interamente realizzato e posto in opera dalla ditta: "Cavallini di Pove di Bassano Veneto esecutori di Altari e Monumenti". Il proprietario sig. Iginio Cavallini, riceveva il 17 maggio 1916 dal parroco di S. Michele del Quarto, un secondo acconto di lire 1000: "per costruendo altare per conto dell'amministrazione De Reali". Il documento firmato dal Cavallini dimostra che alla data del secondo importo, la nobile fam. stava versando il corrispettivo di lire 2.500. (Alla cui data mancava il resto di lire 500)
La statua della Madonna di Lourdes.
Esemplare unico per caratteristiche e bellezza, venne personalmente acquistato (de visu) dalla Contessa Maria De Reali coniugata Lucheschi Luigi e dalla sorella Teresa col Marchese Giuseppe di Canossa.
Il collegamento dei cognomi.
All'epoca della scelta della statua, dell'altare, spese comprese, Maria e Teresa De Reali uniche eredi e legittime possidenti dei fondi agricoli situati a S. Michele del Quarto (Probabili usufruttuarie all'epoca) spettava il ruolo della preferenza, che secondo qualità e pregio doveva abbellire la nuova chiesa. Infine per l'affetto che portavano alla Madonna di Lourdes favorirono tale scultura.
Nulla c'entra peraltro, l'accostamento dei cognomi dei rispettivi coniugi, (citati inutilmente) sull'importo compiuto dalle uniche e legittime proprietarie dei fondi, quali erano appunto le sorelle De Reali. E per quanto fosse stato comprensibile porvi accanto anche i nomi dei reciprochi coniugi, niente avevano a che fare col donativo effettuato dal nobile casato.
Il collegamento dei cognomi avrebbe infatti pregiudicato e introdotto nel tempo, un uso indebito sul nome dell'effettivo acquirente, qual era appunto l'intera famiglia De Reali. Del resto alcune pubblicazioni tuttora in corso lo hanno già dichiarato e sbagliando, hanno commesso un errore di fondo, incluso i relativi versamenti e la proprietà rimasta alle sorelle.
Sull'acquisto ad opera della fam. De Reali esiste peraltro una ragione molto eloquente, e che verrà illustrata in un capitolo a parte.
L'autonoma decisione.
I vantaggi sarebbero numerosi qualora l'idea non fosse bocciata o rimpiazzata da impostazioni o schemi diversi. In ogni caso noi ci proveremo, offrendo come sempre un servizio di lavoro con funzione descrittiva agli interessati. Un'attività che avevo peraltro già realizzato con qualche esperienza avuta in passato, non escluso le mie osservazioni personali.
Da questa pubblicazione che non esito definire fondamentale, concepita e decisa autonomamente, (lo è peraltro l'opera intera) mi sono così proposto con paziente analisi dei documenti valendomi peraltro delle opere presenti in chiesa, di descriverne la raffinata eleganza dei dipinti in armonia con le mie sensazioni.
Non tutti i dipinti però si rendono facilmente identificabili, in particolare quelli riprodotti in serie avvicinata, nondimeno quelli istoriati a mezzo busto, anche a carattere ridotto in tondo cerchiato, peraltro lontani dalla visualità generale, oltre che, caratterizzati da un'umidità incombente.
Ebbene tutto ciò non aiuta, anzi rende difficoltosa la lettura, e talvolta non permette riconoscere i personaggi e i santi esposti. Inoltre l'opera presso l'altare della Madonna di Lourdes, è contraddistinta da intrecci allegorici dal duplice significato, ognuna delle quali conforme al pensiero e finalità dell'autore. Difficile quindi l'interpretazione.
Le figure comunque, dagli stetti legami artistici appaiono vive, raffinate ed eleganti e puntualmente si connettono nella classica dimensione religiosa. Ne consegue un risultato qualitativamente alto e quindi apprezzato dalla popolazione. I dipinti sopra citati, sono situati sull'arcata superiore e a fronte dell'altare della Madonna di Lourdes, ad opera del prof Donadon (4)
(4) - Tiburzio Donadon. Motta di Livenza 7 luglio 1881 - Pordenone 31 marzo 1961. Le sue opere sono prevalentemente caratterizzate dalle frequenti presenze di Angeli.
Oltre agli affreschi citati, dipinse anche la somigliantissima figura di Papa Pio X posta sopra l'entrata maggiore della chiesa. L'interesse per i dipinti a sfondo religioso, si caratterizzano prevalentemente per le frequenti presenze di Angeli, la cui lettura si potrebbe tradurre in chiave religiosa e anche profana. Raramente le sue opere sono prive di creature angeliche, si veda infatti il dipinto nel quale appare Pio X, in compagnia di messaggeri celesti e alati.
Oltre agli affreschi citati, dipinse anche la somigliantissima figura di Papa Pio X posta sopra l'entrata maggiore della chiesa. L'interesse per i dipinti a sfondo religioso, si caratterizzano prevalentemente per le frequenti presenze di Angeli, la cui lettura si potrebbe tradurre in chiave religiosa e anche profana. Raramente le sue opere sono prive di creature angeliche, si veda infatti il dipinto nel quale appare Pio X, in compagnia di messaggeri celesti e alati.
Le descrizioni che ora andiamo ad illustrare, non sono sempre dettagliati nei particolari e tuttavia spero, possano essere condivisi, pur nella variazione d'esposizione accanto all'umidità generale. Causa per la quale, sono stati danneggiati alcune forme e caratteri importanti. Particolarità s'intende difficoltose qualora si dovessero ricostruire i dettagli spesso devastati e per i quali oggi, le opere attendono restauri. I più veloci possibili.
Il testo a carattere descrittivo è ovviamente rivolta a coloro i quali non conoscono sufficientemente i simboli usati nel contesto religioso. La medesima procedura seguirà per i rimanenti tre altari. Auspico quindi possa emergere nei miei confronti un diffuso intervento critico, dal quale possa trarne suggerimenti utili alle tante formulazioni che mi aspetto, e che raggiungano l'obbiettivo di ciò che io stesso avevo inteso.
E se invece fossero del tutto fuori dal seminato, potrebbero tuttavia servire e forse anche lenire ciò che i relativi parroci non hanno mai realizzato, sia per la storia quanto per popolazione di Quarto d'Altino. Rimarrà comunque il fermo proposito dell'ideatore e una proposta per l'avvenire.
Vedi l'altare illuminato della Madonna di Lourdes. E' protetta da una teca in vetro sul fondo della quale si nota la grotta di Massabielle. La statua è stata realizzata nei laboratori Stuflesser di S. Ulrico Ortisei Val Gardena. Dopo anni di prolungata chiusura, oggi la vetrata mostra al proprio interno una velatura piuttosto profonda, procurata dall'ermetica tenuta dei vetri. Una buona visualizzazione si potrebbe ottenere mediante ripulitura interna, dismessa durante gli anni settanta del novecento. Periodo in cui la corona stellata della Madonna venne accidentalmente danneggiata e non più sostituita.
Foto archivio Alfio Giovanni Bonesso. Copyright dell'autore
La Madonna di Lourdes: scultura altoatesina.
Soggetto. La Vergine Maria.
Epoca. sec XX. Primo novecento.
Stato di conservazione. Ottimo
L'altare. In marmo. Nel contesto buono.
Affreschi. Comparsa d'umidità sulla Volta e relativa caduta di colore.
L'autore. Prof. Tiburzio Donadon
Descrizione.
E' un eccellente lavoro d'intarsio eseguito dalla Casa Stufflesser di S. Ulrico in Val Gardena Ortisei. (S. Ulrich) - Dall'aspetto Angelico, vestita da un lungo abito tinto crema, la Madonna volge lo sguardo ai fedeli, rendendo evidente l'intensa partecipazione affettiva. A mani giunte in una espressione raccolta, pare assumere la connotazione di supplica.
E' protetta da una teca in vetro entro la quale è riprodotta la grotta di Massabielle sulle rive del fiume Gave. (Francia)
L'opera è l'espressione tipica dello stile devozionale legato agli ambienti ecclesiastici montani, i più abbienti e colti dell'epoca.
Le spalle e i fianchi sono coperti da un manto color crema bordato oro, il capo è ornato da una preziosissima corona stellata, simbolo della Regale Santità della Madonna. (5)
L'abito scollato lascia scoperta una bordatura di stoffa d'orata che a prima vista, parrebbe un pregiato collare.
Le pieghe della veste dagli scolli ampi con profilature bianco panna a drappeggio, sono un capolavoro d'arte intarsiale.
Una fascia azzurra riccamente decorata ai bordi, le cinge il ventre ricadendo a pieghe oltre le ginocchia.
La lunga e imponente corona del Rosario, è squisitamente dettata da motivi legati alla religiosità popolare.
Il capo leggermente reclinato, le mani giunte in segno di preghiera e gli occhi che motteggiano al cielo, conferiscono alla Vergine un tono di grazia che raramente compare in opere simili.
(5) La preziosissima Corona Stellata trova conferma in una foto d'epoca di proprietà dello scrivente recante la data 1917. (Probabile foto autorizzata dal De Martin) Soggiornò sul capo della Madonna sino agli anni 70 del novecento. A seguito di una maldestra ripulitura effettuata all'interno della vetrata, cadendo s'infranse e non fu più riposta.
Da quei giorni la cittadinanza si è sempre auspicata la ricollocazione e, non importa se preziosa come la prima, purché la Vergine sia Coronata di Stelle illuminate com'era in origine. (L'interno della teca dovrebbe ancora conservare i cavetti elettrici dell'epoca)
I Santi dipinti sulla Volta.
Di numero sono quattro, dei quali solamente due sono riconoscibili, il primo è S. Francesco d'Assisi segue la Regina Ester coronata il capo recante il Mirto. Il suo nome ebraico "Hadash" significa appunto mirto: arbusto a fiori bianchi e bacche nere. E' considerata dalla chiesa cattolica santa. I rimanenti due sono indistinguibili.
I Santi dipinti sulla Volta.
Di numero sono quattro, dei quali solamente due sono riconoscibili, il primo è S. Francesco d'Assisi segue la Regina Ester coronata il capo recante il Mirto. Il suo nome ebraico "Hadash" significa appunto mirto: arbusto a fiori bianchi e bacche nere. E' considerata dalla chiesa cattolica santa. I rimanenti due sono indistinguibili.
Descrizione dell'artistica creazione
dipinta in affresco.
In alto, al centro della curvatura dove emergono i quattro Santi, grandeggia in tutta la sua Divina potenza Dio Padre Onnipotente dalla lunga barba e capelli incanutiti.
Dal manto tinto vermiglio, volteggia sul cielo armoniosamente spaziato osservando a braccia aperte la bellezza del proprio creato.
Raffigurato entro una doppia cornice sferica, reca sul capo una stella a tre punte tinte oro, simbolo della Santissima Trinità.
La scena s'impernia su di un gruppo d'angioletti svolazzanti immersi tra nubi incombenti, al centro dei quali appare in un delicato squarcio di luce dorata, la bianca colomba inneggiante lo Spirito Santo.
Nella zona inferiore appare dipinto Cristo Gesù. Circondato da nubi lucenti indossa la tunica tinta carminio ornata dal bianco manto: simbolo della risurrezione. Seduto rivolto all'osservatore, reca in mano le Leggi e le Sacre Scritture. Di spalle si staglia il colore bruno della croce. Chiude la cornice un quartetto d'angioletti trionfanti.
A destra genuflesso risonante di canti e suoni di angeliche arpe, spicca l'angelo concertista. Il secondo a sinistra intona lodi al Signore. Due paffuti angioletti in basso, mostrano avvolti da nubi bianche, legende dedicate alla Vergine Santa. (In una delle due si legge: "Qui Nates es de Virgine". La seconda è illeggibile)
Volta altare Madonna di Lourdes.
Foto archivio Bonesso Alfio. Copyright dell'autore
Fronte altare Madonna di Lourdes
Foto archivio Bonesso Alfio. Copyright dell'autore.
Il terzo Altare: la Sacra Famiglia.
Foto archivio Bonesso Alfio. Copyright dell'autore.
Il terzo Altare: la Sacra Famiglia.
La tela collocata sul terzo altare dedicato alla Sacra Famiglia è opera del trevigiano Antonio Dalla Colletta. La dipinse tra il 1920/21 su richiesta di un Pio benefattore pare sconosciuto, donato in seguito alla parrocchia amministrata allora da don Cesare De Martin. Per quanto riguardano le colonne, i marmi e l'insieme dell'altare, si suppone che il breve periodo impiegato dalla posa del precedente (la Vergine di Lourdes) e per l'assenza di documentazioni probanti, siano stati entrambi realizzati dai "F.lli Cavallini di Pove di Bassano".
(Vedi citaz. in alto su paragrafo: "il secondo altare riservato alla Madonna di Lourdes".
Pure ignoti sono gli affreschi posti sull'insenatura ad arco della Sacra Famiglia, i quali non risultano dal punto di vista stilistico siano opera del prof. Donadon. (Autore degli affreschi altare Madonna di Lourdes) Uno stile e una mano sicuramente diversi, probabilmente dello stesso autore della Sacra Famiglia: il Dalla Colletta.
Nello stesso anno, il 1921, il parroco don De Martin corrispose all'impresa edile Biondo da Musestre, Lire 20.00 per armatura ed erezione altare S. Giuseppe. (Cioè il complesso marmoreo relativo all'altare dedicato alla Sacra famiglia)
La tela dedicata alla Sacra famiglia
Nello stesso anno, il 1921, il parroco don De Martin corrispose all'impresa edile Biondo da Musestre, Lire 20.00 per armatura ed erezione altare S. Giuseppe. (Cioè il complesso marmoreo relativo all'altare dedicato alla Sacra famiglia)
La tela dedicata alla Sacra famiglia
Soggetto. La sacra Famiglia col bambinello. Un attenzione particolare merita lo sguardo al cielo di Gesù.
Epoca. sec. XX. Primo novecento.
Stato di conservazione. Buono. Frequenti screpolature sulla tela.
L'altare. In marmo. Nel contesto è ben conservato.
Affreschi. Ottimi. In particolare le cornici tonde e romboidali compresi gli attrezzi usati per la crocefissione.
L'autore. Antonio Dalla Colletta.
Descrizione.
Sul dipinto dall'esecuzione qualitativamente alta, emergono i colori vivaci tenuti dalla veste della Vergine, che appaiati e ingentiliti dalla tunica bianca del bambinello, rinvigoriscono il manto scuro del padre putativo Giuseppe. Incorniciato da barba e capelli, posa lo sguardo benevolo sul figlioletto sul cui capo spicca l'aureola di Santità. E in un atteggiamento che pare non lasci trapelare la paternità, porge la mano sinistra al petto. Sull'altra impugna il candido giglio ponendo in risalto la purezza del suo pargoletto.
Sul fondo policromo, avvolto da una lingua di fuoco che pare un tramonto, appaiono alcune casupole dominate da un esile alberello: spettatore silenzioso entro il paterno loggiato laddove emergono le tre figure Sante. Il tutto è valorizzato dalla materna presenza della Vergine che protetta dal velo celeste, tiene chiuso per rispetto.
Il bambinello Gesù volge frattanto lo sguardo allo Spirito Santo simboleggiato dalla colomba dipinta sulla volta. Al gesto gradito dal padre Giuseppe, si compiace anche la Madre Santa, che al tono espressivo del figlio, sostiene con delicata dolcezza la tenera mano.
Con la destra Gesù, si rivolge in un cenno d'intesa al Padre Celeste, ed elevando quasi sorridendo le dita al cielo, manifesta l'amore profondo per l'unità della Famiglia.
La Sacra famiglia di Antonio Dalla Colletta. 1921
Foto d'archivio.
Descrizione
Non priva di efficacia iconica emerge sopra l'arcata avvolta da nubi chiare, la bianca colomba simbolo dello Spirito Santo.
(PS. Vedi foto sopra. Non a caso il bambinello volge lo sguardo al cielo dove appare la colomba. L'allegoria collegata alla Volta è infatti molto esplicativa. La notevole altezza purtroppo impedisce al visitatore la completa visualizzazione dell'intero riquadro. La colomba pertanto, andrebbe illuminata, particolarmente di giorno quando le visite in chiesa sono numerose)
Ai lati vi appaiono entro cornici romboidali contenuti in ampi e descrittivi riquadri sulla morte di Cristo. Emergono due croci cinte da corone spinate, simbolo del dolore prodotto dalla crocefissione.
Due scale a pioli, tre chiodi e martello entro due cornici circolari compresi negli stessi riquadri, stanno a significare l'empia e spietata azione dovuta alla scandalosa morte del Cristo Risorto.
A fronte, vi compaiono sciolti tra pallide nubi, un gruppo d'angioletti ondeggiare felici nel firmamento. Ad illuminarli nella festosità, si apre sul fondo uno scorcio di bianca luce. Inquadrati entro lo spazio irradiante, si nota la marcata validità espressiva della manifestazione pittorica.
(PS. Vedi foto sopra. Non a caso il bambinello volge lo sguardo al cielo dove appare la colomba. L'allegoria collegata alla Volta è infatti molto esplicativa. La notevole altezza purtroppo impedisce al visitatore la completa visualizzazione dell'intero riquadro. La colomba pertanto, andrebbe illuminata, particolarmente di giorno quando le visite in chiesa sono numerose)
Ai lati vi appaiono entro cornici romboidali contenuti in ampi e descrittivi riquadri sulla morte di Cristo. Emergono due croci cinte da corone spinate, simbolo del dolore prodotto dalla crocefissione.
Due scale a pioli, tre chiodi e martello entro due cornici circolari compresi negli stessi riquadri, stanno a significare l'empia e spietata azione dovuta alla scandalosa morte del Cristo Risorto.
A fronte, vi compaiono sciolti tra pallide nubi, un gruppo d'angioletti ondeggiare felici nel firmamento. Ad illuminarli nella festosità, si apre sul fondo uno scorcio di bianca luce. Inquadrati entro lo spazio irradiante, si nota la marcata validità espressiva della manifestazione pittorica.
La scala a pioli,
chiodi e martello.
chiodi e martello.
La bianca colomba.
Copyright dell'autore
La consacrazione della chiesa e le 14 stazioni della via crucis.
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La consacrazione della chiesa e le 14 stazioni della via crucis.
Il 30 novembre 1912, la Curia patriarcale di Venezia autorizzava previa richiesta del parroco don Cesare De Martin, la collocazione sulle pareti della "Parochiali Ecclesia Sancti Michaelis Arcangeli" le 14 stazioni della Via Crucis. L'acquisto su oblazione della cittadinanza mirava predisporre gli elementi mancanti ma prescritti dalla chiesa, durante la consacrazione da farsi prossimamente.
L'anno dopo infatti, anno 1913, la chiesa veniva benedetta dal Card. Cavallari Patriarca di Venezia completata dalle due sacrestie e dalle 14 Stazioni. E non era ancora finita, c'era ancora molto da realizzare.
L'anno memorabile, ma non definitivo.
Il 2 giugno 1913 si rivelò memorabile e decisivo nello stesso tempo, per la visita pastorale del Patriarca di Venezia Card. Cavallari in procinto di amministrare a S. Michele del Quarto la Santa Cresima a 500 fanciulli.
Decisivo perché consacrava il giorno seguente la nuova chiesa strutturalmente conclusa ma non ultimata internamente. Non lo era neanche all'esterno per quanto completata dalle due sacrestie laterali concluse proprio nel 1913, anno della consacrazione. (Vedi foto d'archivio Bonesso Alfio)
In realtà la chiesa, benché organicamente strutturata ma non completata, apparivano all'esterno prive d'intonaco le due sacrestie recenti.
(Escluso il lato nord che per ovvie ragioni venne posta uno strato di malta) L'intonacatura esterna completa venne ripresa e conclusa durante gli anni settanta del novecento. (62 anni dopo) L'interno comunque, non era ripetiamo, affatto conclusa.
Nella mattinata del lunedì successivo, il giorno 3, il Cardinale procedeva alla commovente cerimonia della consacrazione assistito da mons. Giovanni Costantini e dal cerimoniere Francesco Petich. Non mancò il Rev. mons. G. Bertolini, il Rettore del Seminario mons. Jeremich e mons. Sandrinelli che aveva preparato l'animo dei fedeli alla grande solennità. Vi presero parte anche i parroci del vicinato e molti sacerdoti di Venezia. Il canto gregoriano fu sostenuto dai Chierici del Seminario Patriarcale. Il parroco di S. Michele del Quarto don Cesare De Martin che tanto pazientemente seppe condurre l'evento a termine e donare al proprio gregge il primo altare (Madonna di Lourdes) godette di una popolarità tale mai riscontrata prima. La festa si concluse con il canto del "Te Deum".
Il giorno dopo.
Sua Eminenza Card Cavallari inviava al Santo Padre Pio X, benefattore della nuova chiesa di S. Michele il seguente messaggio. "Venuto a S. Michele del Quarto nel giorno auspicatissimo Vostri Augusti natali (6) per dedicare solennemente al culto divino questa chiesa piena ricordi Vostra specialissima benevolenza paterna, anche a nome Parroco, Sindaco, Benefattori, Sacerdoti, popolo tutto, umilio fervidissimi voti Vostra perenne prosperità, espressione nostra vivissima riconoscenza implorando Apostolica Benedizione".
+ Card. Cavallari
Sua Santità si degnava benignamente rispondere così. "Eminentissimo Card. Cavallari Venezia. - Santo Padre ha vivamente gradito omaggio devoti auguri Vostra Eminenza, Parroco e Sindaco, Benefattori, Clero e popolo S. Michele del Quarto, ringraziando invoca su tutti abbondanza delle celesti grazie e tutti di cuore benedice".
Gli augusti natali di Papa Pio X
2 giugno 1835.
(6) - Gli augusti natali di Papa Pio X corrispondono al 2 giugno 1835. Settantotto anni dopo, 2 giugno 1913, la chiesa finalmente completata dalle 2 sacrestie, veniva consacrata il 3 lunedì successivo, previa Santa Cresima distribuita ai fanciulli domenica 2 giugno. Non si capì d'altra parte se la consacrazione della chiesa venne appositamente celebrata durante il compleanno del Papa, oppure cadde casualmente.
Dal nostro punto di vista l'auspicato Tempio desiderato dal Patriarca di Venezia Card. Sarto, (in seguito Papa Pio X) riceveva la Consacrazione proprio nel giorno indicato dal Card. Cavallari, il quale, rinvigorito e pago delle realizzate sacrestie, non trascurò gradendo il novello Papa Sarto, la consacrazione dell'intera chiesa proprio il giorno del suo compleanno.
A quando gli affreschi sulla volta?
(6) Ma bisogna anche riconoscere che la chiesa di Quarto d'Altino come tante altre consacrate ma non ultimate, fosse stata quel giorno 2 giugno 1913 completamente conclusa. E infatti non lo era.
Mancava del pavimento, di tre altari, ornamenti, affreschi e di ogni altro abbellimento realizzato in seguito con le offerte dei parrocchiani.
Centosedici anni dopo: anno 2017, finalmente la chiesa nella sua ossatura si potrebbe dire ultimata... se si escludono gli affreschi progettati sulla Volta dall'ingegnere Gris e, mai realizzati per scarsità di fondi. A quando?
Foto archivio storico Bonesso Alfio Giovanni. Copyright dell'autore.
Vedi il settecentesco crocefisso proveniente dalla chiesa del vecchio S. Michele del Quarto. Veniva usato per manualità e leggerezza durante le processioni e funerali. L'usanza venne a consolidarsi anche nel secolo successivo e si conservò sino agli anni 60 del novecento. A seguito di un prolungato restauro venne destinato in chiesa a scopo conservativo e ornamentale
La croce in legno visibile nella foto non è l'originaria, bensì rifatta.
PARTE SECONDA.
La tela donata da Costante Gris alla chiesa di Quarto d'Altino.
La tela raffigurante S. Caterina d'Alessandria e S. Domenico rivolti al Sacro cuore di Gesù è un omaggio del Prof. Costante Gris a Papa Pio X per la progettata e realizzata chiesa in S Michele del Quarto. (fonte Bettiolo Attilia)
La Pala piuttosto antica, proviene secondo tradizione dal monastero delle Crete, (Ora casa privata, frazione di Quarto d'Altino) luogo dal quale il nonno dell'architetto Costante Gris aveva ricevuto in eredità dai francesi. (Forse donato dal Bonaparte durante le abolizioni dei monasteri)
La Pala piuttosto antica, proviene secondo tradizione dal monastero delle Crete, (Ora casa privata, frazione di Quarto d'Altino) luogo dal quale il nonno dell'architetto Costante Gris aveva ricevuto in eredità dai francesi. (Forse donato dal Bonaparte durante le abolizioni dei monasteri)
Dalla soppressione e cacciata dei frati dal monastero dove qualcosa di utile vi era ancora rimasto, scomparve anche la figura del frate cappuccino inserito tra la popolazione delle Crete.
Dall'incamerato immobile e di quel poco che i frati avevano abbandonato durante la precipitosa partenza, il nipote Costante donò la sopra citata tela in segno di gratitudine alla chiesa di Quarto d'Altino. Indagini presso la famiglia Gris di Mogliano non portarono a nulla di quanto la tradizione tuttora preserva, neanche dell'immobile ricevuto in dono. La causa si potrebbe attribuire al mancato rilevamento catastale del nonno, progenitore di Costante Gris. Rimangono comunque numerose memorie orali.
Dall'incamerato immobile e di quel poco che i frati avevano abbandonato durante la precipitosa partenza, il nipote Costante donò la sopra citata tela in segno di gratitudine alla chiesa di Quarto d'Altino. Indagini presso la famiglia Gris di Mogliano non portarono a nulla di quanto la tradizione tuttora preserva, neanche dell'immobile ricevuto in dono. La causa si potrebbe attribuire al mancato rilevamento catastale del nonno, progenitore di Costante Gris. Rimangono comunque numerose memorie orali.
Vedi foto l'ingegnere Costante Gris progettista della recente chiesa di Quarto d'Altino. Pose ai lati superiori della chiesa come sull'intera navata, un ricamato di gessi a spartitura geometrica laddove sugli spazi vuoti prospettò di apporvi una serie di affreschi, ma che a causa della ristrettezza economica della parrocchia, non vennero mai realizzati.
La tela donata dal Gris, venne collocata in una foto che qui pubblichiamo, a ricordo del memorabile evento sopra l'affresco raffigurante Papa Sarto. La progettata sistemazione del dipinto su tela, abbellito peraltro da una sovrapposta cornice arcuata, (Ideata dal Gris che provvide per l'intera chiesa) doveva indicare i protagonisti e il legame tra i due realizzatori dell'opera. (il Papa e il Gris)
Il 2 giugno 1913, il Card. Cavallari entrava consacrando la chiesa, la tela del Gris, il dipinto del Donadon e le due sacrestie ultimate.
Dopo lunghi anni di reciproca vicinanza, documentata dall'affresco del Donadon a sua Santità, confermato peraltro dalla tela donata dal Gris, dimostravano all'epoca quel rapporto affettivo iniziato durante l'erezione della chiesa e ufficialmente celebrato il giorno della consacrazione dal Cavallari. Dopo un lungo periodo, la Pala venne rimossa e riposta durante gli anni ottanta del novecento, sopra il portale minore lato sud.
Terminava così quel lungo sodalizio reso possibile dalla presenza spirituale dei due protagonisti, i quali, come si nota nella foto, è manifestata dalla contiguità dei dipinti conservati nella stessa posizione per oltre settant'anni, oltre alla cornice arcuata rimasta vuota collocata appositamente dal Gris. E nonostante fossero fisicamente separati da una distanza chilometrica (Roma - Quarto) entrambi hanno simbolicamente vissuto uno accanto all'altro in completa amicizia.
D'altra parte all'epoca, non poche persone conoscevano il collegamento della tela del Gris all'affresco di Pio X e per quanto fosse largamente conosciuto dalla popolazione, non venne mai archiviato dalla parrocchia.
La donazione del Gris, mi venne ovviamente rivelata nello stesso giorno in cui, favorito io stesso dalla buona sorte, dalla sig.ra Bettiolo in visita alla chiesa di Quarto d'Altino nel 2004.
Del resto la sig.ra Attilia nella medesima circostanza, mi riferì anche l'autore degli affreschi (il padre Archimede) collocati lungo il perimetro interno della chiesa e, molte altre notizie dello Zio rev. Bettiolo che narreremo in un profilo a parte.
Per quanto riguarda la rimozione della Pala, dovrebbe trattarsi a nostro avviso, a quel lungo processo evolutivo e non certo per spregio, che la storia per la chiesa di Quarto d'Altino non ha mai consentito uno studio approfondito ai relativi parroci. Se l'avessero fatto, non avrebbero certo rimossa la Pala dal punto in cui venne originariamente collocata.
L'affresco dorato dedicato a Papa Sarto.
Foto archivio Alfio Giovanni Bonesso. Copyright dell'autore.
Foto a sinistra in alto - Vedi la Pala del Gris all'interno della sovrapposta cornice arcuata. Foto a lato, emerge lo spazio vuoto lasciato dalla Pala.
E' dunque evidente d'altra parte, che all'interno della cornice è stato tolto qualcosa, un vuoto dunque che non trova esauriente spiegazione.
Sotto l'arcata ad opera del Gris, oggi compare solitario l'affresco raffigurante Papa Pio X. Una solitudine che non ha mai trovato consensi, né adesioni.
L'affresco dorato dedicato a Papa Sarto.
L'affresco dedicato a Papa Sarto, opera del prof. Donadon, non presenta secondo diffuse opinioni, legami artistici notevoli, lo sono invece i dipinti sulla Volta dell'altare della Vergine Maria eseguiti dallo stesso prof.
D'altra parte va riconosciuto al Donadon oltre all'esecuzione di notevole pregio relativo a Papa Sarto, anche la tendenza legata alla cultura popolare, simboleggiata dalla presenza degli Angeli inviati speciali.
Soggetto. Pio X tra gli Angeli messaggeri.
Epoca. Sec. XX. Primo novecento.
Stato di conservazione. Ottimo. Non si notano alterazioni provocati dall'umidità esterna.
L'affresco. Vivace con funzione referenziale. Somigliantissimo il volto di Papa Pio X.
L'autore. Tiburzio prof. Donadon.
Descrizione.
Entro il riquadro rettangolare si distingue per la vivacità del fondo tinto oro, l'amato Pontefice e due figure angeliche dai cappelli biondo dorato avvolti a spirale.
Dalle vesti ariose a panneggio, reggono con deferente rispetto, un lungo drappo bianco su cui si snoda un lungo epitaffio in lingua latina.
L'angelo a destra con la mano rivolta al petto raccolto in preghiera, volge simultaneamente lo sguardo al Padre Santo, che intento ad osservare la Sacra Mensa davanti a sé, pare ritenga più importante l'altare maggiore, che la scritta proposta dagli angeli.
(Vedi infatti lo sguardo in direzione dell'altare Maggiore dove sembra ignorare la presenza degli angeli posti di lato. )
L'angelo dirimpetto, cogli occhi rivolti in basso ma in una posizione fortemente indicativa, invita gli osservatori a fronte del pregiato dipinto, la lettura del drappo laddove emerge il prodigio del Papa generoso.
Al centro campeggia recinto in un fregio circolare tinto rosso scarlatto ornato di fiori, l'immagine somigliantissima dell'amato Pontefice. E' ornato di fiori e simboli evanescenti, reca al petto una croce dorata sulla bianca veste.
Lo sguardo fisso in avanti, pare produca sul volto del Sommo sacerdote, anche una strana sensazione nostalgica, dovuta forse alla mancata presenza durante la solenne celebrazione della sua chiesa.
PS - Durante gli augusti natali di Papa Sarto, presenti in Vaticano i familiari che doveva rendere omaggio, preoccupato inoltre per gli impegni di Roma e il lungo e affaticante viaggio nel Veneto, non gli permisero quel giorno di unirsi al suo popolo, presenziando e solennizzando la chiesa che aveva eretto.
D'altra parte il Pontefice, non riuscì causa ragion di Stato, recarsi in visita a S. Michele del Quarto dinanzi la propria opera. Se si eccettua ovviamente, le visite pastorali effettuate tra le mura della vecchia chiesa ora abbattuta (di S. Michele Vecchio) durante il patriarcato di Venezia.
Descrizione degli emblemi posti a lato della cornice dorata
Separato dallo spazio rettangolare tinto oro opera del Donadon, emerge in alto dipinto in un fondo luminoso, lo stemma del Sommo Sacerdote. Ai lati vi compaiono quelli dell'appartenuto patriarcato di Venezia e sono:
Il cappello ecclesiale: simboleggia il grado di dignità.
La croce astile: ricorda i legati pontifici, patriarchi e arcivescovi.
Il Leone Marciano o S. Marco: è l'insegna araldica del Patriarcato di Venezia.
L'ancora: rappresenta la Fede, Speranza e Carità.
Il mare: ricorda i Crociati diretti per la terra Santa simbolo della Giustizia.
Per lista o divisa s'intende il motto rappresentato dal sottotitolo pubblicato più avanti che recita: "Giuseppe del titolo di S. Bernardo alle Terme ecc." "Per divina misericordia Patriarca ecc". - "Primate della Dalmazia ecc."
A lato si notano i simboli di origine familiare.
Il cappello ecclesiale: simboleggia il grado di dignità.
La croce astile: ricorda i legati pontifici, patriarchi e arcivescovi.
Il Leone Marciano o S. Marco: è l'insegna araldica del Patriarcato di Venezia.
L'ancora: rappresenta la Fede, Speranza e Carità.
Il mare: ricorda i Crociati diretti per la terra Santa simbolo della Giustizia.
Per lista o divisa s'intende il motto rappresentato dal sottotitolo pubblicato più avanti che recita: "Giuseppe del titolo di S. Bernardo alle Terme ecc." "Per divina misericordia Patriarca ecc". - "Primate della Dalmazia ecc."
A lato si notano i simboli di origine familiare.
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Il drappo bianco vergato in nero tenuto dagli angeli e tradotto in lingua italiana, recita...
"Questo Tempio meditato e voluto dal Santo Padre Pio X. fu costruito l'anno 1905 in onore a S. Michele Arcangelo. Il 2 giugno dell'anno 1913 fu consacrato con solenne cerimonia dal Patriarca di Venezia Aristide Cavallari. Il parroco e il popolo fecero questa iscrizione perché vollero che fosse ricordata ai posteri la loro gratitudine per il Santo Padre".
In Latino: "TEMPLUM HOC PII X PONT. MAXIMUM CURA ET STUDIO ANNO MCMV ERECTUM IN ONOREM B. MICHAELIS ARC. ARISTIDES CAVALLARI CARD. VENETIARUM PATRIARCA DIE II IUNI AN. MCMXIII SOLEMNI RITU CONSACRAVIT GRATI ANIMI ERGO MEMORIAN OPTIMI PATRIS POSTERIS COMMENDATAM PAROCHUS POPOLUSQUE VOLUERUNT".
In Latino: "TEMPLUM HOC PII X PONT. MAXIMUM CURA ET STUDIO ANNO MCMV ERECTUM IN ONOREM B. MICHAELIS ARC. ARISTIDES CAVALLARI CARD. VENETIARUM PATRIARCA DIE II IUNI AN. MCMXIII SOLEMNI RITU CONSACRAVIT GRATI ANIMI ERGO MEMORIAN OPTIMI PATRIS POSTERIS COMMENDATAM PAROCHUS POPOLUSQUE VOLUERUNT".
L'affresco del Prof. Tiburzio Donadon
Veduta integrale. A lato si notano gli emblemi appartenuti a Papa Sarto durante il Patriarcato di Venezia.
Foto archivio storico Alfio Giovanni Bonesso
Sua Santità Pio X, chiamato Papa Sarto.
Ad erigere la chiesa ci pensò comunque un personaggio dalle umili origini, un veneto povero venuto dal nulla e che nulla possedeva se non la fede nel Cristo Risorto. Il danaro lo trovò per intercessione di chissà quale volontà terrena o magari anche divina, i cui proventi li donò alla parrocchia S. Michele Arcangelo di Quarto d'Altino. (All'epoca S. Michele del Quarto) Quel personaggio si chiamava Card. Patriarca di Venezia Giuseppe Sarto, poi salì sullo scranno più alto del cristianità e infine fu fatto Santo.
Il meritevole tentativo di Don Gianni Fassina malgrado l'assenza delle elites locali.
La visita del Pariarca di Venezia mons. Sarto al capitello alla Casona.
Nacque a Riese nel trevigiano, un paese che dista a pochi chilometri da Quarto d'Altino. (già S. Michele del Quarto)
Località pressoché sconosciuta al futuro Patriarca di Venezia, se si eccettua per le due visite pastorali effettuate il19 settembre 1897 e 1901. Durante la seconda visita recandosi all'Oratorio alla Casona di proprietà De Reali, non avrebbe mai immaginato qualche tempo dopo, di autorizzare la nobile famiglia, previo accordo di raderlo al suolo.
L'accordo consisteva ottenere dal De Reali un altare compreso di Statua per la chiesa S. Michele del Quarto concedendo in permuta l'abbattimento. L'autorizzazione si concretò quando il Patriarca di Venezia mons. Sarto divenne Papa Pio X. La concessione non trovò consenziente Maria De Reali, che rispetto al padre non intendeva abbatterlo. Anche su questo argomento ci sarebbe molto da narrare e comunque verrà ripreso nei prossimi capitoli.
Breve storia sul capitello alla Casona già S.S. Trinità.
A partire dal 1600 circa, periodo in cui l'oratorio alla Casona venne frequentato dai patriarchi di Venezia durante le visite pastorali, si possiede numerose notizie documentate.
L'oratorio si erge lungo la Via Claudia Augusta aperta da Druso Imperatore di Roma. Il proprietario del fondo allora De Reali, nonostante i numerosi propositi di abbatterlo, dovette recedere obbligato dai rispettivi Patriarchi. Un secondo tentativo avvenne durante gli anni 60 del novecento, quando un noto avventore, del quale parleremo in seguito, acquistò la proprietà De Reali-Lucheschi. Anche questo però, dopo alcuni dibattiti, recesse dall'idea.
L'oratorio è staticamente robusto e anzi lo è sempre stato e non abbisognava pertanto all'epoca del De Reali, di restauri da farsi a proprie spese. (Tale sarebbe stata la richiesta dell'abbattimento) D'altra parte tale richiesta non venne mai effettuata durante la visita del Card. Patriarca di Venezia Giuseppe Sarto, ciò significa che lo stabile godeva di buona salute.
L'oratorio è staticamente robusto e anzi lo è sempre stato e non abbisognava pertanto all'epoca del De Reali, di restauri da farsi a proprie spese. (Tale sarebbe stata la richiesta dell'abbattimento) D'altra parte tale richiesta non venne mai effettuata durante la visita del Card. Patriarca di Venezia Giuseppe Sarto, ciò significa che lo stabile godeva di buona salute.
Il Sacello è amato dalla gente comune e anche tenuto in seria considerazione dalla popolazione di Quarto d'Altino e dai paesi limitrofi, i quali partecipano attivamente durante l'annuale processione.
Nel XVII sec. (1600) conteneva una Pala dedicata alla SS. Trinità, in seguito scomparve causa il prelievo effettuato dal possidente. A sostituirla, giunse infine dopo tante e alterne vicende, la Santissima Vergine del Carmelo. Le sue origini risalgono a seguito di un ritrovamento durante le arature dei campi, dalle quali emerse una scultura lignea raffigurante una Madonna.
A proposito di simboli, affreschi e dipinti su muro...
Il meritevole tentativo di Don Gianni Fassina malgrado l'assenza delle elites locali.
E pensare che l'emerito parroco di Quarto d'Altino don Gianni Fassina, meditò durante la fase che precedette il recente restauro per la chiesa altinate, la realizzazione di alcuni affreschi. Si esclude ovviamente quelli citati e progettati dal Gris. E' noto d'atra parte che i parroci precursori avevano inutilmente tentato d'attuarli senza però riuscirvi. A sua volta il Fassina, procurandosi tutte le informazioni necessarie, spesa e tempo tecnico, fatti quindi i debiti calcoli, niente mancava, dovette rinunciarvi causa il costo insostenibile. Rimandò come peraltro rinviarono i suoi predecessori, il tentativo a tempi migliori.
Vero è che tale rinuncia, non escluse le rinunce dei prelati giunti prima del Fassina, si perpetua oramai da un secolo e più senza interruzioni. E' comunque certo e, bisogna pur riconoscerlo, che a Quarto d'Altino sono sempre scarseggiati quei ceti superiori, quelle "élites" aristocratiche raffinatissime, generose degne, colte e ricche e che nella migliore tradizione veneziana si sarebbero preoccupati, qualora la chiesa non fosse una volta per tutte completata.
Si sarebbero pure allarmati qualora la religiosità della cittadinanza fosse caso mai diminuita, anche sotto il profilo socio sanitario, pure economico programmando e realizzando ciò che la popolazione non era in grado produrre da sé.
Questi gli intenti dei ceti superiori dei secoli scorsi. Ora non ve ne sono più, si sono ritirati nelle grandi città. Cosicché, grazie alla manifesta assenza dei titolati, tutto è rimasto nel vago. Resta comunque la buona volontà del parroco Fassina don Gianni.
Vedi il dipinto su tela presso il battistero della chiesa di Quarto D'altino. E' una copia di Guido Reni acquistata dal parroco Fassina don Gianni.
La consacrazione dei due altari ad opera del Card. Patriarca La Fontaine.
Il 10 settembre 1921, Sua Eminenza Card. La Fontaine, consacrava durante la visita a S. Michele del Quarto, l'altare in Cornu Evangelii in onore della Concezione Immacolata di Maria SS. (Dono dalla fam. De Reali) e quello in Cornu Epistulae in onore a S. Giuseppe (La sacra Famiglia dono ignoto) deponendo in entrambi le reliquie di S. Gerardo Sagredo Vescovo Martire e di S. Fosca Vergine e Martire.
Alla cerimonia assistette don Giovanni Costantini canonico ad Honorem della Basilica Patriarcale e don Francesco Petich cerimoniere fidato. Il 17 dello stesso mese ed anno, il parroco don De Martin risarciva con Lire 100, il viaggio da Venezia e ritorno ai sacerdoti e biblici che avevano partecipato alla consacrazione dei due altari.
Il documento recita in latino...
Alla cerimonia assistette don Giovanni Costantini canonico ad Honorem della Basilica Patriarcale e don Francesco Petich cerimoniere fidato. Il 17 dello stesso mese ed anno, il parroco don De Martin risarciva con Lire 100, il viaggio da Venezia e ritorno ai sacerdoti e biblici che avevano partecipato alla consacrazione dei due altari.
Il documento recita in latino...
(....Nos servato Ritus Pontificialis Romani, Altare in cornu Evangelii Ecclesiae Parochialis S. Michaelis ad Quartum huius Foranei Patriarcatus nuperrime pene innovatum consecravimus Deo dicantes sub titulo et in onorem Immaculatae Conceptionis B. Mariae Virginis et Altare in Cornu Epistolae in eadem Ecclesia, nuperrime innovatum consacravimus sub titulo et in honorem S. Josephi, conditis in sepulchris SS. Reliquiis ex ossibus Sanctorum Gerardi Sagredo Episcopi Mart. et S. Fusca Virg. Mart.
Venetiis in Curia Patriarchali die 10 septembris 1921)
+ P. Card. La Fontaine
Venetiis in Curia Patriarchali die 10 septembris 1921)
+ P. Card. La Fontaine
Mons. Giuseppe Sarto Patriarca di Venezia si reca sul monte Grappa.
Quel giorno viaggiava sul dorso di un mulo come Cristo Gesù
Foto d'archivio.
L'erezione delle quattro cappelline.
Quando il 10 gennaio 1939 alcuni sacerdoti di Vittorio Veneto giunsero a Quarto d'Altino invitati per le annuali Missioni, portarono con sé un crocefisso acquistato in Val Gardena. (Citazione don Scattolin) La somma sostenuta dai padri missionari diretti da don Giocondo Caner, venne in seguito restituita tramite i proventi raccolti durante le Sante Messe. Invitati con funzione d'illustrare il S. Vangelo, si soffermarono per 10 giorni: dal 12 al 22 gennaio.
Il crocefisso di dimensioni piuttosto rilevanti, opera pregiata di chissà quale artista dell'Alto Adige, (Forse dalla Casa Stuflesser di Ortisei) venne momentaneamente appoggiato sulle pareti della sacrestia. In quell'occasione iniziarono i lavori volti ad aprire sui muri della chiesa quattro cappelline, due per i confessionali, una per il pulpito in legno (7) - (8) e la quarta per il crocefisso ricordo Sante Missioni. Il crocefisso in realtà non fu mai posto sulla quarta cappellina, bensì sull'altare maggiore. In suo luogo venne apposto l'odierno battistero.
(7) L'avvento del microfono anni sessanta del novecento, consigliò don Scattolin a disfarsi del pulpito. Realizzato in legno tinto verde chiaro risiedeva dove ora è collocata l'immagine di S. Rita da Cascia. A provvedere l'uscita e il rientro del pulpito dalla cappellina furono inserite due piccole rotaie pavimentate su cui il terrazzino di limitate proporzioni dovesse correre il linea retta. Il provvedimento evitava di colpire le pareti della stessa cappellina, consentendo nello stesso tempo, il passaggio del pubblico sul corridoio laterale. Le cappelline scavate sui muri, vennero infatti realizzate a causa dell'ingombro provocato dai vecchi confessionali. Provenivano dalla chiesa settecentesca di S. Michele Vecchio, periodo in cui l'impostazione generale della chiesa non era quella del novecento. Il presbiterio inoltre, luogo riservato al clero officiante, doveva essere illuminato mezzo un rosone rivolto ad oriente: verso il sole che sorge. Effettuazione che, non trovò realizzazione nella recente chiesa malgrado il progetto dell'ingegnere civile Fuin.
(7) L'avvento del microfono anni sessanta del novecento, consigliò don Scattolin a disfarsi del pulpito. Realizzato in legno tinto verde chiaro risiedeva dove ora è collocata l'immagine di S. Rita da Cascia. A provvedere l'uscita e il rientro del pulpito dalla cappellina furono inserite due piccole rotaie pavimentate su cui il terrazzino di limitate proporzioni dovesse correre il linea retta. Il provvedimento evitava di colpire le pareti della stessa cappellina, consentendo nello stesso tempo, il passaggio del pubblico sul corridoio laterale. Le cappelline scavate sui muri, vennero infatti realizzate a causa dell'ingombro provocato dai vecchi confessionali. Provenivano dalla chiesa settecentesca di S. Michele Vecchio, periodo in cui l'impostazione generale della chiesa non era quella del novecento. Il presbiterio inoltre, luogo riservato al clero officiante, doveva essere illuminato mezzo un rosone rivolto ad oriente: verso il sole che sorge. Effettuazione che, non trovò realizzazione nella recente chiesa malgrado il progetto dell'ingegnere civile Fuin.
(8) Del pulpito si ha menzione il 17/02/1941, quando don Scattolin segnando in uscita "Lire 140 per scaletta del pulpito al falegname Bonel" ne dichiara anche la presenza. Peraltro, sono ancora vive le memorie tra la popolazione.
La Madonna del Rosario col bambinello Gesù.
Foto archivio storico Bonesso Alfio Giovanni. Copyright dell'autore.
Vedi la statua lignea della Madonna del Rosario
e il pregiato Crocefisso della Val Gardena.
Vedi la statua lignea della Madonna del Rosario
e il pregiato Crocefisso della Val Gardena.
Non si conoscono le origini della Madonna del Rosario, né il periodo in cui la statua venne acquistata, né l'autore del probabile dono.
Ad accertarlo se pure in parte, si potrebbe giungere ad una soluzione fidandosi di un pagamento in contanti effettuato da don Giuseppe Bettiolo per acquisto di una "Corona in argento Bianco". La fattura emessa dai "Fratelli Bertarelli di Milano, Fabbrica di arredi d'argento, paramenti e ricami, bandiere, stendardi e statue", reca la data 6 agosto 1928. In essa vi appare il costo di lire 111.50, imballo, bollo e viaggio compreso.
(Per corona in argento bianco s'intende il diadema a cerchio da porre sul capo della Madonna. Lo certifica anche il costo non certo a buon mercato)
In data 6 agosto 1928, la Madonna del Rosario si offre all'attenzione
In un secondo appunto a mano il Bettiolo segna diversamente dalla fattura dei Bertarelli intestata a suo nome, l'ammontare di lire 399,60, per l'acquisto di: "Corone d'Argento per Madonna del Rosario e per il bambino, più spedizione da Milano".
La differenza tra la prima e seconda somma, potrebbe dipendere dal parziale "bollo d'imposta" versato. L'ordinazione risale al 19/06/1928 cui seguì nell'agosto dello stesso anno la corresponsione in fattura dei Bertarelli. Si può dunque affermare con precisione che la statua della Madonna del Rosario, alla data 6 agosto 1928 era già presente in chiesa. Le corone poste sui capi delle due figure Sante (Madonna e bambinello) e tuttora presenti in chiesa, si dovrebbero dunque attribuire al Bettiolo.
La differenza tra la prima e seconda somma, potrebbe dipendere dal parziale "bollo d'imposta" versato. L'ordinazione risale al 19/06/1928 cui seguì nell'agosto dello stesso anno la corresponsione in fattura dei Bertarelli. Si può dunque affermare con precisione che la statua della Madonna del Rosario, alla data 6 agosto 1928 era già presente in chiesa. Le corone poste sui capi delle due figure Sante (Madonna e bambinello) e tuttora presenti in chiesa, si dovrebbero dunque attribuire al Bettiolo.
Per quanto riguarda l'acquisto della statua, non si potrebbe nemmeno assegnarlo al precedente parroco don De Martin, per la semplice ragione per la quale durante la festa del Rosario, non effettuava secondo rilevate indagini, processioni in suo onore, bensì mezzo predicatori in chiesa che retribuiva con lire 15.00. Ciò significa che all'epoca del De Martin la statua non c'era.
D'altra parte il Bettiolo che aveva una grande predilezione per le opere in legno: una propensione caratterizzata dalle numerose statue acquistate per l'annuale presepe, s'ipotizza pertanto che l'immagine della Madonna, sia stata acquistata proprio dal Bettiolo.... a meno che ripetiamo, non si fosse trattato di un dono. In ogni caso, la registrazione del donativo doveva risultare acclusa, ma non è stata fatta. Fatto sta che la statua in data 6 agosto 1928, c'era.
Presepio chiesa Quarto d'Altino. Opere in legno scolpite a mano.
(Martiner 1923/1926. Alto Adige)
Foto archivio Bonesso Alfio Giovanni. Copyright dell'autore.
(Martiner 1923/1926. Alto Adige)
Foto archivio Bonesso Alfio Giovanni. Copyright dell'autore.
Il presepe di Quarto: opera dello scultore Martiner.
Abile, competente e appassionato com'era il Bettiolo, si rivolse allo scultore Martiner acquistando nel 1923 una prima statuetta del bambinello Gesù. Il 5 gennaio 1926 versò "per trasporto ferrovia statue per presepe la somma di lire 38,20". Il 25 dicembre 1926 si procurò S. Giuseppe e la Madonna, in seguito giunse la statua del pastore e pecorelle. Il 18 dicembre 1927 ancora pecorelle, nel 1930 una stella in argento, il bue, l'asinello e angioletti in preghiera, anche scene di fondo e sistemazione completa del presepio ecc.... e così via.
Un piccolo tesoretto il cui costo venne diluito in cinque anni.
A questo punto dovremmo anche domandarci, la ragione per la quale il parroco commissionò le statue diluendo la spesa in un periodo di circa cinque anni. Si tratterebbe a nostro avviso di opere scultoree importanti, il cui costo elevato lo avrebbero consigliato differire l'importo piuttosto che saldare in un unica soluzione. Ebbene, a distanza di quasi un secolo le statue sono oggi particolarmente apprezzate dalla popolazione. Sono stimate e ritenute dagli esperti di fattura pregiatissima. In conclusione, la parrocchia custodisce un piccolo tesoretto, del cui il valore reale nessuno lo conosce.
Presepio chiesa Quarto d'Altino. Opere in legno scolpite a mano.
(Martiner 1923/1926. Alto Adige)
Foto archivio Bonesso Alfio Giovanni. Copyright dell'autore.
Le statue giungevano su ferrovia da chissà quale paese dell'Alto Adige. Il trasporto dalla stazione di Quarto alla chiesa veniva retribuito con una mancia di Lire 2.30. Il parroco versava la somma spettante allo scultore Martiner mediante vaglia postale e talvolta per lettera raccomandata.
Una ricerca sulla personalità dello sconosciuto scultore, cui è noto solamente il cognome, sarebbe oggi più che mai obbligata e, non solo per la bellezza scultorea delle statue e delle tinte rimaste tali, quanto per l'alto valore ottenuto in tanti anni.
Le balaustra in ciliegio del Bettiolo.
Un piccolo tesoretto il cui costo venne diluito in cinque anni.
A questo punto dovremmo anche domandarci, la ragione per la quale il parroco commissionò le statue diluendo la spesa in un periodo di circa cinque anni. Si tratterebbe a nostro avviso di opere scultoree importanti, il cui costo elevato lo avrebbero consigliato differire l'importo piuttosto che saldare in un unica soluzione. Ebbene, a distanza di quasi un secolo le statue sono oggi particolarmente apprezzate dalla popolazione. Sono stimate e ritenute dagli esperti di fattura pregiatissima. In conclusione, la parrocchia custodisce un piccolo tesoretto, del cui il valore reale nessuno lo conosce.
Presepio chiesa Quarto d'Altino. Opere in legno scolpite a mano.
(Martiner 1923/1926. Alto Adige)
Foto archivio Bonesso Alfio Giovanni. Copyright dell'autore.
Le statue giungevano su ferrovia da chissà quale paese dell'Alto Adige. Il trasporto dalla stazione di Quarto alla chiesa veniva retribuito con una mancia di Lire 2.30. Il parroco versava la somma spettante allo scultore Martiner mediante vaglia postale e talvolta per lettera raccomandata.
Le balaustra in ciliegio del Bettiolo.
La predilezione del Bettiolo per l'intaglio su legno, ha origini radicate e lontane nel tempo. A lui si devono le prime e uniche balaustra ordinate il 25 febbraio 1927 versando: "lire 34 per segatura legno di ciliegio a favore delle costruende balaustra". Per il legname fornito dal colono del paese di nome "Paramento P". corrispose la somma di "lire 50 equamente calcolata in metri lineari".
La segatura fu eseguita in una "falegnameria di Casale sul Sile". Il 4 dicembre 1928 sborsò un acconto di lire 150 "al tornitore per aste delle balaustra". Il 7 aprile 1929 "lire 150 a saldo per l'intagliatore".
Nel 1940, resosi necessario dipingere l'abside, venne anche mutata la gradazione rossiccia del ciliegio, sostituita con tinta finto marmo dal nuovo parroco Scattolin don Carlo.
Nel 1940, resosi necessario dipingere l'abside, venne anche mutata la gradazione rossiccia del ciliegio, sostituita con tinta finto marmo dal nuovo parroco Scattolin don Carlo.
Il Concilio Vaticano II° aperto nel 1962 da Papa Giovanni XXIII e chiuso nel 1965 da Papa Paolo VI, comportò l'abbandono dell'altare Maggiore e la conseguente erezione di altari rivolti ai fedeli. Inevitabilmente la balaustra realizzata con tanta passione dal Bettiolo, venne pertanto eliminata. Rimane comunque il ricordo dell'attività del Bettiolo e la volontà del parroco Scattolin nel ridipingere le balaustra.
L'acquasantiera di Gingano Luciano.
Durante le sopra citate Sante Missioni del gennaio 1939 (nel corso delle quali giunse il crocefisso) la signora Franchin Edwige donò alla chiesa parrocchiale l'acquasantiera collocata tuttora a destra del portale maggiore. In marmo bianco di Vicenza, opera dello scultore "Cingano Luciano e Figlio marmisti di Vicenza", costò alla sig.ra Franchin Lire 1050. Sembrerebbe un'enormità e in realtà lo è, se paragonata al gigantesco altare compreso della Madonna di Lourdes costato alla fam. De Reali Lire 2500. Una prima e superficiale valutazione dichiarerebbe che il costo della Pila è circa metà del monumentale altare: la differenza c'è ed è sin troppo evidente.
Il Crocefisso della Val Gardena.
La premiata opera dello scultore Cingano.
Foto d'archivio.
D'altra parte giova ricordare che la pila o acquasantiera, venne premiata durante la fiera dell'Artigianato di Firenze il cui prezzo a nostro parere venne maggiorato oltre il proprio valore.
Un'opera senza dubbio di qualità, particolarmente riconosciuta per l'elevata competenza artistica per la quale l'attuale popolazione di Quarto, per quanto non sia mai stata informata del pregio e del costo, sembrerebbe non l'avesse neppure notata.
L'opera del Cingano è comunque bisognosa di restauro, un risanamento intendiamoci di poco costo da farsi anche sul posto e senza smontarne le parti costitutive. Sarebbe infatti superfluo trasportarla in un centro di manutenzione quando si potrebbe restaurare lucidandola in chiesa.
Quando circa 78 anni fa la Pila giunse in parrocchia brillava per così dire come uno specchio. Se osservata oggi dimostra come peraltro dichiara la propria età, un vissuto nella pienezza della propria vita. Un passato dunque intenso in compagnia dei visitatori il cui contatto manuale e la prolungata esposizione, ne hanno opacizzato l'originario biancore.
Necessiterebbe quindi di una ripulitura di fondo.
Il trasporto su ferrovia da Vicenza a Quarto, comportò a Scattolin don Carlo l'esborso di Lire 33. Nella stessa circostanza il Conte Gyulai proprietario di fondi agricoli, donò alla chiesa un Messale romano dal costo di Lire 250.
Il Crocefisso della Val Gardena.
In seguito alla realizzazione delle quattro cappelline (vedi citazione sopra) don Scattolin pose il crocefisso a ridosso dell'altare Maggiore fronte il Ciborio e là vi rimase per anni, (Edicola di marmo a forma sferica collocata nel mezzo del medesimo altare - vedi foto sopra) Per sostenerlo furono praticati nella parte inferiore della croce in legno, quattro fori passanti tuttora visibili. Successivamente, quando apparve chiaro che la dimensione dell'edicola offuscava parzialmente la pala dell'Arcangelo, venne tolta ed in seguito alienata. Di conseguenza il crocefisso privo di sostegno venne collocato sul lato destro dell'Abside: dove ora si trova.
Il fondo della croce reca una placca di metallo corredata di data, (1939) ciò a ricordo del mandato apostolico e dell'acquisto effettuato dai padri missionari di Vittorio Veneto.
D'allora e durante le festività pasquali, viene tolto dalla parete in cui versa e quindi disteso sulla scalinata fronte l'altare maggiore.
Vedi particolare crocefisso della Val Gadena. Della pregiata opera non si conosce l'artista, né in quale laboratorio venne realizzata.
Il gesto tradizionale del Cristo morto e Risorto che offre il suo corpo al bacio dei fedeli, è l'espressione tipica della popolazione di Quarto, che sin d'allora, manifesta l'usuale rito. Una nota di don Scattolin, resa poco evidente dalla minuta scrittura posta quasi al margine di un foglio, riferisce: " Si può acquistare indulgenza plenaria pregando dinanzi a tale crocefisso il giorno della sua benedizione e le due domeniche seguenti". La nota a margine veniva in seguito comunicata anche dal pulpito.
Le bandiere, quasi a lambire i montanti di gesso.
Nel punto in cui il crocefisso venne definitivamente sistemato, (Lo è tuttora) stavano inizialmente erette verticalmente sino agli anni 50/60 del novecento, due gigantesche bandiere collocate agli angoli della Volta, quasi a lambire i montanti di gesso posti dal Gris.
Disposte una per lato e considerate sacre poiché commemoravano la vittoria di Costantino sugli eretici, assumevano pertanto quel carattere trionfale che i cristiani attendevano da secoli. Questi vessilli portavano i colori del Vaticano e quelli nazionali, ed erano sormontati da una croce o da emblemi simili legati alla vittoria di Costantino. Ora sono riposti assieme a quelli rettangolari, cioè agli stendardi costantiniani nel recente museo della parrocchia.
I vessilli dedicati a Costantino il Grande.
I vessilli dedicati a Costantino il Grande.
Gli stendardi o vessilli a forma rettangolare, venivano diversamente usati nelle frequenti processioni. L'esposizione segnalava ai fedeli la vittoria cristiana di Costantino, il quale dopo il trionfo al ponte di Milvio, affisse sulla sommità di un asta verticale un drappo col nome di Cristo ricamato.
In uso nelle chiese cristiane sino agli anni 50/60 circa del novecento, rimontavano il periodo del grande imperatore e più precisamente venivano chiamati "Labari Costantiniani". La tela a forma rettangolare affissa ad un bastone orizzontale alla cui sommità vi era posta un asta sormontata da croce o da simboli cristiani, venivano chiamati più specificatamente "Stendardi". Questi vessilli sono il distintivo particolare delle confraternite che portano ricamati i loro simboli inerenti al sodalizio religioso.
Il Bettiolo iniziò a raccogliere fondi per la realizzazione di tre Stendardi, tra il maggio 1926 a fine marzo 1927. Per fondi ovviamente non s'intende esclusivamente danaro contante del quale all'epoca ne circolava assai poco, bensì offerte pervenute da questue fruttanti uova e prodotti della terra che il rev. Bettiolo trasformava successivamente in lire. Tra i documenti compilati di sua mano si può leggere: " con il contributo della chiesa mezzo offerte varie".
Le richieste oblative avevano per scopo l'esecuzione dei citati stendardi, per i quali la giovane e tribolata parrocchia altinate eretta tra il 1905/6, ne era totalmente priva.
Era tempo oramai che tra i tanti parroci indecisi ne arrivasse uno dalle decisioni autonome, iniziando a buttarvi dentro qualcosa di utile e speciale. Una specialità che, dalla vecchia chiesa abbattuta non si poté recuperare perché non esistevano.... se si eccettuano gli oggetti riutilizzati e già elencati.
Come si può notare dalle offerte pervenute tra 1926/27: periodo oblativo dovuto agli stendardi, è lo stesso in cui il Bettiolo operò col fratello Archimede alla realizzazione degli affreschi. Al parroco quindi non mancavano le iniziative e tanto meno il coraggio, salvo il denaro da recuperare e che recuperò.
Il primo stendardo in onore a S. Antonio da Padova fu offerto dagli uomini del paese. Il secondo dedicato alla Madonna di Lourdes dalle donne e operaie. Il terzo al Sacro Cuore di Gesù venne donato dall'intera popolazione.
Per quanto riguarda il vessillo attinente al Santo Padovano, venne offerto da 74 capifamiglia elencati in un apposita lista, dove vi appaiono anche due donne.
Sul medesimo elenco, sono pure enumerate le offerte in danaro dei rispettivi casati i cui capifamiglia, annotavano il numero dei contribuenti appartenuti allo stesso casato.
A volte il capofamiglia, non trovando offerenti tra lo stesso casato, offriva la somma di tasca propria. In questo caso l'importo veniva evidenziato con una P. cioè a titolo personale. Va altresì ricordato, che all'epoca le famiglie contadine inerenti allo stesso casato, contavano circa e non meno di 15/20 persone in domicilio comune, raggiungendo talvolta come la fam. "Bonesso Grando", il numero di circa 60/70. (9) I nomi delle femmine, come pure delle donne operaie non sono elencate.
In uso nelle chiese cristiane sino agli anni 50/60 circa del novecento, rimontavano il periodo del grande imperatore e più precisamente venivano chiamati "Labari Costantiniani". La tela a forma rettangolare affissa ad un bastone orizzontale alla cui sommità vi era posta un asta sormontata da croce o da simboli cristiani, venivano chiamati più specificatamente "Stendardi". Questi vessilli sono il distintivo particolare delle confraternite che portano ricamati i loro simboli inerenti al sodalizio religioso.
La presenza degli stendardi a Quarto.
"opera del Bettiolo"
Il Bettiolo iniziò a raccogliere fondi per la realizzazione di tre Stendardi, tra il maggio 1926 a fine marzo 1927. Per fondi ovviamente non s'intende esclusivamente danaro contante del quale all'epoca ne circolava assai poco, bensì offerte pervenute da questue fruttanti uova e prodotti della terra che il rev. Bettiolo trasformava successivamente in lire. Tra i documenti compilati di sua mano si può leggere: " con il contributo della chiesa mezzo offerte varie".
Le richieste oblative avevano per scopo l'esecuzione dei citati stendardi, per i quali la giovane e tribolata parrocchia altinate eretta tra il 1905/6, ne era totalmente priva.
Era tempo oramai che tra i tanti parroci indecisi ne arrivasse uno dalle decisioni autonome, iniziando a buttarvi dentro qualcosa di utile e speciale. Una specialità che, dalla vecchia chiesa abbattuta non si poté recuperare perché non esistevano.... se si eccettuano gli oggetti riutilizzati e già elencati.
Come si può notare dalle offerte pervenute tra 1926/27: periodo oblativo dovuto agli stendardi, è lo stesso in cui il Bettiolo operò col fratello Archimede alla realizzazione degli affreschi. Al parroco quindi non mancavano le iniziative e tanto meno il coraggio, salvo il denaro da recuperare e che recuperò.
Il primo stendardo in onore a S. Antonio da Padova fu offerto dagli uomini del paese. Il secondo dedicato alla Madonna di Lourdes dalle donne e operaie. Il terzo al Sacro Cuore di Gesù venne donato dall'intera popolazione.
Per quanto riguarda il vessillo attinente al Santo Padovano, venne offerto da 74 capifamiglia elencati in un apposita lista, dove vi appaiono anche due donne.
Sul medesimo elenco, sono pure enumerate le offerte in danaro dei rispettivi casati i cui capifamiglia, annotavano il numero dei contribuenti appartenuti allo stesso casato.
A volte il capofamiglia, non trovando offerenti tra lo stesso casato, offriva la somma di tasca propria. In questo caso l'importo veniva evidenziato con una P. cioè a titolo personale. Va altresì ricordato, che all'epoca le famiglie contadine inerenti allo stesso casato, contavano circa e non meno di 15/20 persone in domicilio comune, raggiungendo talvolta come la fam. "Bonesso Grando", il numero di circa 60/70. (9) I nomi delle femmine, come pure delle donne operaie non sono elencate.
(9) La lista dei capifamiglia, verrà pubblicata su richiesta.
(9) Il numero di persone collegate alla fam. B. corrispondeva all'epoca a non meno di 60 individui. Nel 1910, anno in cui il nobile proprietario non aveva ancora frazionato l'intera famiglia, contava un numero maggiore. Per accoglierli tutti, vennero apposte a fronte della loro abitazione, (l'odierna Cà delle Anfore) due capanni o baracche abitate dalla restante comunità. Non a caso quando l'intero parentado si riuniva nella piena globalità, i pasti venivano consumati in due turni: a mezzogiorno e altrettanti la sera. La fonte proviene dal nonno paterno Florindo classe 1870. Il nonno è citato dal Bettiolo con una P, unico offerente del proprio casato.
Qualora poi un numero sostenuto di lettori dimostrasse interesse per i nomi e le offerte versate dai capifamiglia, è sufficiente richiedere la lista che verrà pubblicata.
Sui registri si possono inoltre notare oltre al ricavato, le spese relative all'acquisto di stoffe, anche di cordoni dorati e seta da ricamo trattata dalle suore Francescane di Vicenza. In più, vi appaiono bastoni trasversali, pomoli e fregi, croci sugli stessi bastoni, aste con lancia e coloritura.
La lista continua con frange e galloni dorati, arazzi, copertura dell'asta e delle lance ricamate a cura dell'Istituto delle suore Canossiane di Treviso. I velluti e i damaschi, venivano forniti dalla società anonima "Velluti di Zoagli" di Genova. Il sig. Andrea Levis fabbricante di Vicenza, provvedeva all'assemblaggio degli stendardi. Il 23 novembre 1933 la ditta Levis riceveva a saldo Lire 180,50.
Qualora poi un numero sostenuto di lettori dimostrasse interesse per i nomi e le offerte versate dai capifamiglia, è sufficiente richiedere la lista che verrà pubblicata.
Sui registri si possono inoltre notare oltre al ricavato, le spese relative all'acquisto di stoffe, anche di cordoni dorati e seta da ricamo trattata dalle suore Francescane di Vicenza. In più, vi appaiono bastoni trasversali, pomoli e fregi, croci sugli stessi bastoni, aste con lancia e coloritura.
La lista continua con frange e galloni dorati, arazzi, copertura dell'asta e delle lance ricamate a cura dell'Istituto delle suore Canossiane di Treviso. I velluti e i damaschi, venivano forniti dalla società anonima "Velluti di Zoagli" di Genova. Il sig. Andrea Levis fabbricante di Vicenza, provvedeva all'assemblaggio degli stendardi. Il 23 novembre 1933 la ditta Levis riceveva a saldo Lire 180,50.
Il quarto altare dedicato al Santo padovano.
L'altare e relativa statua di S. Antonio da Padova, furono acquistati da Don Giuseppe Bettiolo dalla chiesa di Oderzo. (TV) - Giunse a Quarto il 15 novembre 1924 mediante spedizione su ferrovia al costo di Lire 22,65. Il trasporto dalla stazione F.S. di S. Michele del Quarto alla chiesa parrocchiale, venne effettuato su carri agricoli. Ai trasportatori una lira di mancia ciascuno.
L'acquisto dell'altare non è opera esclusiva del Bettiolo, bensì è il risultato di una precedente richiesta del precedente parroco De Martin, il quale tramite lettera datata 02/08/1922, pregava vivamente l'arciprete di Oderzo di recapitargli le misure dei due altari che aveva intenzione di vendere: " Farei un viaggio inutile" sottolinea don Cesare, "nel caso in cui non si potessero adattare alla chiesa di S. Michele del Quarto. (10)
Altare S. Antonio da Padova. Particolare della statua.Proviene dal Duomo S. Giovanni Battista di Oderzo
Il negoziato si rese inutile poiché nel 1923, don De Martin si ritirò per motivi si disse di salute, (In realtà la causa fu ben altra) lasciando la transizione al successore. La trattativa fu ripresa nel 1924 dal Bettiolo, che acquistando l'altare e la statua del Santo di Padova, riempì la terza cavità delle quattro presenti. Il 13 giugno 1925 mons. Rossi inaugurava la sacra mensa sprovvista della scultura francescana, che venne sistemata il giorno 18. (Per porvi la statua necessitava infatti che le parti cementate si solidificassero. Il completamento della luce elettrica avvenne il 28 settembre dello stesso anno al costo di Lire 133,50. L'importo dell'altare e montaggio ad opera dell'impresa edile Biondo compreso di luce elettrica, fu di Lire 1734,50.
(10) Il documento di proprietà del sottoscritto e stato recuperato al mercato di Oderzo domenica 8 marzo 2001. Dallo scritto si viene a conoscere che il De Martin aveva intenzione di acquistare due altari... e non soltanto uno come stipulò il Bettiolo.
Qual era dunque il secondo? La risposta si potrebbe ottenere tra i documenti del Duomo S. Giovanni Battista di Oderzo. Eretto nel 1535 venne restaurato tra il 1921/24, stesso periodo della richiesta del De Martin e dell'acquisto effettuato dal Bettiolo: cioè il 1924. Si suppone pertanto, che durante l'attività di restauro del Duomo sia stato anche rinnovato parte dei vecchi altari e statue, una delle quali, acquistata dalla parrocchia di Quarto d'Altino.
L'epoca di Scattolin don Carlo e....
L'abbellimento della chiesa in Quarto d'Altino. (1939/40)
Il sig. Luigi Furlan, pittore-decoratore di S. Artemio di Treviso dipinse il 14 febbraio 1940 (Data conto spesa) la Volta e il Mondo dell'abside preparando il fondo con tinta blu completandolo a stelle in oro. Dipinse in finto marmo anche l'abbassamento dei muri su tutto il perimetro della chiesa e gli elementi decorativi racchiusi tra gli elementi in gesso all'interno dell'Abside.
In previsione dei restauri per la chiesa di Quarto d'Altino avviati tra il 2016/17, la tinta promossa dal parroco Scattolin (1939/40) venne raschiata allo scopo di riportare alla luce le precedenti. La tinta unica emersa, apparve verniciata in finto marmo tuttora visibile a lato dell'altare della Vergine. (La raschiatura effettuata a lato degli altari è opera dell'emerito parroco Fassina don Gianni in previsione delle prossime dipinture)
In previsione dei restauri per la chiesa di Quarto d'Altino avviati tra il 2016/17, la tinta promossa dal parroco Scattolin (1939/40) venne raschiata allo scopo di riportare alla luce le precedenti. La tinta unica emersa, apparve verniciata in finto marmo tuttora visibile a lato dell'altare della Vergine. (La raschiatura effettuata a lato degli altari è opera dell'emerito parroco Fassina don Gianni in previsione delle prossime dipinture)
La stessa dipintura, venne applicata ad un'altezza di circa metri due lungo il perimetro della chiesa, affinché le pareti precedentemente di colore chiaro, non fossero sottoposte all'imbrattamento provocato dalle mani.
Applicata con vera maestria dal sig, Furlan, che nel momento in cui venne visualizzata dai parrocchiani, furono sorpresi dalla bellezza costituiva del dipinto che pareva del vero e proprio marmo. E infatti, le calde tinte color crema e bruno scuro a strisce ondeggianti intrecciate l'una all'altra, si evidenziavano come fossero naturali. Anche le balaustra in legno vennero dipinte col medesimo procedimento e con lo stesso, anche le lunette e i rettangoli posti sopra i portali dell'abside. In questo caso rispetto al primo, le strisce ondeggianti sembravano dei pezzi di marmo, tagliati a misura e incastonati su muro. Il Furlan completò entrambe le sacrestie, l'abside e il coro. Il pulpito lo tinse verde chiaro. (11) - Verniciò le porte interne, la bussola della porta centrale, i portoni della chiesa, vari inginocchiatoi, armadi ecc. il tutto per Lire 4.214,50.
(11) Nella cappella dove un tempo dimorava il pulpito, oggi si trova l'immagine di Santa Rita da Cascia, dono dei coniugi altinati Moro Leo ed Ines. Il dipinto di esecuzione ignota è stato realizzato su tavola di legno agli inizi del 1900. E' di buona fattura e di un certo valore. I donatori lo avevano ricevuto a loro volta da don Violante Veronese nel periodo in cui era parroco a Cittanova di Eraclea. Don Violante è stato vicario di don Scattolin tra il 1968/70. L'immagine donata dai coniugi fu collocata dal parroco don Gianni Fassina nell'alveo vuoto dove appunto risiedeva il pulpito.
I rosoni e le foglie applicate sulla porta centrale.
(11) Nella cappella dove un tempo dimorava il pulpito, oggi si trova l'immagine di Santa Rita da Cascia, dono dei coniugi altinati Moro Leo ed Ines. Il dipinto di esecuzione ignota è stato realizzato su tavola di legno agli inizi del 1900. E' di buona fattura e di un certo valore. I donatori lo avevano ricevuto a loro volta da don Violante Veronese nel periodo in cui era parroco a Cittanova di Eraclea. Don Violante è stato vicario di don Scattolin tra il 1968/70. L'immagine donata dai coniugi fu collocata dal parroco don Gianni Fassina nell'alveo vuoto dove appunto risiedeva il pulpito.
I rosoni e le foglie applicate sulla porta centrale.
Danneggiate dalle condizioni climatiche e dall'incuria dei parroci precedenti, il 24 ottobre 1940 Scattolin don Carlo, decise dopo 35 anni di esposizione la sostituzione dei rosoni sottoposti alle intemperie d'ogni tempo e grado. A forma circolare e applicati sul portale maggiore della chiesa, vennero sostituiti incaricando un falegname del circondario il cui nome non è stato reso noto.
La tecnica decorativa a incisione molto praticata nell'arte del mobile, metteva in risalto qualunque suppellettile qualora vi si fossero applicati oggetti di legno intagliati a forma di rosa o ruota a fini ornamentali.
La tecnica decorativa a incisione molto praticata nell'arte del mobile, metteva in risalto qualunque suppellettile qualora vi si fossero applicati oggetti di legno intagliati a forma di rosa o ruota a fini ornamentali.
Nel caso dei portali della chiesa di Quarto d'Altino ne furono applicati otto di numero a forma circolare a motivo raggiante visibili ancora oggi. Ognuno è riposto al centro degli stessi portoni a due ante, formanti quattro riquadri ciascuno e a quanto si è potuto apprendere, realizzati pressoché sul modello precedente. Furono migliorati nella scultura, nella proporzione e gradimento, particolarmente di tenuta sulla base del portone.
Entro questi spazi distribuiti a spartitura regolare, il parroco vi pose sugli angoli 36 foglie lanceolate a forma trifogliare. (Le precedenti infatti, si presentavano oramai in un stato assai precario) La foglia centrale appare più lunga rispetto alle due mediane poste di lato. Sono frastagliate, piegate su se stesse, sagomate conforme all'angolatura e posate su di una linea proiettata a 45 gradi... e tanto perfette da sembrare reali. Risultato? Un eccellente lavoro d'intarsio e certo migliore del primo in quanto il secondo dopo 77 anni di esposizione, (1940/2017) risulta inalterato e saldamente attaccate al portone. Grazie anche alle vernici applicate da don Scattolin e quelle seguenti.
(Va ricordato che don Scattolin fu il primo a dipingere i portali maggiori in data 14 febbraio 1940, vedi citazione sopra, e nell'ottobre dello stesso anno sostituì i rosoni e le foglie lanceolate)
Entro questi spazi distribuiti a spartitura regolare, il parroco vi pose sugli angoli 36 foglie lanceolate a forma trifogliare. (Le precedenti infatti, si presentavano oramai in un stato assai precario) La foglia centrale appare più lunga rispetto alle due mediane poste di lato. Sono frastagliate, piegate su se stesse, sagomate conforme all'angolatura e posate su di una linea proiettata a 45 gradi... e tanto perfette da sembrare reali. Risultato? Un eccellente lavoro d'intarsio e certo migliore del primo in quanto il secondo dopo 77 anni di esposizione, (1940/2017) risulta inalterato e saldamente attaccate al portone. Grazie anche alle vernici applicate da don Scattolin e quelle seguenti.
(Va ricordato che don Scattolin fu il primo a dipingere i portali maggiori in data 14 febbraio 1940, vedi citazione sopra, e nell'ottobre dello stesso anno sostituì i rosoni e le foglie lanceolate)
L'ornamento del rev. Scattolin, si rivelò tanto romantico e apprezzato, da suscitare tra la popolazione pubblici encomi. Eppure l'apprezzamento prodotto dal romanticismo degli anni quaranta, sembrerebbe oggi non suscitare le stesse emozioni di allora.
D'altra parte si deve anche considerare i mutati gradimenti, la moda anzitutto che di fronte al capolavoro, dimostra un incapacità di reazione, quando anche generazionale, non comune.
Il quinto e ultimo altare.
Il quinto e ultimo altare.
Il 10 settembre 1939, Scattolin don Carlo, abbellendo la chiesa con le tinte descritte, pensò di porvi anche l'ultimo altare, il quinto.
L'opera completa di statua dedicata a S. Teresa, giungeva dalla chiesa di Monastier di Treviso danneggiata durante la prima guerra mondiale. Per caparra versò il 2 settembre 1939 Lire 1000. La rimozione e il trasporto su carri dalle Fornaci di Monastier, scarico compreso, furono effettuati il 17 settembre 1939 dall'impresa edile Biondo Giuseppe di Musestre. Il costo fu di Lire 404,00.
Il rimontaggio è ugualmente opera dell'impresa edile Biondo Giuseppe. Il costo dei materiali più conto lavoro del personale fu di Lire 374,55. Il valore della statua e dei vari componenti in marmo, colonne comprese non sono citati. L'altare danneggiato dal crollo del tetto provocato dai bombardamenti italiani sugli austriaci in fuga, colpì la sottostante predella in marmo. Causa che il monastero delle Fornaci considerò l'intero altare inutilizzabile al rimanente conservato intatto.
Il rimontaggio è ugualmente opera dell'impresa edile Biondo Giuseppe. Il costo dei materiali più conto lavoro del personale fu di Lire 374,55. Il valore della statua e dei vari componenti in marmo, colonne comprese non sono citati. L'altare danneggiato dal crollo del tetto provocato dai bombardamenti italiani sugli austriaci in fuga, colpì la sottostante predella in marmo. Causa che il monastero delle Fornaci considerò l'intero altare inutilizzabile al rimanente conservato intatto.
Una considerazione dal nostro punto di vista originata al modestissimo danno, (se si esclude il crollo del tetto) troverebbe conferma qualora i monaci non avessero trovato sedi appropriate per la conservazione. Un immagazzinamento che durò ben 21 anni, in realtà, c'era la volontà di venderlo.
Le rovine dell'antica chiesa bombardata durante l'offensiva italiana del giugno 1918 e in seguito ai danni dismessa, venne in seguito visitata dal Vescovo di Treviso Mons. Longhin. (Vedi foto conservata da Bonesso Alfio)
Il restauro della predella venne effettuato tra il 1939 e il "40 dal sig. "Riccardo Marson Laboratorio e Deposito Marmi e Pietre di Treviso". L'impresario fornì anche i grandinii per le nuove cappelline, (12) pavimenti compresi e posa in opera effettuata il 25/01/1940.
Le rovine dell'antica chiesa bombardata durante l'offensiva italiana del giugno 1918 e in seguito ai danni dismessa, venne in seguito visitata dal Vescovo di Treviso Mons. Longhin. (Vedi foto conservata da Bonesso Alfio)
Il restauro della predella venne effettuato tra il 1939 e il "40 dal sig. "Riccardo Marson Laboratorio e Deposito Marmi e Pietre di Treviso". L'impresario fornì anche i grandinii per le nuove cappelline, (12) pavimenti compresi e posa in opera effettuata il 25/01/1940.
Altare dedicato a Santa Teresa del Bambino Gesù.
Proviene dall'antico monastero di Monastier.
Ancora oggi è possibile osservare il danno sulla predella provocato dal crollo e chiedersi, perché la chiesa di Quarto, non riuscì, o non fu mai in grado d'acquistare un altare compreso di statua che non fosse superato dall'età. Priva peraltro di danni e gradita alla cittadinanza. Una ragione certo c'è. In primo luogo potrebbe dipendere dalla scarsità degli abitanti e da una indigenza locale pressoché generalizzata. Epoca in cui non va dimenticato che, oltre al progetto e relative oblazioni pro campanile, c'era anche la guerra in corso. (Conflitto 1940/45)
Il 10 marzo 1940 il card. Patriarca Piazza inaugurava le decorazioni, le quattro cappelline, il nuovo altare e l'acquasantiera dello scultore Cingano Luciano, e tutte le opere realizzate tra il 1939 e il '40.
(12) La cappella destinata al crocefisso dove non venne mai riposto, ora contiene il battistero e una preziosa tela (Copia di Guido Reni) dedicata al Battista. Reca il battesimo a Gesù di Nazareth. L'acquisto e collocazione è opera di don Gianni Fassina parroco di allora.
Proviene dall'antico monastero di Monastier.
Ancora oggi è possibile osservare il danno sulla predella provocato dal crollo e chiedersi, perché la chiesa di Quarto, non riuscì, o non fu mai in grado d'acquistare un altare compreso di statua che non fosse superato dall'età. Priva peraltro di danni e gradita alla cittadinanza. Una ragione certo c'è. In primo luogo potrebbe dipendere dalla scarsità degli abitanti e da una indigenza locale pressoché generalizzata. Epoca in cui non va dimenticato che, oltre al progetto e relative oblazioni pro campanile, c'era anche la guerra in corso. (Conflitto 1940/45)
Il 10 marzo 1940 il card. Patriarca Piazza inaugurava le decorazioni, le quattro cappelline, il nuovo altare e l'acquasantiera dello scultore Cingano Luciano, e tutte le opere realizzate tra il 1939 e il '40.
(12) La cappella destinata al crocefisso dove non venne mai riposto, ora contiene il battistero e una preziosa tela (Copia di Guido Reni) dedicata al Battista. Reca il battesimo a Gesù di Nazareth. L'acquisto e collocazione è opera di don Gianni Fassina parroco di allora.
La recente pavimentazione.
L'attuale pavimento tipo Rosso Olimpo collocato in chiesa sull'area riservata al pubblico, (Escluso il presbiterio) è stato fornito il 29/11/1969/ dalla ditta: "Bruno e Alberto di Ronco di Cogolo di Tregnago Verona". Posa e levigazione ad opera dell'impresa: Menegazzi Aldo di Casier di Treviso". La ditta Marchetto di Quarto d'Altino pose un sottofondo di 20 cm. rispetto al quale il nuovo pavimento doveva corrispondere al secondo gradino dei tre posti fronte l'altare Maggiore. Ragione per cui il rialzo imposto dalla quota, causò l'eliminazione del primo.
Stessa risoluzione venne adottata, eliminando un gradino dei due registrati sulle Cappelline dei rispettivi Altari. La ditta Marchetto pose inoltre le gradinate esterne in marmo "Aurisina" all'ingresso del portale maggiore. Nel 1969 amministrava Scattolin don Carlo e il vicario Ronzini don Mario.
Il pavimento in cemento lisciato a mano
E finalmente dopo ben 64 anni scomparvero anche le polveri prodotte dal pavimento in cemento "rifinito o lisciato" e sostituito dalla recente pavimentazione in marmo tipo Rosso Olimpo. Venne scelto in luogo dei marmi ritenuti troppo costosi collocati nell'area del presbiterio. In realtà, dovevano secondo progettazione relativa al 1905/6 coprire tutta l'area della chiesa. Purtroppo all'epoca, la spesa avrebbe aggravato le risorse della parrocchia che a causa della chiesa da ultimare internamente e le sacrestie laterali da erigere, si preferì mantenere la pavimentazione in cemento "lisciato" a cazzuola.
I marmi tipo Rosso Olimpo.
L'offerta proporzionata al prezzo favorevole, determinata dal materiale di probabile seconda scelta, è confermata dalle porosità o crivellature congenite nei marmi a taglio quadrato, i quali durante la posa vennero chiuse mediante stuccatura. Ma le otturazioni degli anni sessanta del novecento, iniziarono nel breve giro di pochi anni a disintegrarsi e togliersi dagli alvei, procurando al parroco un sensibile problema.
Di fronte alla prevedibilità del deterioramento, va anche aggiunta la disomogeneità delle tinte, laddove non in casi estremi, vi appaiono gradazioni chiare non compatibili con la stessa tinta Rosso Olimpo. Inconciliabili addirittura con il Rosso Asiago del Presbiterio. Non a caso mons. Scattolin ebbe a dire a proposito, che se un giorno le otturazioni sui marmi dovessero togliersi, verranno sostituiti mediante la stessa pavimentazione del Presbiterio. Come del resto chiama tutta l'area della chiesa. Giustificava così la scelta obbligata in mancanza del danaro bastante.
Un progetto campato per l'aria.... per ora
Il riscaldamento a pavimento
A questo punto, dovremmo anche aggiungervi, la provvidenziale cautela tenuta da mons. Scattolin, che risparmiando sulla pavimentazione di ieri, torna utile oggi su quella che verrà acquistata domani su cui verrà posto il riscaldamento a pavimento. Davvero un risparmio notevole, tenuto conto, qualora si avesse dovuto sostituire i romboidali del presbiterio.
Delle critiche indulgenti...
Dovremmo quindi ammettere che la lunga attività imposta alla chiesa di Quarto d'Altino, dovuta in gran parte alla povertà della parrocchia che ha sempre limitato tutti i tentativi come narra la sua storia, di renderla completa in ogni sua parte. Inaugurata e benedetta da un secolo e più, ci vorrà altrettanta rassegnata pazienza per vederla finalmente conclusa. Prevedendo quindi tempi assai lontani, lasciamo frattanto il compito ai posteri la narrazione di ciò che verrà domani. Accontentiamoci dunque, di quanto sinora si è potuto trarre dagli archivi e io stesso narrato le opere in quanto testimone degli eventi, varianti compresi.
D'altra parte, è stato un onore e un impegno per chi come me, ha potuto riportare su internet quanto ho ricavato e conosciuto durante la mia presenza attiva in canonica. Ho potuto così trasmettere ai posteri le vicende sulla storia della chiesa di Quarto d'Altino, a chiunque intenda documentarsi illudendomi sia stata gradita.
Gli sforzi storici per i quali i parroci non sono predisposti ai necessari approfondimenti.
Si è inteso in questo capitolo, favorire anzitutto le future successioni dei parroci, i quali purtroppo, non sono predisposti in larga parte, agli approfondimenti necessari per la storia della chiesa in cui andranno ad insediarsi.
Un'amministrazione parrocchiale diligente, saputa nella storia e competente nelle direttive, dipenderà dalla conoscenza degli sforzi sostenuti dalle generazioni passate e da quella presente.
Se diversamente i parroci si renderanno estranei agli sforzi delle popolazioni, non avranno certo preparazione capace, per capire e dirigere l'attuale. Meno si conosce il passato, meno ancora si capisce il pensiero della gente. Scriveva a proposito il Leopardi: " Cagion diletta d'infiniti affanni".
(Vedi la lirica su, "Il pensiero dominate")
La casa comune.
Per quanto riguarda la vecchia e trapassata popolazione, (quella che eresse il campanile scuola materna e altro) di tutto si può dire tranne aver tenuto di fronte alla successione dei parroci, un comportamento per così dire servile. Per costoro la chiesa di allora manifestò una vera e propria Casa Comune, di conseguenza si comportarono coi parroci.
Da quella premessa maturata reciprocamente, scaturì quella grande partecipazione di massa mai registrata prima né conosciuta nel nostro territorio. Privarsi quindi dell'accennata preparazione storica, vorrebbe dire privarsi di quella predisposizione d'animo che esiste nel genere umano, per quella casa ritenuta comune. Considerazione questa, che in tutta coscienza mi sono permesso suggerire a tutti quei parroci in carica, e anche a quelli che verranno dopo.
Foto archivio Bonesso Alfio Giovanni - 1969. Vedi il pavimento in cemento rifinito lisciato, i tre gradini di accesso al presbiterio, le balaustra in legno e i due gradini presso l'altare della Madonna. A lato si notano sui muri perimetrali le tracce delle dipinture
finto marmo.
Lavori di recente esecuzione
La sostituzione dei centenari finestroni in legno.
Colpiti dai violenti acquazzoni, dalle raffiche di vento e talvolta dalla grandine, rivelavano a vista d'occhio un'impellente bisogno sostitutivo, tanto che a toccarli con mano, mostravano uno stato di precarietà assai avanzato. Esisteva dunque un grave rischio per il quale la caduta dei vetri sui passanti esterni alla chiesa, come ai fedeli raccolti in preghiera, risultava molto probabile e con gravi conseguenze civili.
Ma ciò che rendeva possibile l'incidente, dipendeva dall'apertura degli infissi effettuata a mano tramite funicella, i cui sbalzi e il sali scendi della parabola, sottoponeva a forti vibrazioni l'intera struttura causando ai vetri fessurati, il crollo. E cadendo avrebbero potuto colpire anche il manovratore più esperto. Andavano quindi rimpiazzati al più presto.
Per quanto riguarda il riscaldamento, se ne usciva all'aperto tramite i vetri incrinati e le fenditure delle vecchie strutture in legno, ciò accrescendo la già elevata spesa per il carburante.
Le vetrate si aprivano mezzo cordicelle (visibile nella foto) manovrate dal pianterreno. Le nuove vetrate sono state prodotte sul medesimo bozzetto decorativo e in sintonia con le tinte dell'epoca.
Foto archivio Bonesso Alfio Giovanni. Copyright dell'autore.
Vedi i vetri incrinati posti sulla centenaria struttura in legno. Foto archivio Bonesso Alfio Giovanni. Copyright dell'autore
Gli otto finestroni completi di vetro, sono stati ufficialmente inaugurati sabato 16 dicembre 2000 durante il concerto tenuto dalla nostra corale in parrocchia. L'opera è stata realizzata dalla "ditta Poli" di Verona che vinse il concorso.
Sono stati ideati e prodotti con materiale di prima qualità. I telai sono in "acciaio brunito e i vetri provenienti dalla Germania in vetro soffiato". Sono lavorati artigianalmente, montati dentro una vetrocamera antisfondamento e protetti esternamente da griglie metalliche. L'apertura a "Vasistas" viene fatta elettronicamente dalla sacrestia mezzo motori elettrici. E' stata anche aggiunta un adeguata illuminazione sul soffitto, che fa risaltare l'opera sia dall'esterno che dall'interno. E' costata 123 milioni delle vecchie lire offerti dalla parrocchia.
Il nuovo sagrato
Martedì 23 novembre 1999. Sono iniziati i lavori del nuovo sagrato.
Foto archivio Bonesso Alfio. Copyright dell'autore.
Alla sistemazione partecipò il Comune di Quarto d'Altino con un finanziamento del bilancio comunale di Lire 111.793.000. Il progetto è dell'architetto Luca Moro di Quarto d'Altino. Data d'inizio lavori 15/11/1999. Tempo utile per la sistemazione 30 giorni. Impresa costruttrice DE.MO.TER. Stretti di Eraclea - Ve.
Sabato 18 dicembre 1999 ore 18,30, a lavori ultimati venne inaugurato il nuovo sagrato con messa solenne. Per festeggiare l'evento la corale della parrocchia si cimentò in canti religiosi.
Nella circostanza della spesa, la popolazione di Quarto d'Altino venne per la prima volta esentata dalle offerte pro erigendo sagrato. Tale esclusione, la prima registrata in tanti anni, anzi l'unica in assoluto dal 1905 (anno della consacrazione chiesa) è stata resa possibile da uno scambio di terreno destinato a posteggio automobilistico, su cui entrambi gli uffici, la Parrocchia e Comune, riuscì vantaggioso per tutti. Gradito e utile anche ai posteggianti.
Nella circostanza della spesa, la popolazione di Quarto d'Altino venne per la prima volta esentata dalle offerte pro erigendo sagrato. Tale esclusione, la prima registrata in tanti anni, anzi l'unica in assoluto dal 1905 (anno della consacrazione chiesa) è stata resa possibile da uno scambio di terreno destinato a posteggio automobilistico, su cui entrambi gli uffici, la Parrocchia e Comune, riuscì vantaggioso per tutti. Gradito e utile anche ai posteggianti.
L'emersione di una fondamenta (antica?) lungo via Stazione, presso il sagrato e la pioazza.
L'emersione della fondamenta di chiaro progetto abitativo, non mi destò quel giorno nessuna emozione di carattere archeologico. Sicuramente gradita ma non indispensabile da non impedire alle mie ricerche per le quali già conoscevo mediante studi, la presenza di area archeologica.
Anzi direi, è stato un evento previsto in quanto rappresentava il vissuto di alcune famiglie nel quadro generale dell'ambiente e della nuova piazza che doveva congiungersi al sagrato. Dovevo quindi ritenerla di rilevo storico? Pressoché antica? Quanto? E di quale periodo?
Facile a dirsi per chi come me ha speso parte della propria esistenza alla ricerca delle nostre radici, ma anche per cura del mio personale fiuto che già aveva avvertito il posizionamento tramite tracce e studi appropriati. E dunque, ciò mi apparve in quella mattinata aveva veramente a che fare con un vecchio sito colonico, per mezzo del quale avevo già intuito essere là, e non mi sbagliai. E durante gli scavi fotografai ciò che in seguito venne ricoperto.
La testimonianza fotografica, ha dunque validità per la storia del paese e della piazza recente. E non di meno direi, per la strada a rettifilo che porta verso l'antico Pojan e Gaggio, laddove presso la suddetta via, emerse la citata struttura di base. Di tutto questo ne parleremo in una puntata a parte, durante la quale emergerà il "casus belli" sopra cui verrà eretta la chiesa e piazza dedicata a S. Michele Arcangelo di Quarto d'Altino.
Zona antica su cui gravitava Roma, Bisanzio e i Longobardi.
Sarebbe del tutto inutile diffondere la notizia per la quale la ditta che operò nella zona avesse visualizzato la fondamenta e poi ricoperta senza accertarsi del caso. Nulla di ciò si conosce. Ma se la ditta l'avesse vista come io stesso l'ho veduta e fotografata, si sarebbe ripetuto ciò che si è già verificato durante alcuni scavi a S. Michele Vecchio. Zona antica su cui gravitava Roma, Bisanzio e i barbari, area nella quale emersero e talvolta andati distrutti alcuni basamenti.
Sulla fondamenta citata presso la piazza, ci ritorneremo.
(P.S.) La prolissità del testo sconsiglia enumerare o inventariare, tutte le opere esistenti in chiesa, alcune delle quali provenienti dalla dismessa e abbattuta chiesa di S. Michele Vecchio. Ci sarà a proposito un capitolo a parte.
Ricordiamo ancora una volta, che all'epoca delle realizzazioni e dei restauri in chiesa, non esisteva la generosa offerta dello Stato relativo all'otto per mille.
Fine capitolo quarto.
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